Più che un voto una resa dei conti: la prima volta in Europa di Pdl e Pd, fari puntati sul 4 per cento dell’Mpa

Più che un voto una resa dei conti: la prima volta in Europa di Pdl e Pd, fari puntati sul 4 per cento dell’Mpa

Più che un voto una resa dei conti: la prima volta in Europa di Pdl e Pd, fari puntati sul 4 per cento dell’Mpa

sabato 06 Giugno 2009 - 08:20

Come andò nel 2004: il centrosinistra si compattò attorno all’Ulivo, per Berlusconi fu un mezzo flop. Gli argomenti “forti” di oggi: la crisi regionale imposta da Lombardo, lo scandalo nazionale del caso Noemi. Ma il Pd arranca, il premier punta al 45 per cento. Rischio scarsa affluenza

E’ sonnecchiosa, svogliata, anche un po’ stanca l’Italia che arriva alle urne per queste elezioni europee. Sarà che il voto per l’assemblea di Strasburgo viene percepito come “cosa lontana”, sarà che la politica è sempre meno amata dagli italiani, fatto sta che si prevede una scarsa affluenza per la due giorni elettorale di oggi e domani. Il che potrebbe giocare a favore dei cosiddetti “partiti minori”. Il punto è che si è parlato poco (o nulla) dell’Europa, della crisi, dei programmi e di cosa significhi essere parlamentare europeo, perché la scena è stata rubata da ben altri fatti, legati comunque al voto.

Sul campo nazionale la vicenda Noemi e lo scandalo nazionale legato alla vita privata del premier Silvio Berlusconi l’ha fatta da padrona, con la crociata di Repubblica che va avanti, il centrosinistra che non può non approfittarne e la stampa nazionale che, non credendo ai propri occhi per l’occasione offerta su un piatto d’argento, ha tirato fuori gli artigli per attaccare il mai troppo amato presidente del Consiglio italiano. Le dieci domande di Repubblica rimangono senza risposta, mentre nani e ballerine salgono e scendono dagli aerei di Stato. Ma a rimanere senza risposta è anche quella parte d’Italia che, magari, in vista delle Europee voleva sentire qualcosa che riguardasse la politica vera.

Di politica si è parlato, e tanto, in Sicilia, ma non certo in senso “programmatico”. La strada che porta al voto è stata sconvolta da quello che è stato definito il “golpe” di Raffaele Lombardo, che poco più di dieci giorni fa ha azzerato la sua giunta regionale togliendo il giocattolo all’Udc, diretto rivale nella caccia al voto in Sicilia, e a quella parte del Pdl che non è Gianfranco Miccichè e che non ha mai avuto piena sintonia col presidente della Regione. Una crisi vera e propria, una mossa elettorale secondo i “trombati”, un atto di coraggio secondo “l’esercito autonomista”. E’ indubbio che il finale di questa storia si conoscerà solo lunedì, quando cioè si saprà se l’Mpa (che condivide la propria lista con la Destra, Pensionati e Alleanza di Centro) avrà raggiunto l’agognato 4 per cento e dunque un posto a Strasburgo.

L’obiettivo minimo è anche quello che si sono posti Rifondazione e Sinistra e Libertà, una strada tutta in salita. Meno arduo il compito per l’Udc di Pier Ferdinando Casini, che forse perderà qualcosa in Sicilia in favore dell’Mpa, ma su scala nazionale sfrutterà la spasmodica voglia di centro dell’italica gente e l’abile strategia d’opposizione adottata dal suo leader.

E poi ci sono Pdl e Pd. Per loro è la “prima volta” in Europa. Entrambi sono diventati da poco partiti, qualche mese per quella di centrodestra, un anno e mezzo per la compagine di centrosinistra. Ma tanto è cambiato rispetto alle esperienze che più somigliano allo status quo di oggi, ovvero la Cdl e l’Ulivo. Basti guardare come andò cinque anni fa. Nel 2004 l’Ulivo viaggiava sulle ali dell’entusiasmo portato dal rientro sulle scene di Romano Prodi: successo alle amministrative, successone alle Europee, dove raggiunse il 31 per cento ottenendo ben 24 seggi. Solo uno in meno di quelli che conquistarono insieme Forza Italia (16) e Alleanza Nazionale (9). Fu considerato un mezzo flop per Berlusconi, qualcuno addirittura si sbilanciò e parlò di fine della seconda repubblica e di caduta vicina del premier.

Oggi, veline e “ciarpame politico” a parte, la situazione è ben diversa. Il vantaggio dell’Ulivo di cinque anni fa, ovvero l’organizzazione del partito e la ramificazione nel territorio, si è ribaltato in uno svantaggio del Pd rispetto al Pdl, che alla capacità attrattiva di un premier comunque in difficoltà unisce la strutturazione partitica di An. Il Pd, affogato nel mare dei suoi circoli e uscito con le ossa rotte dalla competizioni elettorali del 2008 e dalla gestione Veltroni, tenterà di limitare i danni, per evitare di morire ancora nella culla. Il Pdl ha un obiettivo preciso, il 45 per cento, con un occhio attento, più che al partito d’opposizione, alle performance di Udc e Lega Nord. Ecco perché, in conclusione, il voto europeo di oggi e domani si trasformerà in un grande regolamento di conti, in Sicilia tra Mpa e Pdl (e all’interno di quest’ultimo tra le varie correnti), con l’Udc sullo sfondo, in Italia fra la figura predominante e ingombrante di Berlusconi e il resto di un panorama politico italiano che poco affascina e molto confonde.

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