I consiglieri comunali dell’Mpa Tamà, Restuccia e Previti scrivono alle Autorità: nel mirino un cartello autostradale sulla Reggio/Salerno simbolo di «pregiudizi culturali e dell’apartheid a cui ci vogliono relegare»
Serie B, serie C, serie Z. In questi giorni tristi per la nostra città abbiamo dovuto scontrarci anche con quella che, se non vogliamo chiamare indifferenza, possiamo tranquillamente definire “carenza di solidarietà” dal resto del Paese, soprattutto se raffrontata ad altre tragedie che hanno colpito il suolo italico. No problem, noi siamo abituati a rimboccarci le maniche e pazienza. Ma certi “schiaffi”, anche simbolici, al Sud e all’Unità nazionale vanno eliminati. Ne è un esempio il cartello autostradale sulla Reggio/Salerno sul quale campeggia la scritta “Benvenuti in Italia”. E più giù cosa c’è? A segnalare queste piccola grande vergogna tricolore sono i tre consiglieri comunali dell’Mpa Sebastiano Tamà, Nino Restuccia e Pippo Previti, che del consiglio comunale è pure presidente. «Il quattro novembre – scrivono in un’accorata nota – è stata celebrata la festa dell’Unità d’Italia. Una unità geografica certamente raggiunta, ma con differenze socio-economiche che anziché attenuarsi e/o scomparire del tutto, si sono, invece, via via nei decenni sempre più ampliatesi, a danno delle regioni meridionali. Alcune vicende di questi ultimi anni, compresa la tragica alluvione che ha colpito la nostra città, mostrano come il problema non sia solo economico, ma anche di “cuore” e di “testa”. Per dirla con una sola parola è un problema di cultura, o meglio, di pregiudizi culturali, che ci vedono soccombenti di fronte a chi detiene il potere dei mass-media e non solo».
I tre vengono al caso specifico: «L’esempio, se volete anche banale, del cartello autostradale che troneggia, a un chilometro dall’inizio dell’autostrada Reggio/Salerno, con la scritta “Benvenuti in Italia”, è l’archetipo di questo ragionamento. Un messaggio palese, forte e chiaro. Ma è anche, nello stesso tempo, un messaggio subliminale che racchiude centocinquant’anni di storia che sa da un lato ci fa indignare fortemente (soprattutto noi meridionali) dall’altro indica “l’apartheid” a cui ci vogliono relegare (riuscendoci il più delle volte)».
«Nel 2011 – concludono Tamà, Restuccia e Previti – si celebreranno, certamente in pompa magna, i 150 anni dell’Unità d’Italia. Non crediamo che bisogna aspettare ancora tanto tempo perché chi ha competenze (il dott. Ciucci, il ministro dei Trasporti o chiunque esso sia) faccia abbattere quella vergogna “nordista”. Il presidente della Repubblica, garante della costituzione e dell’Unità nazionale, ci aiuti ad abbattere i muri culturali (e i cartelli autostradali di diretta emanazione)».
