“Se devi dire una bugia dilla grossa” riempie il Teatro di Messina, tra equivoci e risate 

“Se devi dire una bugia dilla grossa” riempie il Teatro di Messina, tra equivoci e risate 

Emanuela Giorgianni

“Se devi dire una bugia dilla grossa” riempie il Teatro di Messina, tra equivoci e risate 

domenica 20 Febbraio 2022 - 06:45

Tra porte che si aprono e si chiudono, dialoghi serrati e tempi scanditi, una bugia tira l’altra, trascinando il pienissimo pubblico del Teatro Vittorio Emanuele

Tra porte che si aprono e si chiudono, dialoghi serrati e tempi scanditi, una bugia tira l’altra. Soprattutto se, per nasconderla, devi inventarne una ancora più grande. L’inevitabile risultato è una reazione a catena il cui crescendo è inarrestabile. D’altronde, come si dice in politica: “Se devi dire una bugia dilla grossa”.

L’amata commedia degli equivoci arriva al Teatro Vittorio Emanuele, ad accoglierla un pubblico vastissimo (la fila fuori dal teatro occupava tutta la piazza antistante) ed entusiasta, che si è lasciato trascinare da questo gioco incessante di menzogne, malintesi e battibecchi.

La commedia

Il percorso fortunato della commedia di Ray Cooney ha inizio sin dal suo debutto allo Shaftesbury Theatre a Londra, prima nel 1981 e poi nel 1984. È nel 1986, però, che il nostro grande regista Pietro Garinei, della compagnia Dorelli, Quattrini, Guida e Garrone, mettendola in scena, le regala un successo che conquista il mondo. Il testo adattato in italiano e attualizzato da Iaia Fiastri, scomparsa nel 2018, storica collaboratrice di Garinei e Giovannini, è stato messo in scena nel 2000 dalla ditta Jannuzzo, Quattrini, Testi, Gelli e Falchi. Oggi, la Ginevra Media Production, con la direzione artistica di Gianluca Ramazzotti, e la nuova messa in scena di Luigi Russo, ripropone lo spettacolo per festeggiare i cento anni dalla nascita di Pietro Garinei e ricordare la Fiastri.

Riportare in scena uno spettacolo così amato è una sicurezza da un parte, un grosso rischio dall’altra, rischio pienamente superato grazie a un cast di grandi interpreti, capaci di dare spessore al carattere così unico dell’opera, tra la commedia e la farsa, ironica e paradossale. Nessun corpo defunto in questa versione, ma non per questo mancheranno gag rocambolesche, colpi di scena ed equivoci ingestibili.

Le disavventure dell’Onorevole Di Mitri

Su una colorata scenografia girevole si avvicendano le disavventure del Ministro del Governo, il leghista Di Mitri. L’allestimento è, infatti, ispirato a quello iconico firmato dalla ditta Garinei & Giovannini, con il famoso girevole che, una volta, mostra la hall dell’albergo, un’altra, le due camere da letto. Di Mitri, infatti, si trova al Palace Hotel insieme a sua moglie Natalia, alla stanza 650. Ma proprio nello stesso hotel e proprio nella camera accanto, la 648, escogita un appuntamento con la sua amante, Susanna Rolando. L’affascinante ed eccentrica Susanna è funzionaria del partito d’opposizione, la cui leader, onorevole Merloni, si trova anche lei nell’albergo, ancora una volta nella camera vicina. Per combinare il tutto Di Mitri chiede aiuto al suo segretario Mario Girini, il quale, contro voglia, diventa artefice e vittima di questo labirinto di menzogne ed equivoci senza via d’uscita.

Antonio Catania (Di Mitri) e Gianluca Ramazzotti (Girini) sono gli inarrestabili protagonisti. Paola Quattrini, la regina delle commedie, unica interprete della compagnia originaria, torna, dopo 36 anni, nei panni della sua Natalia, cui regala un’indimenticabile nuova interpretazione. A interpretare Susanna Rolandi è Paola Barale, al suo debutto teatrale, ben riuscito, dopo le famose interpretazioni di Gloria Guida e Anna Falchi. Nini Salerno è, invece, l’attento direttore d’albergo. Con loro Marco Cavallaro, Sebastiano Colla, Cristina Fondi, Sara Adami, Ilaria Canalini.

Equivoci ad “orologeria”

La storia si sviluppa, o meglio si confonde, complica e irretisce sempre di più, tra porte che si aprono e si chiudono, spostando le scene e scandendone i tempi. È la tecnica dell'”orologeria“, che gioca agilmente con lo stile dei dialoghi, veloce e dinamico, e con i suoi ritmi serrati. Ne deriva un fluire vivace e festoso della narrazione che, con sapiente consapevolezza delle risorse sceniche e dei meccanismi comici, travolge lo spettatore (nel secondo tempo più che nel primo), e il cui richiamo inevitabile va a Georges Feydeau e il suo “L’albergo del libero scambio”.

Tra una macchietta e l’altra, i personaggi riflettono, però, con serietà, l’essere umano e le sue bassezze, donando forza alla storia. Un incredibile Ramazzotti canalizza tutte le attenzioni. Senza mai risultare forzato, saltella, ancheggia, danza, canta, parla con la sua mimica e si erge come grande protagonista. Prima rispettoso assistente, ingenuo e imbranato, poi furbo contraffattore e involontario conquistatore, conquista anche la simpatia del pubblico. Ma il suo piano, sempre più complicato e intricato, non andrà a buon fine. Anche la bugia più grossa pian piano si lascia intravedere, gli equivoci sembrano risolversi e le risate, vere protagoniste, lasciano spazio ad un riflessione un po’ più amara.

Risate di denuncia

“Se devi dire una bugia dilla grossa”, facendo sorridere, vuole anche denunciare la società odierna e la sua politica. Ogni schieramento politico è sullo stesso piano, come dimostra l’appartenenza di Di Mitri e Rolandi a partiti opposti. Citando da Berlusconi “ai cui tempi ci si divertiva di più”, fino a Formigoni “che dichiarò che sarebbe andato tutto bene e poi venne condannato”, passando per Di Maio, Coppola e Rosy Bindi, non si salva nessuno. Di nessuno ci si può fidare neanche all’interno di quell’albergo, modello di una ben più ampia società; anche il direttore che sembra così rigoroso lo è solo apparentemente. A regnare, purtroppo, è l’ipocrisia e l’amoralità. 

Risate inconsapevolmente amare ma di consapevole contestazione, per una commedia che denuncia divertendo, capace di farci riflettere senza neanche rendercene conto, prendendo in giro ciò che è corrotto per rivendicare ciò che può essere corretto.

due Atti di Ray Cooney
versione italiana di Iaia Fiastri
in ricordo di Pietro Garinei e della ditta Garinei e Giovannini

con Antonio Catania, Gianluca Ramazzotti

e Paola Quattrini

Nini Salerno, Cristina Fondi, Marco Cavallaro, Sebastiano Colla

e Sara Adami, Ilaria Canalini

con la partecipazione di Paola Barale

regia originale di Pietro Garinei

nuova messa in scena di Luigi Russo

scene originali di Terry Parsons riprese da Marco Pupin
costumi Silvia Morucci
disegno Luci Giuseppe Filipponio
direzione Tecnica Stefano Orsini
assistente alla regia Stefania Bassino
aiuto regia Matteo Magazzù

i costumi dei Signori Attori sono realizzati da Charme – Laboratorio Sartoria Stamigna s.r.l.

la signora Barale veste P.A.R.O.S.H.

costruzione scene Trasportiamo s.r.l.
l’elemento scenografico girevole è stato realizzato da Dari Automazioni s.r.l.

distribuzione Francesca Chiappetta

organizzazione generale Giulio Corrente

un progetto artistico di Gianluca Ramazzotti

produzione Ginevra Media Production

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