Tagli alla ricerca: una scelta imprudente e miope

Tagli alla ricerca: una scelta imprudente e miope

Tagli alla ricerca: una scelta imprudente e miope

martedì 21 Ottobre 2008 - 16:06

Il governo italiano duramente contestato dall'autorevole rivista Nature, nell'articolo tradotto per noi dal prof. B. Ginatempo

Dopo gli scienziati e ricercatori italiani, in piazza a migliaia per protestare, anche la prestigiosa rivista ‘Nature’ scende in campo contro la decisione del governo Berlusconi di risparmiare a spese della ricerca italiana, già tanto anemica di fondi da porci agli ultimi posti in Europa per quanto destinato (praticamente quasi i decimi dopo le virgole, ovvero un vergognoso 1,1%, meno della metà di ciò che Paesi confrontabili, come la Francia e la Germania, destinano al sapere). E vista l’autorevolezza della rivista nel mondo, non ci facciamo certamente una bella figura. Ben 2000 ricercatori ora rischiano il posto, “l’ossatura degli istituti di ricerca nazionali grossolanamente sottodimensionati- – scrive la prestigiosa rivista – “e circa la metà dei quali già vincitori di concorso per posti a tempo indeterminato-. Non è la prima volta che Berlusconi ha nel mirino le Università, avendo firmato in Agosto un decreto che taglia i bilanci delle università del 10% e consente di rimpiazzare solo una su cinque delle posizioni accademiche vacanti. Consente pure alle Università di convertirsi in fondazioni private, per procurarsi entrate addizionali. Dato il corrente clima, i rettori delle Università credono che quest’ultimo passo sarà usato per giustificare ulteriori tagli, e li costringerà ad abolire corsi di laurea con poco valore commerciale, come i corsi di letteratura classica o anche le scienze di base. Il decreto, che sta per essere convertito in legge, rappresenta per la rivista ‘Nature’ l’ennesimo “attacco alla ricerca di base italiana imprudente e miope. Il governo ha trattato la ricerca solo come un’altra spesa da tagliare, quando nei fatti essa dovrebbe essere vista come un investimento per costruire l’economia della conoscenza del ventunesimo secolo.- Nel contempo, il ministro per l’Istruzione, Università e Ricerca, Mariastella Gelmini, ha taciuto su ogni questione correlata al suo ministero, eccetto le scuole secondarie, consentendo che maggiori e distruttive decisioni governative venissero applicate senza sollevare obiezioni e rifiutando d’incontrare ricercatori ed accademici per ascoltare le loro preoccupazioni o per spiegare loro le politiche che sembrano richiedere il loro sacrificio. “Ella non ha neppure delegato un sottosegretario per farsi sostituire in questo compito.- – continua l’articolo.

Le organizzazioni scientifiche interessate dal progetto di legge sul bilancio pubblico, sono state invece ricevute da Renato Brunetta, ministro della Pubblica Amministrazione e dell’Innovazione. Brunetta conferma che poco si può fare per fermare o cambiare il progetto – anche se esso è ancora in discussione nelle Commissioni parlamentari, e non è stato votato da entrambe le Camere. In un’intervista ad un quotidiano, Brunetta “ha anche apostrofato i ricercatori capitani di ventura, cioè i mercenari avventurieri del Rinascimento, dicendo che dar loro posti di lavoro permanenti sarebbe ‘un po’ come ucciderli’. Questo- – conclude l’articolo della nota rivista internazionale – “stravolge un’istanza che i ricercatori gli hanno spiegato, cioè che la base scientifica di ogni paese richiede un rapporto virtuoso fra i numeri dei lavoratori permanenti e temporanei, con quest’ultimi, che circolano fra solidi, ben equipaggiati, permanenti laboratori di ricerca. In Italia, come gli scienziati hanno cercato di dire a Brunetta, questo rapporto non è virtuoso.- Un governo lungimirante dovrebbe considerare, quindi, ben più dei guadagni a breve termine portati mediante un sistema di decreti reso facile da ministri compiacenti e che prevede solo dei tagli. Se esso vuole preparare un futuro realistico per l’Italia, come dovrebbe, non deve rifarsi ad un passato lontano, ma cercare di capire piuttosto come la Ricerca funziona oggi in Europa, a meno che la volontà reale non sia solo quella di distruggere la conoscenza e preparare un futuro decadente di meri consumatori incoscienti ed inconsapevoli.

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