La crescita dell’astensione del 5-7% e il 10% ai Grillini non servono a nulla

Il risultato delle elezioni amministrative ha profondamente deluso coloro che si attendevano un segnale forte dei cittadini nei confronti della politica. Un’astensione del 5-7% – come un 8-10% ai Grillini – è, in effetti, un ben misero segnale di protesta, assolutamente incapace di incrinare le facce di bronzo che ci rappresentano in Parlamento. Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con parlamentari e governanti, sa che l’85% di loro non conta assolutamente nulla e acquista un po’ di notorietà solo se cambia schieramento. Il restante 15% conta di più, ma produce solo montagne di chiacchiere e leggi malfatte. Se rileggiamo interviste e comunicati, rivediamo comizi e dibattiti televisivi, notiamo che questi bellimbusti pieni di sussiego ripetono da anni le stesse scontate cantilene. Alle quali fanno seguire il nulla più assoluto. In altre parole, il numero dei parlamentari (come quello dei consiglieri regionali, provinciali e comunali) potrebbe essere ridotto dell’85% senza inconvenienti e con rilevanti benefici per le casse pubbliche.
Purtroppo però è un universo vorace che si autoalimenta. Maggioranza e opposizione si combattono ferocemente, si scambiano periodicamente i ruoli, ma sono assolutamente coese nel mantenere intatta la struttura che garantisce i loro privilegi.
La parola d’ordine dei vertici della politica italiana è mutuata da un brano del Regolamento della Real Marina del Regno delle due Sicilie: All'ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stann’ a prora vann' a poppa e chilli che stann' a poppa vann' a prora; chilli che stann' a dritta vann' a sinistra e chilli che stanno a sinistra vann' a dritta; tutti chilli che stann’ abbascio vann' ncoppa e chilli che stanno ncoppa vann' abbascio passann' tutti p'o stesso pertuso; chi nun tene nient' a ffà, s'aremeni a' cca e a’ llà"..
Con la differenza che quello era un simpatico falso, questo una nauseante realtà. Insomma, gli Italiani, nel complesso, hanno votato. E hanno perso un’occasione d’oro.
Nemmeno si può dire che, alla percentuale degli astenuti, deve andare sommato il sostegno dato ai Grillini: il voto e il non-voto hanno significati diversi. Il secondo – l’astensione, così come la scheda nulla o annullata (che sono però più efficaci ai fini della protesta) – dovrebbe voler dire “nessuno di voi merita quell’alta espressione della democrazia liberale che è rappresentata dal mio voto”. L’altro – il consenso dato al Movimento 5 stelle – presenta gravi rischi se non è l’adesione a un chiaro progetto politico.
Pensiamo al fenomeno Lega. E’ nato su basi popolari molto più solide del Movimento 5 stelle. Perseguiva un progetto politico generico e complessivamente oscuro, che oscillava tra la secessione e il federalismo. Condizionando gli ultimi vent'anni della nostra storia. Alla resa dei conti, ha fatto solo danni. Progressivamente inglobata nel meccanismo diabolico del potere politico che gestisce il fu Bel Paese. Un meccanismo che distribuisce vergognosi privilegi e aspettative plebee a centinaia di migliaia di persone. Dal grande manager di Stato – con uno stipendio faraonico per un lavoro che fa (in genere, male), al quale si sommano quasi sempre secondi stipendi per lavori che non fa, consulenze, gettoni e rimborsi da parte di aziende controllate dalla politica, tutte con sede a Roma – al galoppino elettorale in lista d’attesa per diventare portantino in un Ospedale di provincia. Un sistema perverso, pressoché impossibile da smontare perché fondato su interessi e speranze estremamente concreti. Interessi e speranze che uniscono parlamentari nazionali e consiglieri di circoscrizione, grandi imprese e sindacati conservatori, precari e categorie protette, professionisti specializzati in lavori pubblici e dipendenti statali perennemente in malattia.
Non è una questione di singoli – Senatores boni viri, Senatus mala bestia, dicevano i Romani -, ma della opportunistica armonizzazione di interessi e aspettative molto diseguali, imperniate sul disprezzo del bene comune e su un individualismo privo di senso etico. Che tutto assorbono e inglobano, allo scopo di perpetuarsi il più possibile.
Se c’è ancora qualcuno che crede nell’autoriforma dei partiti – ma avete mai visto un jadduzzu chiedere di anticipare il Ferragosto? – o che una qualsiasi nuova formazione senza un'immediata maggioranza assoluta possa avere la forza di smontare il sistema, questo qualcuno vive in un altro mondo.
Le intese tra gli schieramenti – sinistra, centro e destra – sono già note e, per attuarle si aspetta solo il momento opportuno. Giudicate voi: riduzione del numero di parlamentari da 630 a 500 i deputati e da 315 a 250 i senatori; riduzione di 1/3 (!!!) dei rimborsi elettorali e obbligo di certificazione dei bilanci (ridicolo: Cirio e Parmalat avevano i bilanci certificati, eppure …); l’ennesima promessa di riduzione delle auto blu; la tanto attesa eliminazione dei privilegi si concretizzarà (forse) nell’aumento a 80 cent del caffè alla bouvette di Montecitorio; spostamento ad altri incarichi delle 2 (!!!) segretarie di ciascuno degli ex presidenti di Camera e Senato … e mi fermo qui per non piangere. Insomma, ci prenderanno per i fondelli ancora una volta. Tutti, Bersani, Casini e Alfano.
Nessuno di questi provvedimenti farlocchi – ammesso che siano approvati – ridurrà il numero delle auto impunemente lasciate in seconda fila dagli “amici di Nanni o di Peppino” – con cellulare incorporato all’orecchio – davanti ai palazzi del potere locale. Né impedirà gli sprechi, i privilegi e le ruberie che si perpetuano nei corridoi degli uffici delle Regioni. Per non parlare dei Ministeri romani e delle sedi di grandi stazioni appaltanti come Anas, Ferrovie, Finmeccanica, Poste italiane e cento altre.
Qualcuno obietterà che questi sono aspetti secondari e inevitabili della gestione del potere; oppure che è la scarsità di risorse la causa dei nostri guai.
Questo è semplicemente falso: la Corte dei Conti ha ampiamente spiegato che ci sono almeno 60 miliardi di sprechi all’anno nella Pubblica Amministrazione (oltre ai 120 di evasione), la cui drastica (e facile) riduzione eliminerebbe drammi veri.
In altre parole, 500 mila parassiti succhiano il sangue a 35 milioni di produttori di reddito.
Non è la mancanza di risorse che impedisce di risolvere la tragedia degli esodati, delle pensioni da fame o delle opere pubbliche indispensabili alla crescita, ma un sistema che assicura sprechi, ruberie e privlegi.
Eppure, solo una minoranza di elettori ha scelto di astenersi o di votare Grillo. Agli altri, evidentemente, va bene così. Auguri.