Pace russa

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Redazione

Pace russa

martedì 12 Agosto 2008 - 22:33

Quale ruolo per l'Europa sul fronte caucasico?

Certamente la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica europea non avrebbe mai immaginato che le famose “rivoluzioni colorate-, appositamente organizzate per imporre leader di comodo alla guida dei Paesi usciti dall’orbita dell’ex Unione Sovietica dopo il crollo del Muro, potessero provocare così tanti danni nel mondo. Dopo i “tulipani- insanguinati del Kirghizistan e l’ -arancio–tangente in Ucraina (solo per limitarci ai più recenti “arcobaleni-), ecco le “rose- della Georgia che si scoprono appassite e maleodoranti. Più che di rivoluzioni colorate si dovrebbe allora parlare di golpe malriusciti, o meglio riusciti per quelli che sono gli interessi di chi dall’esterno li ha fortemente voluti e meticolosamente preparati, ma non certo per l’interesse di quelle popolazioni da poco liberatesi dal giogo del comunismo sovietico. Eppure un indicatore chiaro dei guai che quei colpi di Stato avrebbero portato, lo si poteva (e doveva) scorgere facilmente, semplicemente osservandone le caratteristiche. “Rivoluzioni- pianificate all’estero e finanziate da gruppi stranieri, scatenate con l’obiettivo di ribaltare il voto elettorale “sfavorevole-, non potevano certo far sperare in qualcosa di diverso da quello che poi è stato. Ma se la “rivoluzione arancione- in Ucraina, che è stata spazzata via da un gigantesco fiume di tangenti intascate allegramente dai suoi protagonisti, ha provocato solo crisi economiche, quello che oggi invece accade nel Caucaso per l’avventata e sragionevole azione di Saakashvili, presidente della Georgia (che per la cronaca non si è ancora dimesso e continua ad ordinare bombardamenti a tappeto sui civili, come ritorsione all’avanzata russa), assume prospettive inquietanti. Arrivato al potere nel 2003 cancellando un’elezione non gradita tramite la “rivoluzione delle rose-, e riconfermato nel 2005 in consultazioni tutt’altro che regolari (ma si sa che le rivoluzioni colorate si hanno solo in una direzione), Saakashvili, anziché preoccuparsi della corruzione dilagante nel suo governo, ha pensato bene di impegnare il 70% delle risorse a sua disposizione per il finanziamento di spese militari, inviando inoltre un buon numero di soldati georgiani in Iraq agli ordini di Bush. Tutto questo dopo aver istituzionalizzato lo stato di emergenza e usato la forza contro i suoi oppositori politici, reprimendo nel sangue ogni manifestazione di protesta.

Già questa politica militarista avrebbe dovuto mettere in allarme il mondo, ma così non è stato. Si è lasciato fare ed ora ne potremmo pagare pesantemente le conseguenze. Ma c’è già chi sta pagando per i nostri errori. Sono infatti migliaia le persone innocenti massacrate nell’Ossezia del Sud per ordine del presidente georgiano. La città di Tskhinvali non esiste più, è stata rasa al suolo. La Croce Rossa ha riferito di decine di migliaia di sfollati. Ma il colpo di testa di Saakashvili sta costando caro anche ai georgiani che ora subiscono l’ovvia reazione della Russia, che dovrà impegnarsi molto per ristabilire la pace sul territorio.

Ma v’è di più. Nell’annunciare alla tivvù l’inizio dei massacri nell’Ossetia Meridionale, il presidente georgiano ha infatti avuto cura di farsi inquadrare con alle sue spalle la bandiera dell’Unione Europea! La folle azione militare della Georgia assume così un tono di sfida nei confronti dell’intera Europa unita che, a differenza di Saakashvili, riconosce il fondamentale diritto all’autodeterminazione dei popoli e condanna chi perpetra il genocidio. Difficilmente la Georgia potrà dunque entrare nell’Unione Europea commettendo crimini contro l’umanità, spalleggiata dagli Usa.

Ciò non toglie che l’inizio delle ostilità non va sicuramente addebitato ad una decisione isolata del presidente georgiano, il quale non si è certo alzato una mattina pensando di sconfiggere la Russia e conquistare l’Ossezia, sperando in un intervento degli americani che spaventasse Putin. Resta quindi da capire se i registi di questo possibile casus belli abbiano avuto fin dall’inizio solo l’intenzione di testare la forza di Mosca, oppure se i loro piani iniziali erano altri ma non si aspettavano una così pronta ed efficace reazione da parte del Cremlino (un po’ come quello che è successo nell’ultima guerra in Libano, quando l’esercito israeliano è stato inaspettatamente e nettamente sconfitto e subito dopo è stata fatta richiesta all’Onu affinché mandasse una forza di pace). Comunque stiano le cose, l’Europa è chiamata a fare la sua parte, per evitare una guerra che potrebbe assumere proporzioni immani e per giocare un ruolo da protagonista sullo scacchiere internazionale.

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