“Quando le porte delle case resteranno aperte”  - Se il Teatro siamo tutti noi…

“Quando le porte delle case resteranno aperte”  – Se il Teatro siamo tutti noi…

Tosi Siragusa

“Quando le porte delle case resteranno aperte”  – Se il Teatro siamo tutti noi…

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sabato 12 Novembre 2022 - 10:00

Il magistrale testo e la valente mise- en-scène, con direzione, di questa provocatoria pièce, si attestano a Simone Corso e alla riuscita drammaturgia di Jovana Malinaric

La recensione

Quando le porte delle case resteranno di nuovo aperte” di Simone Corso (Teatro “Annibale Maria di Francia”, rassegna “NutrimentiinPeriferia”)

Antonio Cosimo Stano, realmente esistito e tragicamente scomparso,ha trovato la morte in ospedale a Taranto dopo aver passato quatto lunghe giornate rinchiuso a casa senza rifocillarsi. Nel paese natio, Manduria, ove risiedeva, era noto come “il pazzo”, oggetto di pesante scherno, trasmutatosi poco a poco in rituali di tortura da parte di una congrega di studenti fannulloni che lo tormentavano, filmando e condividendo su whatsapp le loro bravate, per sfuggire alle quali il dileggiato si era barricato in casa, lasciandosi morire.

La performance , senza salire in cattedra, non sospende certo il giudizio e costituisce denuncia più generale avverso un sistema composto da “brave persone”, formalmente entro i canoni, savi e giudicati tali dalla ipocrita comunità, pronta invece a collocare Antonio negli steccati dei diversi e isolarlo. La smania della ricerca del piacere, fittiziamente condiviso, attraverso una comunicazione non significante – che fa del consumo smodato, in ogni sua sfumatura, e della corsa al benessere materiale, vessilli da esibire – amplifica tali dinamiche, rendendole esplosive. La pubblicità pervicace e martellante, ancora, puntando su brevitas e estrema semplificazione, non solo crea falsi bisogni, ma contribuisce a rendere la nostra lingua, nel parlato e nello scritto, assai povera, e formalmente e quanto ai contenuti, svuotando il senso della comunicazione.

E così, molti si sono marginalizzati entro il proprio ego, rinchiusi all’interno di se stessi e delle proprie case a proteggersi dietro gli schemi dei media fattisi sempre più presenti nel quotidiano e invasivi.

Oltre la cronaca l’indagine sulla contemporaneità e il mondo giovanile

Il progetto, una produzione “Nutrimenti Terrestri”, è stato vincitore del premio “Città laboratorio” under 35 Orestiadi di Gibellina. Non si è inteso tracciare la cronaca dello squallido accadimento, provando a mettere invece il focus sulle dinamiche contemporanee che ne costituiscono base connotante: il dilagante consumismo e una certa sottocultura generata dai mass media, in primo tempo, e poi dall’uso indiscriminato dei social, massiccio e improprio, con l’impellenza di sentirsi sempre connessi, mentre in realtà si è disconnessi soprattutto dalla nostra interiorità, dalle emozioni, con appiattimento, e omologazione per sentirsi “parte di…”.

In particolare il mondo giovanile è inserito appieno in questo infernale meccanismo, i cosiddetti nativi digitali ne hanno assorbito l’essenza… Sono pochi quelli che, per essere inseriti in un sistema, familiare soprattutto, ma anche amicale, sano, riescono a tenersene fuori. Il rischio è la standardizzazione di massa e l’impoverimento dei linguaggi, in primis, ma in stretta connessione la barbarie sociale, generata dalla sterilità dei modelli di riferimento e dall’impossibilità di identificazione.

Da qui agli episodi di torture psicologiche e/o fisiche a chi per una qualsivoglia ragione è fuori dagli schemi assodati il passo è davvero breve, e chiunque potrebbe farsi Caino dei propri simili.

La storia

La pièce mette il dito nella piaga, con forza lo rigira fino a far venire fuori le purulenze…. anche da qui passa il tentativo di guarigione. Antonio Cosimo Stano che muore nel 2019, costituisce il fatto umano attorno cui costruire la rappresentazione, che prova a raccontare le cause di tale esemplare accadimento, generato anche dalla guerra mediatica in corso.

Il filo della normalità può essere spezzato in qualunque istante, pur se tentiamo di cucirci addosso una identità aderente come una maglia. Il cosiddetto “pazzo” non ha tema di guardare dentro il disordine che regna nella sua testa, scardina l’ordine e allarga lo spettro del reale, per tali ragioni è perseguitato.

La pazzia di Antonio, come la Sua poesia, si compensano per la lingua fluida, che restituisce le voci senza distorsioni o interferenze. Forse la salvezza sarebbe consegnare al diverso una narrazione di sé difforme dalla sua cartella clinica, e al mondo “di fuori” il vento salvifico che quelle parole soffiano, scompigliando il nostro immobilismo asfissiante.

Abbiamo smesso di ascoltare, di ascoltarci…forse a pancia in giù per terra, in aderenza alla terra, potremmo sentire quel che arriva da dentro, ma anche “da fuori” di noi, osservare e osservarci e ascoltare le voci di chi le voci le sente davvero. Ritrovarci, sentirci parte del mondo, acquisendo soprattutto fiducia in noi stessi.

Una tessitura a frammenti, con le voci del diseguale che si fanno sottofondo….e ciò potrebbe dare ausilio per ricomporre la frattura fra noi e il mondo. Invidia, gelosia sociale, degrado civico e incanagliamento della società occidentale (nichilismo), che giudica la virtù di vivere nascosto (il principio epicureo del “lathe biosas”) come antiegualitario e non politicamente corretto.

Simone Corso certezza del panorama teatrale contemporaneo

Quando la congiura del silenzio, la mistificazione, la malafede, il ricatto e l’intimidazione non sono più sufficienti, non resta che trasformare il ribelle in icona, e questo la società ha sempre fatto. “Le dannate tavolette”, e più in generale la tecnologia, o meglio il suo abuso, incidono alquanto e inducono a riduzione della capacità spazio-temporale secondo lo psichiatra tedesco Manfred Spitzer. Roberto Casati, d’altronde, si è espresso in modo sostenuto contro il colonialismo digitale, elargendo istruzioni per continuare a leggere, poiché gli esseri umani, a suo avviso, continuano ad essere mossi dagli stessi interessi di sempre, ad esserci, ma è necessario combattere quella letale logica di sostituzione che ai nostri tempi sembra prevalere.

La scelta registica finale, di far interagire il pubblico, già di per sé assai coinvolto, con gli attori di scena, i brillanti Simone Cammarata, Carmelo Crisafulli e Paola Francesca Frasca – già segnalatisi per le impeccabili interpretazioni – è di certo stata premiante, al di là del valore indubbio della lodevole rappresentazione.

Simone Corso, da promessa del panorama teatrale contemporaneo, è divenuto salda certezza, e questa mise en espace, tenutasi presso il messinese Teatro Annibale di Francia, nel solco dela ben valida rassegna “Nutrimenti in periferia” curata da “Nutrimenti Terrestri”, ne costituisce conferma valoriale, registrando il mutamento culturale che, oramai da un secolo, ha investito ogni strato sociale, accentuandone pericolosamente le differenze e la distanza.

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