Peppino Impastato, un uomo che attraverso la satira sfidò la mafia e trovò la morte

Peppino Impastato, un uomo che attraverso la satira sfidò la mafia e trovò la morte

Redazione

Peppino Impastato, un uomo che attraverso la satira sfidò la mafia e trovò la morte

venerdì 09 Maggio 2008 - 16:27

Trenta anni dall'uccisione del militante di Democrazia Proletaria. Diverse le manifestazioni organizzate in tutta Italia per ricordare la sua figura

Oggi ricorre il trentesimo anniversario della morte di Peppino Impastato, il militante di Democrazia proletaria, fondatore e voce di Radio Aut, che fu ucciso dalla mafia la notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978 sui binari della ferrovia che collega Cinisi a Palermo. E’ proprio nel centro a 30 km da Palermo sono diverse le manifestazioni per ricordare un uomo, che attraverso la satira sfidò la mafia e che oggi viene ricordato in tutta la nazione.

LA STORIA DI PEPPINO IMPASTATO

Giuseppe Impastato nasce a Cinisi (Palermo) il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa con la quale non riesce a convivere. Ancora ragazzo rompe con il padre e inizia la sua attività politico culturale che lo portò a fondare -L’idea Socialista-, ad aderire al -Psiup-, ad avere ruoli da dirigente nei gruppi di sinistra e a condurre battaglie per il suo territorio e per tutta la Sicilia. Dopo la -separazione- dalla -famiglia-, l’altra svolta nella vita di Peppino avviene quando nel 1976 fonda -Radio Aut-, attraverso la quale, in maniera assolutamente irriverente, denuncia affari e uccisioni delle cosche di Cinisi e Terrasini e particolarmente il boss Gaetano Badalamenti. Due anni dopo si candida al consiglio comunale e viene eletto -da morto-: sì, perché durante la campagna elettorale, viene ucciso da un carica di tritolo pogiata sopra il suo corpo lasciato sui binari della ferrovia, ma nonostante ciò gli elettori segnano il suo nome eleggendolo e dando un segnale forte. In un primo momento però l’uccisione non creò lo scalpore dovuto, forse perché nello stesso giorno veniva ritrovato senza vita anche il presidente Aldo Moro. L’inchiesta viene inzialmente accantonata parlando di terrorismo, ma con la collaborazione della madre Felicia Bartolotta e del fratello Giovanni (che si slegano pubblicamente dalla criminalità organizzata) e dai compagni di partito, qualche anno dopo venne riaperta, prendendo in seria considerazione la matrice mafiosa, riconosciuta poi ufficialmente nel 1984 dall’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, ma attribuita ad ignoti. Sempre a seguito di sollecitazioni, nel 1996, l’inchiesta viene ripresa a seguito delle dichiarazioni del collaboratore di Giustizia Salvatore Palazzolo, che indicò in Tano Badalamenti il mandante dell’omicidio, insieme al suo braccio destro Vito Palazzolo. Ma solo dopo diversi anni, il 5 marzo 2001, la Corte d’assise riconosce Vito Palazzolo colpevole e lo condanna a 30 anni di carcere, mentre l’11 aprile 2002 Badalamenti viene condannato all’ergastolo.

LE MANIFESTAZIONI DI OGGI

Numerose le iniziative in tutta Italia che si sono susseguite in questi giorni e si concluderanno oggi. Particolarmente -viva- la sua Cinisi: la

manifestazione principale è la -marcia di solidarietà- che si snoderà dalla sede che un tempo ospitava -radio Aut- a Terrasini, fino a Corso Umberto, davanti all’abitazione della Famiglia Impastato. All’evento saranno presenti associazioni antimafia, società civile, la Cgil e anche un rappresentanza del circolo Prc -Peppino Impastato- di Messina. La giornata prevede anche l’attracco a Terrasini della barca a vela -Martinez…Impunito-, che dal 14 aprile ha toccato tutti i più importanti porti italiani (passata anche da Messina). Infine si terrà un dibattito sulla -libera comunicazione-, per sottolineare quanto sia importante, ricordando l’esperienza di Impastato. Ma non solo la Sicilia; Torino, Anzio, Avezzano, dove i coordinamenti delle associazioni di -Libera-, contro le mafie, si sono impegnati attraverso forum, dibattiti ed incontri a raccontare, denunciare e manifestare la propria voglia di cambiamento.

I COMMENTI

La capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro: -Ricordare oggi, a trent’anni dal suo omicidio, Peppino Impastato non è un atto dovuto o una cerimonia. Chi ha a cuore il cambiamento della Sicilia, chi vuole continuare a combattere le ingiustizie e la mafia sa che e’ nell’esempio e nella memoria di Peppino Impastato che si trovano le motivazioni profonde di un impegno civile e di un rigore morale che sono condizioni essenziali per sconfiggere la mafia. Lo Stato e le forze dell’ordine tanto hanno fatto in questi anni per combattere la criminalità organizzata, una cancrena che impedisce la crescita e lo sviluppo della nostra terra. Ma senza l’impegno convinto di larghi strati della societa’, senza un cambiamento concreto della mentalità e della cultura civile lo Stato da solo può poco. E qualcosa per fortuna sta cambiando. L’impegno della Confindustria siciliana, l’atteggiamento di molti commercianti e artigiani che rifiutano di pagare il pizzo, un movimento complessivo dell’opinione pubblica che si sta ribellando ad un gioco ancestrale sono sintomi importanti che richiamano direttamente l’esempio di Peppino Impastato-.

Il segretario generale Cgil Sicilia Italo Tripi: -Dopo trent’anni la mafia non è ancora sconfitta anche se lo scenario si è profondamente modificato. Oggi sono soprattutto i grandi fermenti positivi che vengono dalla società civile a togliere tutti gli alibi. C’è una crescente richiesta di legalità che va assecondata con una forte azione della politica tesa a scardinare gli intrecci della mafia con la politica stessa e con l’economia. L’essenziale opera di repressione di magistratura e forze dell’ordine da sola non basta ed è questo oggi, il messaggio che vogliamo mandare alle istituzioni e ai nuovi governi, del paese e della regione. Dal canto nostro l’impegno antimafia viene riconfermato come prioritario per dare una vera prospettiva di sviluppo, nella garanzia di diritti fondamentali come quello al lavoro e alla serena convivenza civile e democratica, alla nostra Sicilia-.

La responsabile del coordinamento di Legambiente Agrigento Claudia Cesa: -Oggi Peppino avrebbe sessanta anni e sarebbe sicuramente contento e soddisfatto di tutto quello che in Sicilia si è fatto e si continua a fare per la lotta alla mafia. Sarebbe orgoglioso di vedere i ragazzi di -AddioPizzo-, impegnati nella lotta al racket, o gli imprenditori siciliani onesti che quotidianamente denunciano le sopraffazioni della mafia. Questa è la strada che Peppino ha indicato e questa è la strada dove i giovani perbene siciliani devono camminare per far sì che la Sicilia possa riscattarsi.-

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