"Scatti di Gusto" in mostra al Salotto Fellini

“Scatti di Gusto” in mostra al Salotto Fellini

Redazione

“Scatti di Gusto” in mostra al Salotto Fellini

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domenica 14 Luglio 2019 - 07:45

Inaugurata lo scorso 7 luglio, la mostra “Scatti di Gusto” sarà ospitata dal Salotto Fellini fino a domenica 21. Autore degli scatti è Alessio Merenda, che con questa mostra invita l’osservatore ad un percorso per immagini, dove il soggetto principale é il cibo, considerato come elemento di identità culturale.

L’appassionata di arte Daniela Cucè Cafeo ha seguito l’evento e scritto quanto segue:

Incontro Gabriella Sorti in un caldo pomeriggio di luglio, in una Piazza Duomo quasi deserta.

Mi ha chiamata perché è felice per l’ultima mostra che ha realizzato al Fellini, e me ne parla al telefono con un tale entusiasmo che, nonostante le mille cose che ho da fare, le dico che sì, la voglio proprio vedere con lei.

Prima di entrare nella sala allestita coi pannelli che ospitano gli scatti di Alessio Merenda, mi chiede di fermarmi sugli scalini.

Cerca una musica sul cellulare, che vuole mi accompagni nel percorso visivo che ci accingiamo a fare.

La trova, possiamo salire quei pochi gradini che ci separano dall’esposizione ed entrare nella sala.

Partono dal telefonino le note di “Parlami d’amore Mariù”, e mentre guardo le immagini che pendono silenziose dalle pareti, entro in un mondo lontano nel tempo che mi sembra di riconoscere perfettamente.

Ma riesco a guardare solo per un paio di minuti, mentre metto a fuoco con gli occhi e con l’anima tutta la poesia che promana da queste opere.

La musica non mi aiuta a frenare l’emozione, anzi, la scatena.

Dico a Gabriella che mi serve un attimo, qualche istante in cui contenere le lacrime che affiorano agli occhi noncuranti del fatto che vorrei evitare di piangere.

Ma i miei sforzi sono inutili, quando qualcosa è capace di toccare le corde della mia sensibilità, non ne controllo le ondate.

Piango, e questo m’imbarazza, ma lo sfogo dell’emozione mi aiuta a ritrovare l’equilibrio.

Gabriella si commuove a sua volta vedendo le mie lacrime e insieme ci diciamo che sì, forse è meglio che la musica struggente che ha scelto con grande sensibilità, smetta di farmi vibrare l’anima.

Spegne il cellulare, e con un sospiro liberatorio posso andare avanti.

E quello che vedo è davvero un lungo racconto racchiuso nell’inquadratura di uno spazio contenuto, ma ricco di oggetti scelti con cura che non vedono l’ora di raccontarmi la loro storia.

Storie di cibo, si potrebbe dire a primo impatto, ma sarebbe come aver osservato solo la superficie.

Il cibo, nella fattispecie il dolce in tutte le sue declinazioni, è un chiaro pretesto per richiamare la Sicilia che fu, insieme ai sapori e ai profumi di un passato che ancora vibra intensamente.

Scorro ogni pannello e osservo con attenzione: il bianco mangiare, i piaprelli, le arancine, i sospiri di monaca, le cassatine, la pignolata, la granita di limone e le brioches, la mostarda, la ciambella…

E accanto a prelibatezze ritratte con ricercatezza tecnica, fanno delicata mostra di sè oggetti antichi d’uso quotidiano, pagine di quaderno vergate con una grafia antica, cartoline d’epoca che sono opere d’arte di per sè, frutti freschi, panieri di vimini, fine argenteria.

Sono rapita, letteralmente.

La storia che c’è dietro il progetto di Alessio Merenda, architetto urbanista messinese, è affascinante e tenera al tempo stesso.

Parte dal ritrovamento del quaderno di una bisnonna, levatrice di mestiere, che durante l’assistenza ai tanti parti casalinghi, non perdeva occasione per farsi dare le ricette dei dolci che le venivano offerti dopo la dura fatica di aver aiutato le mamme a dare alla luce i propri bambini.

Se mi fermo un attimo posso sentire i loro vagiti, il rumore dell’acqua nella bacinella usata per lavarli, i sospiri delle mamme che se li guardano ancora incredule di essere riuscite a portare alla vita una creatura, e la voce di una donna che detta sottovoce la ricetta per non disturbare mamma e nenonato.

“Ah, ma voi ci mettete la cannella, dunque? Ecco cos’era quel profumo che sentivo… E la scorza di limone la mettete prima o dopo le uova?”

Posso sentire i dialoghi fra le donne, in quest’universo tutto al femminile in cui si respira aria d’operosità, di volontà laboriosa e creativa.

Ma sento anche il profumo delle domeniche nell’isola, i fruscii delle gonne ampie e lunghe delle nonne intente a preparare silenziosamente il pranzo.

Vedo la luce fioca del primo mattino adagiarsi dolcemente sui piatti del servizio buono in cui già campeggia il sontuoso dolce preparato presto, mentre ancora tutti gli altri dormono.

Respiro l’amore per le cose genuine, semplici anche quando la preparazione è complessa, ricche di gusti e profumi che raccontano quasi orgogliosamente il territorio, perchè ci si deve arrangiare coi prodotti che offre la terra, e saper mischiare abilmente sapori e consistenze, accordi e contrasti, sfumature di colore e decori.

Mentre ancora sono immersa in quest’esperienza visiva e sensoriale affabulante, mi volto verso Gabriella, che non smette di raccontarmi qualcosa di quello che ha provato per ogni singolo scatto, ogni singolo pannello.

Annuisco, proviamo le stesse identiche emozioni, come se stessimo ricordando insieme un passato che riconosciamo perchè l’abbiamo già vissuto.

“Siamo anime antiche”, le dico sorridendo.

“E’ vero”, mi risponde restituendomi il sorriso.

Non abbiamo bisogno di scambiarci altre parole.

Tutto è contenuto dentro un’emozione, e quando un fotografo riesce ad evocarne il moto, ciò che offre agli occhi del visitatore non è immagine.

E’ arte.

Daniela Cucè Cafeo

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