La drammatica situazione dell'Iran. La parola a Neda, studentessa iraniana in Italia

La drammatica situazione dell’Iran. La parola a Neda, studentessa iraniana in Italia

La drammatica situazione dell’Iran. La parola a Neda, studentessa iraniana in Italia

martedì 07 Luglio 2009 - 10:55

Abbiamo intervistato Neda, una ragazza iraniana che da quasi un anno risiede a Milano per ragioni di studio.

Quando conosci una ragazza iraniana, la prima cosa che colpisce è lo sguardo, gli occhi. Dal 12 giugno, giorno delle elezioni elettorali in Iran, quegli occhi non hanno smesso di piangere. Essere lontano dalla propria famiglia, dai propri amici e sentirsi impotente davanti ai massacri che il proprio popolo sta vivendo, in nome di una libertà che tenta di ottenere dalla non lontana rivoluzione islamica (1979), questa è la condizione degli studenti iraniani in Italia. Una condizione che non ha ancora trovato una “voce”. Gli studenti iraniani in Italia organizzano manifestazioni “verdi” (il verde è il colore che rappresenta la democrazia per cui stanno combattendo) tra musica e poesia, per essere spiritualmente vicini alla causa della loro gente. Cammino in piazza Diaz e intravedo delle ragazze con il capo coperto dal chador. Iraniani. Stanno seduti a gambe incrociate con tante fiaccole in mano e con ai polsi dei fiocchi verdi e si chiedono perché il loro governo non evolva in una democrazia, perché sono destinati a vivere sotto un’opprimente dittatura.Si alzano da terra e iniziano a cantare nella loro lingua, il “farsi”. Vogliono che tutta l’Italia sappia che si vergognano del loro regime, dei loro politici, ma che non rinnegano la propria storia e, con orgoglio, sventolano la bandiera iraniana. Mi avvicino ad una ragazza. Si chiama Neda, come la ragazza iraniana uccisa davanti al padre durante gli attuali tumulti, diventata un martire di questa battaglia per la libertà. Mi racconta che vive in Italia da due anni, durante i quali non è mai tornata a casa. Ha prenotato il volo per andare in Iran proprio un mese fa. Le piace vivere in Italia e non preoccuparsi di come camminare, con quanto fard ha colorato le sue guance e di quanti capelli le spuntano dal chador. Tanto in Italia il chador non si indossa. Tanto in Italia c’ è una “pseudo- democrazia”.Le chiedo se le posso rivolgere qualche domanda e mi presento. Sembra contenta che, finalmente, qualcuno si interessi a quello che gli iraniani in Italia pensano e fanno.

Quando sei arrivata in Italia?

Il primo settembre del 2008.

Perché non sei rimasta nel tuo paese?

È una storia molto lunga. Da tanti anni volevo andare da mio fratello in Canada. In Iran ho fatto due volte la domanda per avere il visto, ma non me l’hanno dato.Amo l’architettura e, dopo la laurea in ingegneria edile, sentendo che l’Italia è molto famosa per l’architettura, ho deciso di venire qui. Così, ho potuto studiare quello che mi piace.

Come descrivesti l’anima dell’Iran?

Quando penso all’Iran mi viene da piangere, perché non possiamo più vedere la nostra grande cultura e la nostra grande storia. Hanno rovinato tutto quello che c’era di grande nel mio paese, ma sono contenta perché stiamo cercando, come possiamo, di curarla, mantenendo vivo quel po’ che rimane. Neda ha le lacrime agli occhi, si commuove pensando all’orrore che ogni giorno vive il suo popolo.“Basta”dice “mi viene da piangere”.

Piangi?

Sì, per quello che ti ho detto, perché penso che ogni giorno sarà peggio di quello precedente. I politici iraniani non amano l’Iran. Gli altri paesi curano il loro, come si dice?il loro patrimonio?Patrimonio.Dobbiamo uscire dall’Iran e spesso non ci torniamo più.

Che ne pensi della situazione attuale?

Non lo so, sono molto triste. Non posso dire spero che tutto vada meglio. Non posso avere un sogno per l’Iran. Ogni giorno vediamo atti orribili, vediamo tante persone, tanti studenti uccisi solo perché vogliono più libertà, solo perché gridano “Noi non siamo stupidi, noi capiamo”.

I giovani iraniani che tipo di cambiamento sperano di ottenere?

Secondo me vogliono la libertà di pensare, di scegliere quello che preferiscono nella vita. Chiedono un Iran sviluppato e valorizzato, chiedono un’ opportunità e vorrebbero rimanere nel proprio paese per viverci.Vogliono una cosa normale, nulla di strano o impossibile.

Perché solo i giovani iraniani provenienti dalla classe medio – alta lottano per la “democrazia verde” e la maggior parte di quelli provenienti dalle periferie si schierano con il regime? Com’ è possibile tale dualismo?

Secondo me, nelle zone periferiche mettono in testa ai bambini un’ ideologia piena di ignoranza. Se fin da piccolo ti impongono un pensiero, tu pensi sia l’ unico corretto. Se ti danno un tipo di cibo e mangi sempre e solo quello, non puoi scegliere e negli ambienti periferici è cosi. Costruiscono ai ragazzi un pensiero e glielo inculcano con la forza, in modo tale che non devino mai, secondo loro.

Sei in contatto con i tuoi amici e parenti, data la censura dei mezzi di comunicazione effettuata dal regime?

Si, ma non come prima. Hanno bloccato internet e i cellulari, non possiamo comunicare bene. I miei genitori devono provare molte volte a entrare in contatto con me, prima di poter parlare. Il regime controlla le e-mail, msn, tutto.La gente ha paura che ascoltino le loro telefonate e non parla tranquillamente.Forse non controllano tutti i telefoni, non lo so, ma tutti hanno paura, pensando a quello che potrebbe accadergli.

Come vivono questo momento?Sono in pericolo?

I miei parenti lo vivono malissimo perche hanno messo in prigione mio fratello ,il più piccolo. Ha 22 anni e il giorno dopo i risultati delle elezioni ha partecipato ad una manifestazione, gridando “ Voglio il mio voto!”. Mio fratello è molto in pericolo, lo hanno incarcerato ad Evin e lo hanno picchiato.(Evin è una carcere molto temuto in Iran per le torture che fanno sui prigionieri. Si trova a nord-ovest di Teheran e fu prima usato dallo scià e successivamente dal regime islamico). La sua vita è segnata e in lui rimarrà molto odio, ma ,alla fine, è soddisfatto di se stesso, perché ha avuto coraggio di fare qualcosa per cambiare questa situazione. Lui ha vinto insieme a tutti coloro che lottano ed è stato protagonista di questo orrore.

Vorresti essere lì con loro?Perché?

Si, perché è il mio paese, è la mia gente. L’Iran è importante per me,così come lo sono la sua libertà e l’opinione che il mondo ha del mio paese.Il mondo è una totalità e l’Iran viene isolato sempre di più da esso, cosi non va bene.

Cosa faresti?

Sicuramente sarei in strada, ma non a fare “atash” (fuoco). Non è una buona soluzione. Preferirei stare in strada in silenzio insieme agli altri. Una protesta senza violenza. Quel modo di manifestare sarebbe stato più sentito rispetto alle grida di un popolo pieno di rabbia, avremmo condiviso con il mondo un’ emozione più forte. Avrei manifestato come abbiamo fatto a Milano e a Firenze, Ambra,con una fiaccolata.

Trovi che l’Italia e Milano in particolare si siano interessate alla questione iraniana?

L’Italia non aiuta l’Iran. Noi abbiamo manifestato molto a Milano, ma non abbiamo visto nessuno che ci chiedesse perché facessimo quelle manifestazioni.Nessuna figura politica è intervenuta ai nostri incontri.A Firenze il sindaco ha detto anche noi siamo tristi per voi e le vostre famiglie, siamo con voi.Noi vorremmo far capire al mondo chi siamo e che questo presidente non l’ abbiamo scelto, questa non è la nostra politica.Vorremmo fare capire i brogli elettorali,ma forse per gli italiani non è interessante.

Quali sono le tue speranze?

Quando ero in Iran volevo uscire dal mio paese per conoscere il mondo,non potevo immaginare che l’Iran fosse così importante per me e che mi mancasse a tal punto.Vivendo qua ho capito che il modo di vivere in Iran è molto distante da quello iraniano.Sono molto preoccupata e non vedo niente di buono, sono piena di nervosismo, tristezza e paure.Vedo tutto nero, ma spero che il mondo veda tutto il sangue versato e tutte le persone imprigionate e capisca che il popolo iraniano non è Ahmadinejad. Vogliamo una vita libera e tranquilla per scegliere e pensare. Scegliere cosa leggere, cantare, studiare, scrivere. Tutto in Iran è vietato.

Tornerai nel tuo paese? Ci vorresti vivere in futuro?

Si, mi piace tanto ma non lo so,posso o non posso?Tutti i miei amici sarebbero voluti tornare in Iran quest’estate, ma hanno annullato il volo.

Odi Ahmadinejad?

Non lui, la sua politica. Lui è solo una persona.In realtà non è il solo a comandare, ma non si capisce bene chi prende realmente le decisioni.Sono in tanti a fare quest’ Iran. Una persona sola non può fare tutto questo.

Questo gruppo trova consensi nel popolo?

Loro non sono il popolo, non hanno molta gente dalla loro parte.Forse un po’, ma dopo l’attuale comportamento hanno perso molti consensi. È naturale, ammazzano una figlia davanti ad un padre. Prima alcuni pensavano che Ahmadinejad fosse una persona del popolo e che provenisse da esso.

Perche i politici mettono politica e religione insieme?

Secondo me, usano la religione perché gli iraniani sono un popolo credente e cercano in questo modo di controllarne le menti. Il regime compie degli atti mostruosi “in nome di Dio”, ma nella nostra religione uccidere, picchiare e anche dare del “bugiardo” è una cosa bruttissima.

Il tuo Khodà (Dio) vorrebbe questo?

No. Khodà insegna che tutti nel mondo si devono amare. Adesso sta piangendo per noi e per come usano il suo nome. Un poeta persiano dice che Dio ha tanta pazienza.

Hai altro da raccontarmi?

Non ho altro da dirti, la mia testa è piena di pensieri. Vorrei solo vedere la mia famiglia e mio fratello.

In Photogallery alcuni scatti realizzati da Neda durante le manifestazioni di Milano

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