La storia di Portella Arena: dieci anni di sprechi e occasioni perdute

La storia di Portella Arena: dieci anni di sprechi e occasioni perdute

Redazione

La storia di Portella Arena: dieci anni di sprechi e occasioni perdute

venerdì 11 Luglio 2008 - 08:19

Parla Enza Sofo, vicesindaco di Providenti fino al '98, e racconta del project financing che avrebbe potuto tramutare la discarica in una risorsa. Fino alla revoca targata Ragno-Leonardi.

«Il problema non è aprire o non aprire la discarica, perché c’è già. Dal 1972. Solo che nessuno se ne occupa dal 1998». A parlare è Enza Sofo, vicesindaco dell’amministrazione Providenti dal 1994 al 1998. Portella Arena, infatti, è una ferita aperta non solo nel cuore della città, una bomba ecologica e idrogeologica pronta a esplodere in qualsiasi momento, ma anche di chi su quel sito ci aveva scommesso non ieri, ma più di dieci anni fa, quando cioè si sarebbero potuti evitare miliardi e miliardi (poi diventati milioni e milioni di euro) di sprechi e di vergogne. In questi giorni il sindaco Buzzanca è tornato a parlare di Portella Arena, anche se oggi ha fatto un piccolo passo indietro, chiarendo sulla Gazzetta che «la riapertura del sito di smaltimento di Portella Arena l’ho prospettata solo come ipotesi ultima e lontana, prescindendo dalla percorribilità che so essere difficile. Ribadisco invece, e con forza, i passaggi che devono essere propedeutici a qualunque sbocco: richiesta di dissequestro dell’area e bonifica del sito secondo le indicazioni date dall’Agenzia regionale per i rifiuti».

Ma è bene ripercorrerla tutta, la storia di Portella Arena. Enza Sofo ricorda che la discarica «esiste dal 1972, quando fu creata per decreto prefettizio. In realtà la definivo solo una grande buca che andava riempiendosi, perché le vere discariche vengono costruite seguendo una certa metodologia e tecniche precise allora assenti». Quella era una discarica frutto dell’emergenza, che spesso diventa l’unica miccia capace di accendere le istituzioni messinesi.

Il problema rifiuti, all’epoca dell’amministrazione Providenti, era di portata vastissima, «quasi ai livelli odierni di Napoli», ricorda la Sofo, tanto da richiedere l’invio di un commissario regionale per i rifiuti, che cercò invano per qualche anno di trovare un altro sito dove smaltire. «Era chiaro, però, che se si voleva creare una discarica nuova, bisognava comunque bonificare quella vecchia». Nel 1997 il commissario lasciò Messina senza, di fatto, concludere nulla, ed in quel periodo si profilò quella possibile svolta che avrebbe potuto risolvere gran parte dei problemi. «Arrivò al Comune – spiega la Sofo – una richiesta di project financing, una parola che allora venne accolta come il diavolo con le corna mentre adesso è sulla bocca di tutti». In sintesi, il project financing veniva in “soccorso- del Comune, che solo con le proprie forze economiche non sarebbe mai riuscito a risanare Portella Arena.

L’associazione di imprese del nord che bussò alle porte dell’allora sindaco Providenti profilò quattro interventi: la messa in sicurezza dell’area, la messa a norma della stessa, secondo le indicazioni del decreto Ronchi (e dunque impermeabilizzazione, captazione dei biogas, canaloni per il percolato, ecc.), la costruzione di un impianto di differenziazione dei rifiuti e soprattutto la cosiddetta “coltivazione post-mortem-. «Quest’ultima operazione – ricorda la Sofo – prevedeva che dopo un tot di anni, quelli necessari per la saturazione della discarica, l’area sarebbe stata completamente coltivata a verde, creando una sorta di parco. In cambio di questa spesa, che in totale si aggirava intorno ai 42 miliardi delle vecchie lire, l’associazione di imprese che propose il project financing chiedeva la concessione della discarica. Ma c’è di più, – prosegue la Sofo – la saturazione della discarica, per Messina e i quattro piccoli comuni previsti, era calcolabile in circa otto anni, ma era possibile accogliere anche le emergenze della provincia, così gli anni previsti erano più o meno dieci. Ora, mentre le aziende associate avrebbero conseguito il profitto previsto dal conferimento in discarica, il Comune avrebbe pagato una certa cifra X, ma il Comune della provincia in emergenza che avesse voluto conferire a Portella Arena avrebbe pagato X più uno, e quel “più uno- sarebbe finito tutto nelle casse di Palazzo Zanca».

Il project financing venne pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e sui quotidiani locali, per aprirsi all’eventuale interessamento di altri privati. In due si presentarono, ma senza un seguito. A quel punto il Comune doveva prendere una decisione sull’unico interlocutore rimasto, quello originario. «I tecnici del Comune (Nino Miloro, attuale direttore tecnico di Messinambiente, e Giovanni Raffa, direttore generale della Provincia con Leonardi) ci lavorarono su tra i cinque e i sei mesi, dunque diedero l’okay e nel marzo ’98 preparammo la delibera. Mi piace ricordare – continua la Sofo – che avevo inserito la richiesta specifica che a fare la differenziazione fossero, previa formazione, ventitrè operai disabili destinati al reinserimento». Fu prevista anche la costruzione di una bretella tra la zona di Pace, dove c’è l’inceneritore, e Portella, per evitare che i camion passassero dalle case dell’Annunziata.

A giugno, Providenti perse le elezioni e sindaco divenne Salvatore Leonardi. A quel punto bisognava solo dare seguito a quanto iniziato, con l’associazione di imprese che era già al lavoro per le operazioni preliminari. Ma a ottobre ecco la delibera di revoca , proposta dall’allora assessore all’Ambiente Luigi Ragno, che bloccò tutto. «Nel frattempo – ricorda con amarezza la Sofo – un avviso di garanzia ci raggiunse per abuso d’ufficio e turbativa d’asta. Passammo più di due anni di vera e propria passione, ricordo che in una trasmissione televisiva l’attuale deputato Formica ci accusò di voler fare “l’affare-». In realtà fu una bolla di sapone, perché nel 2001 il Gip archiviò la pratica perché, questa la motivazione, «non si vede come si sia potuta verificare la turbativa l’asta quando nel procedimento l’asta non c’è».

Ma ormai a Portella Arena non si lavorava più dall’autunno del ’98. Il 27 settembre di quell’anno ci fu l’alluvione che si trasformò in tragedia, portandosi via con un fiume in piena di pietre e fango tre vite umane. La magistratura sequestrò l’area, dopo che il prefetto aveva disposto una prima messa in sicurezza (chiaramente provvisoria) e da allora iniziò il lungo peregrinare del Comune di Messina in giro per la Sicilia per conferire i rifiuti. «Per un periodo – afferma la Sofo – si è scaricato persino a Palermo e a Catania, con costi esorbitanti. Allora mi chiedo: quanto danno è stato creato a questa città e ai suoi conti?». Un Comune sull’orlo del dissesto finanziario appare la risposta più chiara a questa domanda.

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