Teatro dei 3 Mestieri. "Calmarìa", una storia di resistenza civile in un sud ai margini

Teatro dei 3 Mestieri. “Calmarìa”, una storia di resistenza civile in un sud ai margini

Tosi Siragusa

Teatro dei 3 Mestieri. “Calmarìa”, una storia di resistenza civile in un sud ai margini

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sabato 03 Dicembre 2022 - 08:40

Una convincente produzione della compagnia reggina “Mana Chuma"

La recensione: Calmarìa di Massimo Barilla. Regia Salvatore Arena e Massimo Barilla con Stefania De Cola, Mariano Nieddu, Lorenzo Praticò. Musiche Luigi Polimeni, scenografia Aldo Zucco. Produzione Mana Chuma Teatro.

Una dimensione spazio temporale di sospensione apre all’irrompere della vita

Presso il messinese Teatro dei 3 Mestieri una convincente produzione della Compagnia reggina “Mana Chuma Teatro”, con una ben condotta e interpretata narrazione di una micro storia di civile resistenza in una terra del sud ai margini. Protagonisti, lungo un arco temporale breve- di una afosa giornata tout court- eppure enormemente dilatato su un piano emozionale, due addetti ad un esercizio di barberia,legati da un forte sentimento amicale- nel solco di quello che aveva già unito i rispettivi padri – tali Melo e Felice, rinchiusi (quasi asserragliati) nello spazio soffocante del salone – ove, curiosamente, non si appropinqua un solo cliente – ad avviare conversazioni con frasi smozzicate, lasciate incomplete….Sembra regnare la dimensione dell’attesa, interrotta da azioni compulsive, come bere birra e pulire e detergere continuamente il pavimento,sfregandolo energicamente ,in una sorta di sostitutivo rito salvifico.

Un terzo personaggio, la sorella di Felice, donna fragile e inquieta, che ama teneramente il solido,concreto e protettivo fratello, infelicemente coniugata da giovanissima per pressioni familiari, è amata da Melo, ma non può corrisponderlo, imprigionata com’è in quel legame coniugale (con Michele, un controverso emigrante) foriero di pesantezza, con un fardello di oppressione che stronca la sua speranza di poter condurre una esistenza almeno serena.

E così, i tre, resi davvero con compiuta versatilità e in modo confacente ai caratteri in rappresentazione da Mariano Nieddu, Lorenzo Praticò e Stefania De Cola, perfettamente calati in una atmosfera del passato,riferita ad oltre un quarantennio fa, abbigliati all’uopo, interagiscono in quell’interminabile unico giorno, fino all’alba di quello successivo, chiusi però ciascuno nella propria solitudine e incomunicabilità almeno apparente…rotta da poche sincopate parole. Evidenti, a mio avviso,i rimandi a certo Teatro Siciliano, per le connotazioni dei ruoli dei protagonisti,i loro legami, gli scambi verbali,le modalità stesse di interazione.

Per il Progetto Epic (Esperienze Performative di Impegno Civile) organizzato dal menzionato Produttore, in partenariato con Rete Latitudini e Teatro dei 3Mestieri, con contributo del Comune di Messina e con Fondi Fus, ancora una volta si è data felice attuazione all’intento di portare le mise en scene in zone cd. periferiche, proprio epicizzando ,attraverso il decentramento, la drammatizzazione dell’evento scenico rappresentato in maniera naturalistica per una più globale partecipazione dello spettatore, che si è fatto propriamente destinatario attivo delle performance.

Perfetta coincidenza, allora, fra la finalità generale e questa mise en espace, che ci conduce in una periferia qualunque, all’interno di storie purtroppo tristemente similari nella loro misera ripetitività,per coinvolgere e sensibilizzare i destinatari.

Spettacolo co-diretto da Salvatore Arena e Massimo Barilla, che è stato anche autore dello script di valore. Le musiche di Luigi Polimeni, sapientemente incastonate e rese a mezzo del suono di una radio dell’epoca (anni settanta), così come la scenografia, del pari ben armonizzata per ricondurre gli spettatori al decennio riferito – con una panchetta-divano, una poltroncina abbinata, un piano porta attrezzi da lavoro, con il bacile datato in bella vista, un attaccapanni e una lampada, con I’immancabile secchio, il mocio, la scopa e la paletta funzionali, alle operazioni di pulizia ad intermittenza – hanno contribuito appieno alla perfetta ricostruzione contestuale della rappresentazione.

IL fulcro centrale pregno di rilevazioni, chiarimenti ,martellanti e mai esaustivi, accadimenti sinistri, hanno preceduto un epilogo sì tragico, ma al contempo di apertura ad uno spiraglio di normalità nelle esistenze dei tre personaggi, lasciandoci presagire un futuro prossimo in cui, come di consueto, il salone dei nostri si riempirà di nuovo di richiedenti il servizio (che si è potuto immaginare, dalla cura prestata alla scelta della lozione e dell’acqua profumata per la affezionata clientela, ottimale) e si potrà finalmente dispiegare l’esistenza nel solco delle piccole gioie della quotidianità, in ambito lavorativo e nella sfera degli affetti, ove magari ci sarà posto per la ricomposizione della materia amorosa fin qui in sospensione. Un ballo sfrenato e liberatorio mette il suggello a tale ritrovata passione per la vita, quella semplice, ove obliare la presenza ammorbante della ‘ndrangheta.

.Il pubblico, numeroso e partecipe nonostante la serata caratterizzata da un tempo inclemente, ha mostrato convinto gradimento ,con applausi meritori prolungati.

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