Quando un cardinale incontra il diavolo

Quando un cardinale incontra il diavolo

Giacomo Maria Arrigo

Quando un cardinale incontra il diavolo

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martedì 13 Agosto 2019 - 07:40

«Lo scandalo dei papiri di Baḥīra renderebbe vana la Bibbia». Intorno a questa preoccupazione Pietrangelo Buttafuoco costruisce un vero e proprio thriller teologico.

Un romanzo che è più di un romanzo. Un romanzo che contiene un tesoro. “L’ultima del diavolo” di Pietrangelo Buttafuoco, pubblicato nel 2008, è un viaggio affascinante e travolgente nel mondo del sacro (e del profano). Un labirinto di riferimenti colti e citazioni alte in una cornice siculo-napoletana. Un lavoro irriverente e suggestivo definito giustamente un thriller teologico.

Il protagonista, Sua Eminenza Reverendissima il cardinale Taddeo Reda di Giuliano, riceve un giorno la visita di Satana in persona nelle fattezze dell’elegante Nick Mac Pharpharel. Motivo di tale incontro è un patto (che sarà suggellato dal sangue) che il diavolo propone al napoletanissimo cardinale: distruggere i papiri del monaco cristiano Baḥīrā, colui che riconobbe nel giovane Maometto il segno della profezia.

In questi papiri sarebbe quindi contenuto il segreto da troppo tempo dimenticato, ovverosia la filiazione spirituale dell’Islam dal Cristianesimo. «Lo scandalo dei papiri di Baḥīra renderebbe vana la Bibbia», commenta il cardinale Taddeo. E invaliderebbe l’azione salvifica della Chiesa. Per questo motivo il cardinale decide di accettare l’offerta del diavolo.

Se quei papiri venissero alla luce, il Nuovo Testamento dovrebbe essere letto alla luce del Corano. Cambierebbe radicalmente di significato e prospettiva, specialmente nel passaggio dove Gesù profetizza l’arrivo del Paracleto, lo Spirito Santo. Buttafuoco fa dire a un suo personaggio: «Paràcletos viene in genere tradotto con “colui che consola”. Molti sapienti tuttavia ritengono che in questo punto del testo ci sia una corruzione. “Perìclitos” e non “Paràcletos” sarebbe la versione corretta: “Perìclitos”, ovvero “molto lodato”, cioè un significato del tutto simile a quello di “Muhammad”», ovvero Maometto in arabo.

Gesù avrebbe profetato l’avvento di Maometto, il Profeta dell’Islam. E così avrebbero fatto tutte le religioni precedenti, compreso l’Induismo, il rappresentante per eccellenza della cosiddetta “tradizione primordiale”, il deposito delle conoscenze metafisiche e immutabili. Tutto culminerebbe nell’Islam. Ed è proprio questo che il diavolo vuole evitare, che l’umanità si riunisca sotto un’unica religione – non a caso “diavolo” significa colui che divide (dal greco “diábolos”, “dividere”),

Se i papiri fossero trovati e resi pubblici, tutto acquisirebbe un sapore diverso. La mezzaluna che l’iconografia cristiana pone ai piedi della Madonna starebbe a simboleggiare l’iconica mezzaluna islamica («È come il primo gradino della Scala Santa, è la rampa che porta alla gloria», scrive Buttafuoco). E San Pietro diverrebbe precursore del Mahdi, il salvatore islamico («Secondo la tradizione islamica sciita, infatti, dal compagno di Gesù sepolto a Roma discenderebbe la moglie dell’undicesimo imam Hasan al-‘Askari, e cioè la madre del dodicesimo imam, il Mahdi occulto»).

“L’ultima del diavolo” è un romanzo intelligente e insidioso, tanto più che la storia del monaco Baḥīrā è vera, la sua sorpresa nel vedere Maometto è tramandata nella comunità musulmano da secoli e secoli. Attraverso Baḥīrā avverrebbe l’iniziazione cristiana all’Islam. «Le parole di Cristo e le parole del vostro Maometto sono due raggi della stessa luce», pronuncia un personaggio del romanzo. E Satana non potrebbe rischiare di vedere il suo regno sgretolarsi in una umanità finalmente riconciliata.

Al termine del romanzo, Pietrangelo Buttafuoco individua il male che piaga l’umanità contemporanea «visti i tempi dell’era volgare altrimenti detta modernità», scrive. Si tratta della malattia dell’anima che il diavolo vuole alimentare e che vuole propiziare proprio con il patto proposto al cardinale. «È la nihilitas», rivela Buttafuoco, e cioè il nulla, il nichilismo. E continua: «È la nihilitas che pascola nei nostri cuori, è lei la bestia che bruca ogni piccolo filo della nostra speranza, denudandoci quale rocca sterile senza erba e senza vita. Il peccato ci ha financo tenuto prossimi alla salvezza, la nihilitas invece, con i suoi segni di sottilissima malevolenza, abroga il destino nostro di sudditi in cerca del Regno. “Io sono la porta. Chi entrerà per me sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascoli”. Ora che anche il sale di ogni sciagurata baldoria è diventato scipito, dove troveremo il sapore che darà forza alla notte così insipiente? Solo nella religione c’è il re-ligare, la Chiesa che raduna le genti nell’unicità della preghiera. Essa sta all’uomo come la forma alla materia».

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