Cronaca

Sacco di Fiumedinisi, chiesta condanna a 4 anni e 4 mesi per De Luca

Quattro anni e quattro mesi di reclusione. È questa la richiesta della Procura Generale per l’attuale sindaco di Messina, Cateno De Luca, sotto processo in appello per il così detto sacco di Fiumedinisi.

Il PG Adriana Costabile, al termine della sua requisitoria nella quale ha contestato una parte delle conclusioni cui erano arrivati i giudici di primo grado, ha avanzato la richiesta di condanna per De Luca, richiedendo l’aggravamento della pena per tre alcuni episodi e la riqualificazione dei capi d’imputazione contestate.

Chiesta inoltre la condanna a 3 anni e 8 mesi di Tindaro De Luca, fratello del principale imputato, titolare delle aziende edili di famiglia, ed a 2 anni ed 8 mesi per Benedetto Parisi, allora presidente della Commissione edilizia del comune di Fiumedinisi.

Per gli altri imputati la Procura ha sollecitato l’applicazione delle prescrizioni ulteriormente maturate e l’assoluzione.

Hanno poi preso la parola gli avvocati Giovanni Calamoneri ed Enrico Ricevuto, difensori di Parisi, e l’avvocato Giovanni Mannuccia, difensore di Pietro D’Anna, componente della commissione. L’udienza è stata rinviata al prossimo 17 luglio per dare la parola ai difensori di Tindaro De Luca.

Toccherà quindi ai giudici di secondo grado riesaminare la la sentenza del Tribunale del 10 novembre 2017 che, dopo un lungo dibattimento, caratterizzato dalle deposizioni fiume di De Luca e di tanti scontri procedurali tra Accusa e difese, si è chiuso con verdetto di assoluzione dall’accusa di abuso, e prescrizione dall’accusa tentata concussione, dichiarata prescritta come gli altri reati, falso e reati ambientali.

La Procura aveva chiesto la condanna di De Luca a 5 anni. Al banco dell’Accusa c’è sempre stata il PM Liliana Todaro, titolare dell’indagine sin dall’inizio insieme a Vincenzo Barbaro, oggi Procuratore Generale e quindi a capo dell’ufficio che reggerò l’Accusa al processo d’Appello.

Chiedendo ai giudici di secondo grado di rivedere la sentenza dello scorso anno, la Procura generale ha contestato la decisione del Tribunale su tutta la linea: De Luca non andava assolto dall’accusa di abuso d’ufficio, la concussione non andava derubricata e quindi non era possibile applicare la prescrizione, prescrizione che sarebbe stata calcolata in maniera errata anche rispetto agli altri reati contestati e cassati.

Alla fine del processo d’appello, quindi, il verdetto del 2017 potrebbe essere confermato o ribaltato, e se venisse condannato De Luca dovrebbe fare i conti con la legge Severino, e potrebbe essere sospeso subito dalla sua carica. La prescrizione, però, avrà il suo peso anche in appello, e anche rifacendo i calcoli è dietro l’angolo, quanto meno per l’accusa di abuso d’ufficio.

I fatti contestati, lo ricordiamo, riguardano i il periodo 2004-2010: De Luca era sindaco di Fiumedinisi e, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe stravolto il contratto di quartiere – lo strumento urbanistico di applicazione del Prg – per favorire le imprese edilizie di famiglia.

Al centro della vicenda, in particolare, la realizzazione di un albergo, la cui costruzione venne bloccata dai sigilli, rimossi nell’estate dello scorso anno.

L’arresto arrivò nel 2011, mentre De Luca era deputato Ars. Dopo un mese il Tribunale del Riesame rievocò i domiciliari ma le accuse ressero e si andò a processo.