L'assoluzione di Cattafi e la resa dei conti a Barcellona Pozzo di Gotto

L’assoluzione di Cattafi e la resa dei conti a Barcellona Pozzo di Gotto

Giovanni Passalacqua

L’assoluzione di Cattafi e la resa dei conti a Barcellona Pozzo di Gotto

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lunedì 15 Maggio 2017 - 05:15

Dal processo a Cattafi è nato l'attuale assetto politico, ma soprattutto culturale, della città del Longano, spaccata in questi anni tra giustizialisti e garantisti. Oggi esultano questi ultimi, parlando della sconfitta della "cultura del sospetto" e della "mafia dell'antimafia"

L'assoluzione in primo grado di Pio Cattafi e di tutti i coinvolti nel processo sul parco commerciale di contrada Siena, a Barcellona Pozzo di Gotto, è arrivata come un vero e proprio terremoto in città. Dalla denuncia che ha portato al processo, è emersa una linea di demarcazione tra destra e sinistra barcellonese, i cui effetti sembrano destinati a durare ancora a lungo nel tempo.

La vicenda
Tutto nasce nel 2005, quando la
Dibeca (società immobiliare di Cattafi) acquistò un terreno agricolo di proprietà di un’opera pia salesiana per 619.800 euro. Il terreno venne poi ceduto all’impresa milanese GDM, che riuscì in poco tempo ad ottenere le necessarie autorizzazioni e varianti per la realizzazione del parco commerciale, e l’indispensabile approvazione da parte del consiglio comunale di Barcellona, nel giugno 2007. Nel maggio 2008, però, la GDM rinunciò alla realizzazione del parco e cedette tutto alla Dibeca.

Lo strano iter del progetto attirò le attenzioni di associazioni e istituzioni. A sollevare le prime perplessità furono l'associazione Rita Atria e lo scrittore Antonio Mazzeo. Successivamente fu presentato un esposto in Procura, cofirmato dai componenti del Movimento Città aperta; ma ci fu anche un'interrogazione parlamentare da parte del deputato Beppe Lumia, che portò a un'indagine prefettizia sugli organi amministrativi allora in carica a Barcellona, senza che però si arrivasse allo scioglimento del Comune. In seguito, è iniziato il processo contro Cattafi e i suoi collaboratori, oltre che contro dirigenti degli uffici comunali, sospettati di avere collegamenti con la criminalità organizzata. Il TAR di Catania ha inoltre annullato la delibera con cui il Consiglio Comunale aveva dato il via libera al progetto, bloccandolo definitivamente.

Nel frattempo, anche sulla spinta della vicenda, era cresciuto in città il consenso intorno al movimento di Maria Teresa Collica, che nel 2012 riesce a diventare sindaco di Barcellona. Collica e i suoi sostenitori mantengono una posizione giustizialista nei confronti degli imputati, polarizzando le anime politiche di una città che, sino ad allora, aveva manifestato un consenso bulgaro nei confronti di amministrazioni del centrodestra. Le critiche non mancano, e porteranno a diversi scontri, anche durante il processo, tra gli accusatori e gli imputati.

L'esito del processo
Le assoluzioni di tutti gli imputati nel processo hanno però rimesso in discussione una narrazione che va avanti ormai da anni: quella che vedeva in Pio Cattafi un ponte tra le istituzioni e la
mafia barcellonese, se non un vero e proprio boss occulto. Il Pm Alessandro Liprino aveva chiesto due anni di reclusione per Cattafi e i progettisti; è arrivata invece un'assoluzione con formula piena "perché il fatto non sussiste".

E oggi, in città, la voce grossa è quella dei garantisti. Si parla di sconfitta della cultura del sospetto, si sottolineano le conseguenze personali di un processo dalle accuse così pesanti, si torna a mettere in discussione la "mafia dell'antimafia". Dall'altra parte, al momento, è soprattutto silenzio. "Dopo tre anni, la prima udienza è datata 2 maggio 2014, il processo per il Piano particolareggiato del Parco commerciale di contrada Siena a Barcellona Pozzo di Gotto si è concluso in maniera favorevole per gli imputati al termine di una lunga requisitoria. Attendiamo di leggere le motivazioni prima di rilasciare ulteriori commenti" – ha dichiarato l'associazione Rita Atria.

A mettere la faccia nel contestare la scelta dei giudici resta il giornalista Antonio Mazzeo: “La sentenza si sta rilevando una ghiotta opportunità, per sociologi e antropologi, di analizzare le modalità con cui viene percepita la borghesia mafiosa tra i ceti dirigenti della società peloritana. Noti difensori di boss e mafiosi; imprenditori massoni indagati per concorso esterno in associazione mafiosa; vecchi rottami dell’estrema destra e del nazifascismo; tutti a chiedere la testa di quelle associazioni della società civile locale e del giornalista-blogger, rei di aver rilevato le gravi anomalie dell’iter progettuale e la longa manus di quello che Procure e DDA ritengono ancora il dominus criminale di Barcellona Pozzo di Gotto e dintorni”.

Mazzeo evidenzia come, in seguito alla sentenza, si sia “riattivato” un nucleo di “neo-ipergarantisti” del Longano: “Nel blog di un giornalista messinese si legge che la denuncia si rifà al servizio giornalistico da me pubblicato il 25 novembre del 2009, trasfuso a stretto giro di posta, il 2 gennaio del 2010, dal senatore Beppe Lumia, in un’interrogazione parlamentare al ministro degli Interni”; affermazione non veritiera e offensiva, ma fedele a quanto avrebbe poi riportato in ben due interrogazioni parlamentare l’allora vicepresidente del Senato, Domenico Nania.

Come se non bastasse, ci ha messo lo zampino pure una persona che, dopo aver condiviso il passato di estrema destra con alcuni dei neo-ipergarantisiti, figura oggi tra i più stretti consiglieri del sindaco messinese “del cambiamento”. Commentando la news sulla sentenza, l’amletico calciofilo si domanda: “Crolla un teorema o un grande abbaglio?”. Di teorema – guarda caso – aveva proprio parlato l’allora senatore Nania. Immediato il “mi piace” di un altro inossidabile sostenitore-membro del cerchio magico di Palazzo Zanca, che in un gruppo facebook lamenta la rimozione del suo tag con il discutibile pezzo giornalistico di cui sopra. Ci sarebbero infine i “mi piace” alla notizia della sentenza assolutaria, alcuni a firma di più o meno noti personaggi politici locali, ma speriamo che si sia trattato solo di un ironico pollice su alla malagiustizia in salsa peloritana. Quella giustizia che, ancora una volta, ha messo la parola fine a un’inchiesta che avrebbe meritato ben altre considerazioni. Non fosse altro che per alcuni di noi, sempre meno numerosi purtroppo, a Messina e Barcellona la mafia esiste. E continuerà a fare affari…”

4 commenti

  1. Antonio Torrecamonica 15 Maggio 2017 11:49

    “a Messina e Barcellona la mafia esiste”, senza alcun dubbio. Così come esistono anche i professionisti dell’antimafia e la cultura del sospetto, senza alcun dubbio. Per questo occorre lucidità analitica, per quanto possibile, e cautela nell’accettare tanto le sentenze dei tribunali quanto i giudizi lapidari dei commentatori.

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  2. Antonio Torrecamonica 15 Maggio 2017 11:49

    “a Messina e Barcellona la mafia esiste”, senza alcun dubbio. Così come esistono anche i professionisti dell’antimafia e la cultura del sospetto, senza alcun dubbio. Per questo occorre lucidità analitica, per quanto possibile, e cautela nell’accettare tanto le sentenze dei tribunali quanto i giudizi lapidari dei commentatori.

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  3. per i fautori sfegatati dell’antimafia ( quelli delle chiacchiere, delle carriere e della distruzione e demonizzazione degli avversari) vi suggerisco un bell’iissimo articolo pubblicato sul “Fatto Quotidiano” di domenica dal titolo: “quel che resta dell’antimafia oltre le celebrazioni”. Alla fine dell’articolo la giornalista chiude con una pennellata da vera artista: ” impariamo a pensare che l’antimafia non è un atto di fede da riporre in figure mitologiche, metà vittime e metà sorelle, fratelli……l’anti mafia siamo noi, tutte le volte che decidiamo di rispettare le regole” Nessuno vuole negare che a Barcellona come in tanti altri territori è forte la presenza della malavita organizzata ma bisogna essere accorti e intellettualmente

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  4. per i fautori sfegatati dell’antimafia ( quelli delle chiacchiere, delle carriere e della distruzione e demonizzazione degli avversari) vi suggerisco un bell’iissimo articolo pubblicato sul “Fatto Quotidiano” di domenica dal titolo: “quel che resta dell’antimafia oltre le celebrazioni”. Alla fine dell’articolo la giornalista chiude con una pennellata da vera artista: ” impariamo a pensare che l’antimafia non è un atto di fede da riporre in figure mitologiche, metà vittime e metà sorelle, fratelli……l’anti mafia siamo noi, tutte le volte che decidiamo di rispettare le regole” Nessuno vuole negare che a Barcellona come in tanti altri territori è forte la presenza della malavita organizzata ma bisogna essere accorti e intellettualmente

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