"Sisma dello Stretto", l'esercitazione tra Reggio e Messina

“Sisma dello Stretto”, l’esercitazione tra Reggio e Messina

mario meliado

“Sisma dello Stretto”, l’esercitazione tra Reggio e Messina

giovedì 03 Novembre 2022 - 12:00

FOTO Sarà simulato un sisma di magnitudo 4.7, tante attività su entrambe le sponde dello Stretto

REGGIO CALABRIA – Presentata stamattina l’esercitazione nazionale Sisma dello Stretto 2022, una “tre giorni” della Protezione civile che a partire da domani e fino al 6 novembre compreso coinvolgerà decina di Enti e migliaia fra operatori Prociv, studenti, semplici cittadini sotto il coordinamento dello stesso Dipartimento nazionale Protezione civile, d’intesa con le Regioni Calabria e Sicilia e le Prefetture di Reggio Calabria e Messina e col coinvolgimento di 37 Comuni del Reggino e 19 (inizialmente erano 13) del Messinese.

In particolare, coi cronisti si sono rapportati il capo nazionale della Prociv Fabrizio Curcio, il responsabile calabrese sempre della Protezione civile Domenico Costarella e i presidenti delle Regioni Calabria e Sicilia, rispettivamente Roberto Occhiuto e – in videocollegamento – Renato Schifani.

Al centro delle attività, il test del modello d’intervento nazionale per il soccorso sul rischio sismico, declinato attraverso l’attivazione dei Centri di coordinamento, la realizzazione di working areas per le attività di soccorso tecnico urgente e sanitario, l’allestimento d’aree d’accoglienza per la popolazione, l’impiego delle colonne mobili e le attività di valutazione e d’agibilità post-sisma.

Il Dicomac

Ruolo peculiare per il Dicomac (la Direzione di comando e controllo), “cuore pulsante” di coordinamento nazionale di tutti gli interventi sul territorio previsti sulla falsariga del Pnsrs (Programma nazionale di soccorso per il rischio sismico).

Lo scenario preso in considerazione non è una delle innumerevoli micro-scosse correlate alla faglia che ci complica enormemente la vita in relazione al rischio sismico, e neppure uno scenario distruttivo come il terremoto del 1908: viene preso a parametro il sisma del 16 gennaio 1975 (di magnitudo 4,7 e con epicentro nell’entroterra di Reggio Calabria a circa 5 km dalla costa).
Scenario in base al quale è lecito attendersi, ‘in aggiunta’, un maremoto d’altezza inferiore al mezzo metro.

Attività a Reggio e a Messina

Tra le attività previste a Reggio, oltre al coordinamento, all’ex “208” che ospitava la Caserma “Cantaffio” sarà allestita un‘area di lavoro e simulata un’operazione complessa di soccorso.

Oltre al test per i posti di comando dell’attivazione delle colonne mobili regionali, sarà realmente utilizzata parte della Colonna mobile della Regione Campania che, con quella calabrese, opererà a Bova Marina, dove saranno convogliati gli sfollati.

Sarà allestita poi un’area d’ammassamento a Campo Calabro che fungerà da campo-base per i Vigili del fuoco e una seconda a Reggio città per ospitare i soccorritori volontari. L’area d’accoglienza della popolazione sarà realizzata, come accennato, a Bova Marina.

Quanto al versante peloritano, a Messina città al PalaRescifina saranno realizzate un’area d’ammassamento per soccorritori, Vigili del fuoco e volontari di protezione civile, ma anche un’area d’accoglienza per la popolazione allestita congiuntamente da Regione Sicilia e Comune di Messina.

Il Ponte «resterebbe in piedi e sarebbe utile»

…Ma in tutto questo, il futuribile Ponte sullo Stretto? Quasi schiva la domanda il capo della Protezione civile, ribadendo più volte nel breve volgere di poche decine di secondi che uno scenario di questo genere tocca una scelta che «non spetta alla Protezione civile». Insomma, il terremoto si simula ‘con la farina che si ha’: oggi il Ponte non c’è…, domani vedremo.

L’assessore regionale alle Infrastrutture Mauro Dolce

Decisamente meno abbottonato di Curcio l’oggi assessore regionale alle Infrastrutture Mauro Dolce, ben noto a Fabrizio Curcio perché docente universitario ma soprattutto in quanto già “colonna” proprio del Dipartimento Protezione civile. «Un aspetto è che un Ponte ‘sospeso’, specie quello a una campata di cui si parla da tempo, è poco sensibile al terremoto – così Dolce –, diversamente da quanto potrebbe essere per un palazzo a quattro-cinque-sei piani. Potrebbe esserci un problema di spostamento: ma è uno spostamento relativo, trattandosi di un ponte di 3,3 chilometri di lunghezza, questo spostamento si riassorbe, stiamo parlando di una problematica dell’ordine di un metro sulla lunghezza complessiva. E dunque il Ponte, intanto, durante e dopo il sisma rimarrebbe senz’altro in piedi. Qui vengo al secondo punto: costituirebbe un’infrastruttura fondamentale per raggiungere i luoghi colpiti dal terremoto, ovviamente ove restassero in piedi anche le infrastrutture d’accesso. Che però andranno rifatte in chiave totalmente antisismica secondo nuovi parametri, e dunque dovrebbero a loro volta restare percorribili».

Nodo infrastrutturale

…Già. Ma lo scenario cui s’è voluto pensare per la catena dei soccorsi è una sorta d’asse “a due tappe”: tutte le persone soccorse dapprima convogliate a Bova Marina (nel Basso Jonio reggino, a 42 chilometri da Reggio) e poi smistate altrove attraverso il porto di Gioia Tauro (che peraltro sta sull’altro versante, quello tirrenico).
Stiamo parlando dunque della sgarrupatissima “106” Reggio-Taranto? La “strada della morte” resisterebbe al sisma? «La Calabria soffre di un’infrastrutturazione inadeguata. Oggi, di fatto – è la premessa di Mauro Dolce – , abbiamo solo l’autostrada “A2”, che comunque ha le sue pecche, perché alcuni tratti a suo tempo non sono stati adeguati. Se s’interrompe l’ “A2”, ben sappiamo la “106” che cos’è, anche se percorre un’area che potrebbe essere meno soggetta a pericolosità sismica… Per cui il problema è anche come raggiungere i luoghi collegati alle operazioni d’emergenza. E poi, specie se il terremoto fosse accompagnato da uno tsunami, come spesso accaduto in passato, non è affatto detto che i porti rimangano agibili…».

Come risolverebbe dunque la catena logistica? «Utilizzando le infrastrutture che rimangono fruibili. Se non si riesce ad arrivare da terra, attraverso i porti; se quelli divengono inagibili, anche mediante gli aeroporti… La pianificazione d’emergenza, specialmente da queste parti, deve prevedere più possibilità; altrimenti, diventa inefficiente».

La mostra

A guarnire – diciamo così – l’intero evento, l’ampia esposizione fotografica e documentale Terremoti d’Italia. visitabile da domani e fino al
Non è, come si potrebbe pensare per la solennità dell’evento in cui è inserita, un debutto; anzi. La mostra itinerante è “sul campo” e gira per l’Italia (ma è stata allestita anche a Bruxelles) sin dal remoto 2007, ha fatto presente proprio l’assessore regionale Dolce.

«Una mostra che si propone come strumento di conoscenza dei terremoti: della loro meccanica, del fenomeno, di come si misurano ma anche di come si prevengono, delle attività che si possono svolgere anche sotto il profilo strutturale. E poi ci sono le ‘dimostrazioni’, nello specifico svolte attraverso due piattaforme vibranti; una, la cosiddetta ‘stanza sismica’, nella quale si sale, si entra e si percepisce il terremoto in tutte le sue vibrazioni così come avviene a terra o all’interno di un edificio coinvolto da una forte scossa».

Domani ci sarà un’inaugurazione formale e la sostanziale apertura alle scolaresche.
L’esposizione resterà aperta fino al 3 dicembre, e sarà visitabile dal lunedì al sabato, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18.

Ma c’è anche la sezione Io non rischio, «anche per far capire meglio ai cittadini – ha aggiunto Dolce – le problematiche del rischio sismico e quanto e cosa può fare in circostanze del genere il singolo cittadino. Del resto proprio la crescita della consapevolezza è uno degli obiettivi che la Prociv ha inteso perseguire, attraverso questa mostra e non solo».

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