‘Anche voi siete stati stranieri': una ‘Magna Charta' per il cambiamento

‘Anche voi siete stati stranieri’: una ‘Magna Charta’ per il cambiamento

‘Anche voi siete stati stranieri’: una ‘Magna Charta’ per il cambiamento

giovedì 04 Dicembre 2008 - 15:43

Conclusa a Messina l'interessante due giorni biblica con una proposta in itinere: la compilazione di un documento da inviare alle Chiese per una svolta più radicale in favore degli 'Ultimi'

Si sono conclusi nella giornata di sabato scorso, 29 novembre, i lavori della I edizione della due giorni di riflessione biblica intitolata “Anche voi siete stati stranieri (Esodo 22, 21). La Chiesa sceglie di stare dalla parte dei poveri-, organizzata insieme dall’associazione ecumenica “E. Cialla-, dalle associazioni “Terra e Cielo- e “Nuovi Orizzonti-, dalla Chiesa Valdese, dalla Gifra (Gioventù Francescana), dall’Ufficio Migrantes, dall’Arci, dalla Caritas, dal Meic – Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale -, dalla cooperativa sociale “Scirin- e dalla Comunità di San Luca, in collaborazione con il Cesv – Centro Servizi per il Volontariato di Messina – e che si è svolta presso l’aula Salvatore Pugliatti della facoltà di Giurisprudenza di Messina. Nella terza sessione dei lavori, eseguiti nel pomeriggio, dalle ore 15 e 30 fin quasi alle 20, il docente dell’Università di Catanzaro e presidente del Cesv, Nino Mantineo, ha effettuato un riepilogo del lavoro svolto nelle due precedenti sessioni e sul quale, su queste stesse pagine virtuali, abbiamo fornito ampia relazione e che trovate ancora in rete, ed ha introdotto il teologo ospite di quest’ultima sessione, Padre Carlo Molari, il quale è intervenuto sul tema ‘Cristo ha scelto i poveri: e la Chiesa?’

Elogiando e condividendo lo spirito del Concilio Vaticano II e la sua applicazione anche nei termini di nuovo metodo teologico, che deve corrispondere, quale riflessione, all’esperienza che la comunità ecclesiastica fa nel mondo, il padre ha sottolineato la necessità di cogliere, come credenti, le incidenze dell’azione di Dio e la misura con la quale questa è accolta. “La nostra specie è sulla terra da poco più di 150mila anni- – ha ricordato Molari – “un lasso di tempo relativamente brevissimo se paragonato alla stessa esistenza della terra, che data circa 4 miliardi di anni. La ragione della scelta di Gesù dev’essere quindi individuata sempre in riferimento all’azione di Dio – nei termini di ciò che definiamo ‘Orizzonte teologale’, altrimenti la scelta dei poveri, che comunque è fondamentale, rimane un’attività positiva e buona ma non esprime né rivela un Dio preesistente alla stessa venuta sulla terra dell’uomo. Gesù stesso- – prosegue il teologo – “mette costantemente al centro della sua attività il Regno di Dio. La caratteristica medesima della ‘Nuova Alleanza’ di cui la Bibbia e Gesù Cristo stesso ci parlano, consiste già nell’interiorizzazione della Legge divina. ‘Non dovranno più istruirsi l’un con l’altro: tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande’-.

L’essenza del Magistero però – condivide Molari, concordando in questo con Padre Scalia, teologo gesuita che si era espresso nella seconda e mattutina sessione della due giorni – dovrà essere colta nell’ascolto, nel confronto e nella stimolante proposizione del cammino per tutti i credenti e per la Chiesa medesima che, se non permette il risuonare di parole nuove all’interno di sé, rischia di rimanere muta. Gesù, ‘buon bastian contrario’ anche ai suoi tempi, introduce inoltre un valore fondamentale che tutte le Chiese precedenti alla Sua venuta sulla terra non avevano colto: quello del perdono. Esso è il valore caratterizzante e fondante dell’intero Cristianesimo, totalmente assente prima. ‘La reincarnazione del Cristo’ – continua il teologo – non si è realizzata in un istante: è un processo che si conclude con la Resurrezione, in cui la croce diviene il rifiuto della proposta quale dimensione terrena, mentre la vita spirituale ed il Regno divengono definitivi: una lezione da interiorizzare per gli uomini! Solo laddove l’azione nella nostra terra- – conclude padre Molari – “viene compiuta per la fede, rivela la propria forza, che è la forza creativa di Dio ed essa conduce alle vere ricchezze umane, che non sono quelle effimere dei beni materiali. Noi siamo l’ambito in cui Dio cerca di esprimersi e Gesù stesso lo sa bene, così come la persona spirituale è consapevole a sua volta che il bene lo compie Dio, attraverso sé stesso. Lo stesso sviluppo della vita non può dipendere dai beni materiali: l’idolatria dei beni non è ragione di vita e rappresenta anzi un ostacolo alla nostra entrata nel Regno. Il compito che abbiamo sulla terra é anche quello di mantenere viva la coscienza critica dell’idolatria, che ha colpito tutti coloro rimasti affascinati dal potere e dalla ricchezza fine a sé stesse o al dominio degli altri (le 3 concupiscenze di cui parla Giovanni), fino a non avvertirne quasi più scandalo. Il buon credente si serve invece della propria ricchezza materiale per alleviare le sofferenze dei propri fratelli e per cambiare le dinamiche oppressive poste in essere nei confronti dei più sfortunati e fa di tutto per mantenere viva la forza agapica della Chiesa finalizzata al Regno di Dio che ‘non è di questo mondo’-. Il primo dei previsti interventi programmati, nel segno delle esperienze nella città di Messina, è stato quindi di Giuseppe Lipari, della Comunità di San Luca. Lipari ha condannato verbalmente l’autoreferenzialità della Chiesa messinese e l’ha esortata a compiere dei passi avanti in futuro nei termini di quell’ascolto che, unito all’accoglienza per i ‘più piccoli’, di cui ‘è il Regno’, è valore fondante del Cristianesimo. Ha poi stigmatizzato l’enfasi dei mass-media con la quale si scagliano, montando alcune notizie spesso marginali, quando non addirittura inesistenti ed inducendo pericolosi atteggiamenti razzisti nella platea degli ascoltatori ed ha poi sottolineato il fatto che il ceto politico dovrebbe mostrarsi più sensibile nei confronti di coloro, i più sofferenti, che spesso dimentica o di cui si occupa solo marginalmente, perché meno incidenti in termini elettoralistici. Nino Mantineo, condividendo tali parole, si è unito allo stesso polivalente appello lanciato da Lipari, ricordando il fatto che nessuno di noi può ritenersi, in questo mondo, totalmente autosufficiente. Il dr. Salvatore Rizzo, della cooperativa sociale ‘Ecos-Med’, da operatore sociale e ricercatore ha rivelato i dati di un’interessante analisi sull’evoluzione del fenomeno delle donne vittime della ‘Tratta’. Un gruppo di ricerca, coordinato appunto da Ecos-Med, ha condotto degli studi sul fenomeno della prostituzione in Sicilia e in Calabria, che ha visto coinvolti diversi attori sociali ed istituzionali. “Quello della ‘Tratta’- – ha commentato Rizzo – “è un fenomeno che tende a rimanere nascosto. Incrociando i nostri dati con quelli di studi analoghi condotti dalle Università di Trento e di Milano siamo giunti al numero di 54.559 soggetti censiti ed abbiamo notato come in Sicilia ci sia stato un aumento rilevante delle cifre negli ultimi sei-sette anni. Abbiamo inoltre notato la tendenza- – ha proseguito il ricercatore – “ di un’attività prostitutiva che, dalla strada, si sta progressivamente trasferendo al chiuso, dove l’attività è comunque gestita dalle grosse organizzazioni criminali, che affittano locali dove poterla esercitare. Alle vittime della prostituzione ed ovviamente della ‘Tratta’, sono spesso sequestrati i documenti e coloro che esercitano in Sicilia, sono purtroppo in larghissima misura costretti a farlo da criminali, ovvero non è neanche quasi mai una loro libera scelta. Rileviamo inoltre che negli ultimi tempi le Istituzioni hanno posto la possibilità a coloro che decide di collaborare e denunciare i loro persecutori, di ottenere in cambio un permesso di soggiorno ma tale opzione non agisce, al contrario di ciò che si pensi, come incentivo, perché è a volte esercitato, nei confronti di soggetti deboli, quasi con la valenza di un ricatto: ‘O tu mi aiuti e denunci i tuoi aguzzini o il permesso di soggiorno non ti verrà concesso’, costringendo le vittime ad una sorta di doppio ricatto, da un lato delle organizzazioni criminali, dall’altro di poteri dello Stato. In Sicilia, il fenomeno è policentrico ed i flussi sono rilevanti, soprattutto nella direzione delle due aree metropolitane di Catania e Palermo e ciò è comprensibile, poiché nelle aree metropolitane è più facile sia far disperdere il fenomeno, rendendolo meno evidente e nello stesso tempo si trovano più facilmente gli alloggi. Non sembra apparire una relazione fondamentale- – ha concluso Rizzo – “tra i flussi migratori tradizionali e quello delle donne destinate poi alla prostituzione: le rotte privilegiate sembrano essere quelle alternative, scegliendo altri canali perché ritenuti meno appariscenti e più sicuri. Fermo restando, invece, che il fenomeno del ‘badantato’ si accompagna spesso ad un tipo di sfruttamento sessuale, che è sostenuto da soggetti o da intere famiglie, con l’accordo spesso della delinquenza. Con i fondi dell’8 per mille- – è stata l’ultima comunicazione dell’operatore e ricercatore sociale – “stiamo tentando di ristrutturare un appartamento che destineremo a luogo sicuro per le donne che intendono uscire dallo sfruttamento: sogniamo un sostegno e l’adozione sociale di questo progetto da parte della comunità locale.- “I poveri quale ‘teofania’, manifestazione medesima di Dio- – ha aggiunto Nino Mantineo, che ha coordinato l’intera sessione pomeridiana e serale di riflessioni – “avvertono più profondamente di altri, in sé stessi, il dramma di Dio, che nessun Dio vuole. Al di là della fede è quindi necessario costituire un’umanità nuova ed un mondo più giusto-. Carmen Cordaro, avvocata e presidente dell’Arci, Comitato Territoriale di Messina, ha sottolineato la necessità dello sviluppo di una controinformazione nei confronti di un’informazione di fatto omologata. “E’ importante produrre una diversa cultura, che non sia omologata, della quale questo seminario è uno splendido esempio- – ha affermato la Cordaro – “Il razzismo è un veleno sottile che s’insinua in molti gangli della società civile, per cui ci si rende conto come non sia più tempo di stare ad osservarlo da soli mentre produce altri danni. Correlandomi all’intervento di Salvatore Rizzo, che ho molto apprezzato- – ha sostenuto l’avvocata e presidente Arci – “fornisco dei dati che provengono dalla nostra esperienza con la comunità Rom e nei Cpt che abbiamo visitato. Confesso un nostro stesso peccato di autosufficienza e d’orgoglio, compiuto nel nostro lavoro con i Rom, proprio per i limiti imposti alla nostra volontà – non più sufficiente per affrontare problematiche sempre più complesse nella società moderna – con la quale tentavamo di risolverli da soli. Ci siamo trovati di fronte a problemi che richiedevano, per essere risolti, un approccio pluridimensionale e con difficoltà che è bene rivelarsi l’un l’altro, affinché gl’interventi degli operatori più vari s’incontrino in sinergia, per produrre una maggiore forza. Abbiamo dovuto affrontare una realtà piena di varie sfaccettature, famiglie patriarcali nelle quali il ruolo della donna, che a volte non sa né leggere né scrivere, è rimasto in condizioni primordiali e che credevamo superate. Abbiamo dovuto fare i conti anche con un tipo di violenza, che la donna subisce ma che accetta come fatto naturale, all’interno della propria cultura comunitaria. Rileviamo poi un aumento delle donne nigeriane tra le immigrate e, pur concordando con i dati espressi prima da Rizzo sull’apparente marginalità del fenomeno nelle vie più battute dall’immigrazione, riveliamo, per nostra esperienza, il fatto che spesso le donne immigrate, nei luoghi destinati ad una prima raccolta o anche successivamente, subiscono dei veri e propri ‘agganci’, da parte di soggetti criminali, per entrare nel ‘circuito’ della prostituzione e della ‘Tratta’. Stigmatizziamo il fatto- – ha proseguito la Cordaro – “che il governo abbia tolto le autorizzazioni a recarsi presso i Ctp a noi dell’Arci e ad Msf e, al contempo, l’assenza dei mediatori culturali, fondamentali specialmente nei primi approcci con persone che giungono da posti lontani, non conoscendo né la lingua né il modus vivendi dei luoghi in cui si vengono a ritrovare. Essi, sempre più spesso, vengono allocati in strutture provvisorie, dalle quali molti spariscono o nelle quali sono lasciati a sé stessi.- La presidente Arci ha infine lanciato una proposta: “Dobbiamo operare insieme per modificare radicalmente, nel nostro territorio, l’attuale campo Rom, composto di nomadi originari del Kossovo ed abituati, contrariamente a ciò che si dice dei rom in genere, a vivere nelle abitazioni, che la guerra ha loro distrutto. Dobbiamo fare pressioni, nei confronti del Comune, affinché essi non siano però ricollocati tout court in un altro campo e dobbiamo batterci affinché tutti gl’immigrati, non solo i regolari, siano dotati di un titolo o di un permesso umanitario, poiché senza di essi non è possibile per loro ottenere alloggi-. L’esponente del Meic – Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale -, Dino Calderone ha cominciato il proprio intervento, ponendo le premesse da un concetto espresso in una lettera di Don Milani, dalla quale si rileva come alcuni ‘eretici per difetto’ rischino la scomunica, mentre alcuni di coloro che lo sono ‘per eccesso’ fan carriera all’interno delle Istituzioni ed ha inoltre lamentato lo svuotamento dello ‘spirito di Assisi’ che ha contribuito notevolmente a far brillare il pontificato di Giovanni Paolo II, insieme ai ‘Mea Culpa’ del Giubileo da parte di quest’ultimo, in rappresentanza dell’istituzione ecclesiastica. “Come cattolico sono amareggiato- – ha detto con rammarico Calderone – “poiché la difficoltà del dialogo con l’altro non deve farci rinunciare alla sua conoscenza ma anzi deve costituirne motivo di ulteriori spinte. In questo particolare momento, in un clima da Islamofobia, alimentata continuamente dal terrorismo, sarebbe importante sostenere e produrre degli esempi di positiva comunicazione. Abbiamo avanzato la richiesta di una scuola islamica per i figli degli immigrati alle Istituzioni, che hanno fatto orecchie da mercante. Fare leva sulle negatività evidentemente rende di più- – commenta sconsolato l’esponente del Meic – “mentre, invece, dovremmo rimetterci in cammino, nella direzione indicata dal Concilio, del quale io resto un entusiasta e fervente sostenitore.- Il compito di concludere la sessione di riflessioni è stato affidato alla docente di Filosofia dell’Università di Messina, Caterina Resta, che ha parlato a nome della Comunità scientifica e di sé stessa e ribadendo la sua totale estraneità a confessioni, partiti o chiese. In tale veste di ‘spirito libero’, la docente s’è incentrata in una complessa riflessione sulla questione dirimente dell’Identità, che lo ‘straniero’ mette in discussione suo malgrado e per la quale ‘io’ non posso essere ‘altro’ se non ‘a partire dall’altro’. “L’incontro con lo straniero- – afferma la Resta – “lo stesso doverci vivere accanto, ci costringe ad una risposta che può essere esercitata nei due sensi: rifiuto quasi della sua stessa presenza, come sta accadendo, costringendolo ai margini e conseguentemente riducendoci ad una difesa da lui, espressa in termini di vera e propria barricata, con tutti i timori e la sottocultura che fatalmente accompagna tale gesto. O, in modo più maturo, che ci spinge a rimetterci in gioco ed a ridiscuterci, nella nostra identità raggiunta ed a costituirne una nuova che possa accogliere la precedente in una più ampia o persino negarne parte o negare per intero quella che avevamo costituito.- Nulla è più scontato: lo straniero ci fa aprire gli occhi e ci conduce verso una realtà, più lontana dall’utopìa che avevamo costituito ma infinitamente più vera. In sede di dibattito, ha trovato le conferme dei credenti in sala, lo spirito di rinnovamento che ha pervaso l’intera ‘due giorni biblica’ di riflessioni. Molto intensa è stata la testimonianza di un giovane immigrato tunisino, residente in città da 6 anni che, senza togliere nulla alle altre riportate nel dibattito, vogliamo ricordare in particolare: “Arrivando qui, aggrappandomi quasi impaurito all’unica persona italiana che conoscevo e che tanto mi ha aiutato, il volontario Santino Tornese– – relatore nella prima sessione della riflessione – “e conoscendo via via tante persone, sono giunto a mettere in dubbio molte delle cose in cui credevo- – ha confessato il giovane – “ e mi sono reso conto come nella vita non ci sia mai nulla di scontato. L’immigrato, giungendo in un luogo che non conosce, tra persone di cui non sa nulla- – ha concluso – “può essere paragonato ad un bambino che per la prima volta comincia a camminare e che ha bisogno che qualcuno lo aiuti ma che al tempo stesso non lo consideri come un bimbo affetto da deficit motori: ora riesco a camminare da solo e anche ad essere d’aiuto agli altri. La mia vita è ricominciata qui.- La lettura da parte della credente Enza Merlo di una bozza del documento, da discutere insieme, sui lavori della due giorni biblica, che sarà inviato a tutte le Chiese ma anche alle Istituzioni ecclesiastiche, quale rinnovata e propositiva azione al basso dei credenti in cammino per il cambiamento della società, nei termini di maggiore giustizia economica e sociale, ha quindi momentaneamente concluso i lavori.

Rendiamo noto il contenuto del documento, che trovate in calce a questo stesso articolo:

I migranti e le ingiustizie, documento aperto dei gruppi e comunità cristiane di Messina,

tratto dalle riflessioni comunitarie sulla Parola e le esperienze dell’oggi a conclusione della due giorni di riflessione biblica sul tema dei migranti, in programma presso la facoltà di Giurisprudenza, 29 e 30 novembre, su iniziativa di una rete di associazioni messinesi:

L’attuale situazione drammatica ed epocale del movimento dei popoli poveri verso l’occidente investe immediatamente la nostra terra di Sicilia e, dunque, le nostre comunità. Come cristiani percepiamo questo momento come una sfida da raccogliere, una domanda a cui dare risposta.

Infatti, “è compito dei cristiani annunciare la Parola, per ripetere con Gesù: lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore- (Christifideles laici, 13).

Le Chiese di fronte ai poveri e agli stranieri non possono restare indifferenti, né possono limitare il loro impegno ad un ruolo di supplenza di quanto dovrebbe essere svolto dalle istituzioni pubbliche. Per le Chiese la motivazione più autorevole per chiedere la tutela dei diritti dei migranti è costituita dalla Parola, quella della Bibbia. Così: “Non sfruttate né opprimete lo straniero, perché voi stessi siete stati stranieri in Egitto- (Esodo, 22, 20). Così, l’appello in favore della parità di diritti dello straniero: “Non deviate il corso della giustizia a danno di uno straniero o di un orfano…non dimenticate che anche voi siete stati schiavi in Egitto e il Signore nostro Dio vi ha liberati di là- (Deuteronomio, 24, 17 e ss.). Ed, ancora, l’invito ad amare lo straniero: “Quando uno straniero si stabilirà nella vostra terra, non opprimetelo; al contrario, trattandolo come se fosse uno dei vostri connazionali, dovete amarlo come voi stessi. Ricordatevi che anche voi siete stati stranieri in Egitto. Io sono il Signore vostro Dio- (Levitico 19, 33).

E’ Gesù, il Salvatore che incarna l’uomo che si è accompagnato alla donna straniera, come la Samaritana, allo straniero, come il centurione per essere con lui compagno di viaggio, pellegrino, che si prende cura, che prova com-passione, si intenerisce e patisce di fronte della sofferenza; accoglie e guarisce.

Di fronte ad affermazioni come queste, come chiese siamo chiamati a riconoscere il nostro peccato. Sebbene, infatti, le norme in favore dello straniero costituiscano una linea non marginale dell’etica biblica, esse hanno avuto scarsa applicazione nella catechesi e nella prassi. Si può, piuttosto, ritenere che la rimozione di questi passi biblici sia una delle ragioni per cui l’Europa che vorrebbe richiamarsi alle radici cristiane stia cedendo ai nazionalismi e alla xenofobia.

Le conseguenze della crisi economica, del modello tanto celebrato di economia globalizzata, fondata e retta da un capitalismo e dal sistema finanziario senza regole, non possono essere scaricate sui poveri e sugli stranieri. Di fronte alla tragica portata del sottosviluppo economico e alle tante responsabilità accumulate dal ricco Occidente va certamente ripensata la cooperazione ai programmi di sviluppo, troppo spesso orientata agli interessi delle Istituzioni statali, internazionali e, finanche alle organizzazioni non governative. Va avviata una cooperazione che metta al centro le reali esigenze dei popoli e dei poveri della terra, per una più equa distribuzione dei beni della terra e per uno sviluppo eco-sostenibile.

Nella situazione italiana proviamo vergogna e denunciamo la deriva xenofoba e razzista che si avverte non solo nei più recenti indirizzi e provvedimenti legislativi – fra tutti la schedatura dei rom, la denuncia da parte dei medici degli assistiti-non regolarizzati, il reato di favoreggiamento per chi affitti un alloggio ai migranti e le classi-ponte per i bambini stranieri- ma anche per i tanti, troppi segni di un clima di violenza e di disprezzo verso i più deboli e le minoranze culturali e sociali, che produce schiavitù, nazionale e transnazionale, nel lavoro e nell’uso del corpo di migranti, donne e bambini .

Di fronte a tanta disumanità siamo chiamati ad essere testimoni credibili di un vangelo d’amore e della scelta preferenziale dei poveri. Non c’è chiesa che non sia dalla parte dei poveri, che non costruisca con loro, qui ed ora un Regno d’amore, mondo altro rispetto a quello fondato sulla forza, la sopraffazione ed il primato del dio-denaro.

Come cristiani della Chiesa di Messina vogliamo far sentire la nostra fraternità ai poveri di questa città: ai troppi disoccupati; ai precari, a chi rischia di perdere il lavoro e a chi non viene retribuito pur avendolo; a chi da cento anni è senza casa, ai giovani che rivendicano un lavoro qui per coltivare la di speranza di rimanere e non emigrare.

Conclusioni

Alla luce della Parola della Bibbia, le Chiese e i gruppi riuniti fanno discendere la necessità di adottare le misure che seguono, a favore dei cittadini migranti:

– Riconoscere a tutti, prescindendo dal loro status giuridico, i diritti fondamentali legati alla dignità della persona umana (art. 2 della Costituzione), con particolare riguardo al diritto alla salute, alla tutela giuridica, all’istruzione, in ispecie dei minorenni;

– Garantire il diritto di asilo (art. 11 della Costituzione)e la condizione di rifugiati per tutti coloro che ne abbiano diritto, fuggendo da terre di guerre, discriminazioni, violazione dei diritti umani;

– Consentire di regolarizzare la posizione relativa al soggiorno e al lavoro dei migranti che la esercitano in condizioni irregolari;

– Provvedere a regolamentare il lavoro stagionale,dando garanzie di sicurezza sui luoghi di lavoro, una giusta retribuzione ai tanti lavoratori migranti oggi tenuti responsabilmente in condizione di irregolarità;

– Riconoscere a tutti coloro che risiedono e lavorano il diritto al ricongiungimento famigliare;

– Garantire il diritto all’abitazione per gli immigrati, anche attraverso forme di agevolazione finanziaria, attraverso le cooperative edilizie e gli alloggi sfitti e non abitati;

– Rivedere la politica di cooperazione internazionale dell’Italia, destinando una percentuale almeno dell’1 per cento del PIL a questo capitolo di spesa; favorire, inoltre, forme di cooperazione decentrata e progetti di collaborazione tra enti locali e comunità dei paesi in via di sviluppo. Tutte le forme siano comunque sotto il controllo pubblico nella gestione, nella rendicontazione e nella valutazione degli interventi;

– Incrementare le forme di sostegno economico ai cittadini stranieri impegnati in Italia in attività di studio e di formazione professionale.

– Cancellare dal nostro dizionario la parola clandestino ed invitare il mondo dell’informazione ad utilizzare l’altro di cittadino migrante;

– Chiudere tutti i Centri Temporanei di Accoglienza, che sono veri lager ed affidare ad organismi di volontariato laici e cristiani spazi di accoglienza vera, ispirati non a criteri di polizia ma di umanità e reciprocità.

Tutti i credenti siamo chiamati a vigilare sulla sollecita ed efficace adozione di tali misure. Tali richieste e questo documento sarà inoltrato al nostro Vescovo, quale pastore della Chiesa di Messina che vuole ascoltare le richieste e gli impegni da noi assunti e ai responsabili delle Chiese cristiane e delle confessioni religiose. Alle istituzioni locali, regionali, statali, nonché al Presidente della Repubblica, quale garante della Costituzione italiana, ispirata ai valori del personalismo, della giustizia sociale e dell’uguaglianza.

Ciascuno, per la propria parte, siamo chiamati a cooperare perché la Parola si trasformi ed incarni nella storia dell’oggi.

Messina, 29 novembre 2009

Per informazioni: professore Carmelo Labate, tel. 090/40352, e-mail labacar@tele2.it.

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