Se alla vigna "piace" Mozart: il progetto di Daniela e Antonello, jazz e classica per le piante

Se alla vigna “piace” Mozart: il progetto di Daniela e Antonello, jazz e classica per le piante

Giuseppe Fontana

Se alla vigna “piace” Mozart: il progetto di Daniela e Antonello, jazz e classica per le piante

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domenica 06 Agosto 2023 - 08:07

I due agricoltori hanno lasciato i rispettivi lavori nel 2011 per avvicinarsi alla natura. Poi hanno "scoperto" l'influsso positivo della musica su piante e ortaggi

Lasciare il posto di lavoro sicuro per dedicarsi a una passione a stretto contatto con la natura. Questo è ciò che hanno fatto nel 2011 Daniela Barbera e Antonello Scacco, che ben prima dell’arrivo del Covid e di un trend ormai consolidato, quello delle dimissioni per una vita diversa e più soddisfacente, hanno posto le basi per il loro salto nel buio, trovando poi una vera e propria oasi di pace. Si chiama Cozzo del Parroco, ed è un vigneto a Noto particolarissimo. Lì, infatti, Daniela e Antonello non solo curano la propria terra e i propri prodotti con l’amore di chi ci crede, ogni giorno di più. Ma lo fanno anche con la musica classica e con il jazz, diffuso nel vigneto con effetti incredibili per la crescita delle piante.

Daniela: “Ci siamo innamorati di questo terreno nel 2011”

A raccontare la loro storia è Daniela, la più loquace della coppia: “Ci siamo innamorati di questo luogo nel 2011 e dopo quattro mesi lo abbiamo acquistato. Era un terreno abbandonato e incolto. Ce n’erano tantissimi 12 anni fa, oggi meno, ma credo che il problema sia di tutto il territorio, Sicilia e Italia. Pensavamo di costruire la nostra casa di campagna, ma in realtà siamo rimasti stregati da questo luogo. Abbiamo scelto di lasciare i nostri lavori tra Palermo e Catania per trasferirci qui. Inizialmente abbiamo cercato di capire cosa potesse diventare questo posto, ma non eravamo agricoltori. Partivamo solo da una sensibilità che ci avvicinava a questo settore, ma specialmente Antonello è dovuto passare dalla giacca e dalla cravatta a scarponi e magliette strappate. Ci siamo presi un po’ di tempo e in questi 12 anni abbiamo capito che è stata la natura a portarci a compiere questa scelta. Sembrava folle, sì: ma è stata una decisione molto sensata”.

Il vigneto e la musica: “Abbiamo iniziato per caso con una cassa”

“Oggi produciamo vino, grazie a un vigneto impiantato nel 2018 su oltre due ettari, ad alberello, riprendendo la tradizione dei luoghi – continuano i due agricoltori -. Sarebbe stato facile coltivare con la spalliera, altezza media un metro o un metro e venti. Noi stiamo a 30 centimetri da terra e tutto il nostro lavoro è manuale, tranne che per un trattorino. Sicuramente è molto bello e suggestivo vedere queste vignette. Siamo un’azienda bio certificata, volevamo rispettare quanto più possibile la coltivazione”. E da qui arriviamo alla musica: “Abbiamo iniziato con una cassa bluetooth mentre lavoravamo in vigna o nel nostro primo orto. Abbiamo visto che diffondendo la musica in uno spazio, durante la raccolta di finocchi, broccoli, cavolfiori, intorno a questa sorgente sonora circolare si è creato uno spazio di crescita degli ortaggi in maniera esagerata, rispetto a ciò che c’era al di fuori del raggio di sonorità. Faccio un esempio: un finocchio poteva arrivare a pesare più del doppio nella zona con la musica. Abbiamo deciso di creare un vigneto circolare, di circa 2mila metri quadri, iscritto in un quadrato di 48 metri per 48, lasciando libero lo spazio centrale all’uomo. Abbiamo pensato di far entrare i visitatori in questo spazio, dove forse si stacca tutto, ma si respira meglio: la bellezza aiuta a vivere in serenità”.

“Due ore di musica al giorno per le piante”

“Diamo alle piante due ore al giorno di musica – continua – e lo scorso inverno ci siamo dedicati allo studio scientifico e non. Abbiamo letto di studi universitari pubblicati sull’interazione che c’è tra musica e piante. Queste ricerche però sono sempre in stanze insonorizzate, in laboratorio. E si parla sempre di musica sotto i 500 hz, classica e jazz, che ha un effetto positivo sulla pianta stimolando la produzione di determinate sostanze, l’aumento di glucosio, favorisce la saturazione e aiuta a superare gli stress generati dai parassiti o dalle alte temperature. Io dico sempre che con la musica aumentiamo il loro sistema immunitorio. Se si trovasse una correlazione tra questa energia e la pianta, l’uomo, l’animale, si lavorerebbe in maniera diversa. Con meno trattamenti, perché oggi l’agricoltura è soprattutto questo”.

Il progetto: “Vorremmo far studiare qui le università”

Ma le piante hanno autori preferiti? Daniela ride e risponde: “Gli studi dicono che in top 10 ci sia Mozart. Noi diffondiamo anche Debussy, Paganini e molto violino perché è un suono molto naturale a livello di frequenze. E puntiamo tanto sulla musica jazz strumentale più che vocale. Tutto ciò che facciamo però è una reazione a nostre osservazioni. Stiamo cercando di parlare con le università per far partire un progetto di studio qui da noi, in campo aperto. Sarebbe il primo nel mondo visto che tutti gli studi fatti al mondo finora sono stati completati nei laboratori. In campo aperto ci sono molte variabili, dal vento ai cinguettii degli uccelli. Abbiamo trovato un’azienda che crea casse unidirezionali e in questo modo potremmo dividere per settori la musica e gli spazi di silenzio. Così si potrebbe creare un laboratorio all’aperto per studiare le conseguenze”.

In questo spazio Daniela e Antonello organizzano eventi e concerti, sempre con la musica protagonista: “E sempre al tramonto, perché con la luce la pianta ha un’interazione maggiore. Ovviamente di mattina non possiamo far suonare nessuno per il troppo caldo. Il 14 agosto ci sarà un duo di violino e arpa, ad esempio. Il 26 un trio con pianoforte e un mix di musica classica e jazz. Ci piace vedere i visitatori rilassarsi a suon di musica nei nostri spazi”.

Antonello: “Noi ci crediamo”

Spiega Antonello: “Ci crediamo, portiamo avanti con forza questo progetto sperando nella collaborazione con l’università e con altri partner con cui abbiamo avuto interlocuzioni. Cerchiamo sensibilità da parte degli altri alla stessa tematica, ma non è facile perché non è un tema così esplorato e condiviso. Man mano che se ne parla, però, vediamo avvicinarsi sempre più persone. Lo ripeto: noi ci crediamo”. E Daniela aggiunge: “Se le persone si prendessero cura del territorio in cui vivono, se non ci fosse l’abbandono, tutto fosse curato, non succederebbe mai niente. Nella nostra contrada ci sono tante persone attente a curare il luogo in cui viviamo. Questo è anche un appello alla politica, che dovrebbe far modo che non esistano più terreni abbandonati per più di 1, 2, 3, 5 anni. Abbiamo tanti terreni abbandonati che noi stesso curiamo per evitare incendi e cose simili. Ma chi possiede deve anche curare”.

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