Alluvione. La Regione sblocca una parte dei fondi, il governo nazionale stanzia altre risorse

Alluvione. La Regione sblocca una parte dei fondi, il governo nazionale stanzia altre risorse

Alluvione. La Regione sblocca una parte dei fondi, il governo nazionale stanzia altre risorse

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domenica 20 Novembre 2011 - 09:52

In arrivo dalle casse di Palermo 44 dei 160 milioni di euro previsti dall’ordinanza del governo, che in uno degli ultimi provvedimenti “targati” Berlusconi ha stanziato altri 10 mln di risorse. Il coordinatore provinciale di Fli Pergolizzi interviene sulle indagini della Procura: «La magistratura farà il suo corso ma quanto avvenuto non dovrà più ripetersi»

Quando c’è la volontà, qualsiasi vincolo può essere superato. E’ questo ciò che viene da pensare di fronte alla notizia dello sblocco di una parte dei fondi (44 milioni sui 160 stanziati) che il governo nazionale ha stanziato per la messa in sicurezza dei territori del messinese. La Regione, pur se con ritardo, ha infatti chiesto una deroga al patto di stabilità 2011, per riavviare il finanziamento di nuovi progetti sul territorio del capoluogo peloritano e della provincia. A tali somme si aggiungono poi altri 10 milioni di euro che l’ormai ex-presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha stanziato nell’ordinanza con la quale sono state previste nuove risorse per Liguria e Piemonte. Una notizia che infonde un po’ di coraggio soprattutto nei cittadini dei villaggi delle zone alluvionate che ancora oggi, a due anni di distanza dalla tragedia, chiedono sicurezza per la propria vita. Un appello rivolto, attraverso una lettera aperta, direttamente al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Sulla gestione dell’emergenza nei territori del messinese, fa un’analisi ampia il coordinatore cittadino di Futuro e Libertà Nello Pergolizzi, soprattutto in considerazione della celerità con cui il governo nazionale si è attivato sui territori del Veneto «Berlusconi in quell’occasione – scrive l’esponente di Fli – venne esibito come un trofeo da Bossi e Zaia a garanzia dello stanziamento immediato di fondi post alluvione, che puntualmente sono giunti nelle casse della regione Veneto senza alcun ostacolo burocratico o difficoltà per la Ragioneria dello Stato o per il Dipartimento dell’economia. Allora nessuno osò rivolgersi ai veneti accusandoli di essere complici del disastro, mentre risuonano ancora nella mente di ogni cittadino messinese le parole, sprezzanti, del Capo della Protezione civile Guido Bertolaso: “Se la sono cercata” , come ebbe a dire nelle ore immediatamente successive alla tragedia».
Un senso di profonda rabbia quello vissuto nell’occasione dalla comunità cittadina, cresciuto, di recente, di fronte al delinearsi delle prime responsabilità nell’inchiesta aperta dalla procura della Repubblica di Messina, che ha iscritto nel registro degli indagati venti persone tra amministratori locali, dirigenti cittadini e funzionari della Protezione Civile per disastro colposo ed omicidio colposo plurimo: «Il dato che sembra tragicamente emergere dall’inchiesta è quello dell’assoluta mancanza di interventi per la messa in sicurezza e la prevenzione di quelle aree – evidenzia ancora Pergolizzi – la cui urgenza e necessità si era palesata sin dal 25 ottobre di due anni prima, quando un evento franoso aveva colpito quegli stessi territori. Un primo importante segnale di fragilità del territorio, che avrebbe dovuto spingere coloro che ricoprivano ruoli di responsabilità ad agire immediatamente per scongiurare nuovi eventi franosi. In questi anni quasi nulla è stato fatto e la tragedia del 2009 diviene il palese segnale dell’esistenza di responsabilità politico- amministrative. L’inchiesta condotta dalla magistratura farà il proprio corso ed accerterà tutte le eventuali responsabilità. Rimangono, tuttavia, evidenti, a prescindere da quella che sarà la verità processuale, le molte carenze di una classe dirigente, sulla quale gravava l’obbligo di porre in essere tutti i provvedimenti e gli interventi necessari, affinché la tragedia dell’1 ottobre 2009 non si verificasse o, sarebbe meglio dire, non si ripetesse».

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