Come mandare a casa una classe dirigente compatta saldamente unita dalla mancanza di valori e dall'inefficienza?
Tutti gli studiosi concordano sull’esistenza di un’anomalia italiana, intendendo con questa espressione la diversità nel modo di gestire la cosa pubblica rilevabile tra la quasi totalità dei Paesi a democrazia liberale e il Bel Paese.
Pur se la conclusione è unanime, le cause individuate per spiegare la malattia sono le più varie.
C’è chi attribuisce tutte le colpe a Berlusconi e al berlusconismo, nella convinzione che, eliminato il Tiranno di Arcore, l’Italia diverrà in breve tempo un Paese normale.
Altri affermano, con analoga sicumera, che è il sistema di parlamentare, con i suoi lacci e lacciuoli, a impedire di dare tempi e modi europei alla soluzione dei problemi del Bel Paese.
Confonde ulteriormente le acque l’inadeguatezza della struttura amministrativa locale, frazionata tra comuni della dimensione più diversa, aree metropolitane prive di una chiara definizione, province di dubbia utilità e regioni con velleità di diventare stati autonomi o, addirittura nazioni indipendenti.
Per non parlare della lentezza della Giustizia e dell’incertezza del Diritto, della frattura Nord-Sud in allargamento, delle regioni in mano alla malavita organizzata, della corruzione e inefficienza della Pubblica amministrazione e chi più ne ha più ne metta.
Una spiegazione -dotta- individua la causa prima dello stallo del Paese al fatto che – a differenza di quanto accaduto nel Nordeuropa – la Riforma protestante (e soprattutto calvinista) non ha avuto peso apprezzabile nell’evoluzione della cultura politica italiana, impedendo l’affermarsi di un’etica della responsabilità a dispetto della cattolicissima etica delle intenzioni. Che ostacola di fatto la meritocrazia e si oppone, nel nome di un unico Giudice Supremo, alla punizione (politica) di chi non ha saputo raggiungere gli obiettivi indicati.
Qualunque sia la spiegazione più convincente, torniamo al quesito di partenza, ponendolo in altra forma: consideriamo coloro che abbiamo delegato a dirigere il Paese – dal livello nazionale all’ultimo Ente locale – in grado di eliminare, una volta per tutte, l’anomalia italiana?
Basta esaminare le ricette che le diverse forze politiche propongono per rispondere No.
La maggioranza ortodossa chiede mano libera per percorrere fino in fondo la strada del federalismo. Facendosi forte del risultato elettorale conseguito un paio d’anni fa, cerca di convincere gli Italiani a guardare con tollerante comprensione i troppi berluschini contagiati dal virus che spinge a condizionare appalti e incarichi. Rubacchiando qua e là, ma solo un pochino.
La minoranza della maggioranza, illuminata sulla via di Damasco dal faro della legalità, flirta con l’opposizione per restare in sella nel caso che l’Uomo della Provvidenza scivoli su una delle tante bucce di banana disseminate da avversari e finti alleati.
L’opposizione si divide tra un radicalismo intransigente che affida alla Magistratura il compito di fare pulizia – ovviamente, soprattutto in campo avversario – e un centro che invoca il ritorno al voto di preferenza quasi fosse la panacea di ogni male. Un si stava meglio quando si stava peggio privo di anima.
Così, il cittadino è ostaggio inerme di queste contrapposte volgari proposte politiche che mirano solo a trarre vantaggi elettorali, senza minimamente intaccare l’anomalia italiana.
In mancanza di credibili riferimenti, l’unica arma efficace sarebbe un massiccio ricorso al non-voto, segnale forte del disgusto generalizzato, ma la strada è difficilmente percorribile in un Paese dove appartenenza e clientelismo – e non l’interesse generale – rappresentano il principale parametro di scelta politica.
Una cosa è certa: il numero di chi campa di politica è troppo elevato per sperare che sia sfoltito dall’interno del sistema. E la quantità è sempre stata nemica della qualità. Basterebbe un 10% degli attuali parlamentari, amministratori locali, presidenti e consiglieri di enti controllati dalla politica, portaborse, parassiti e nullafacenti mantenuti dal sistema per fare funzionare la macchina pubblica. E la qualità ne trarrebbe vantaggio. Ma il sistema si autoalimenta e condiziona i leader, per cui è quasi impossibile smontarlo.
Certe volte, presi dallo sconforto, vorremmo tornare ai tempi narrati dalla Bibbia. Quando Dio disse che avrebbe risparmiato Sodoma e Gomorra (i Palazzi della politica?) se Abramo fosse stato in grado di trovarvi 50 uomini giusti. Dopo una abile contrattazione, il grande patriarca riuscì a convincere Dio ad accontentarsi di 10 ma, pur con tutto l’impegno, ne trovò solo uno, così le città furono distrutte.
Dio però non aveva bisogno di cercarsi voti.
