Dopo l’esordio con A est dell’Avana, Roberto Goracci ritorna in libreria con Acqua viziata (Tea edizioni; pp. 240; €11), dove racconta con un tono ora scanzonato ora tagliente ora quasi cinico, l’italiano in mare, il cafonauta perché, a dispetto di quanto si possa pensare «la nautica oggi è quasi un fenomeno di massa e in mare, in certi periodi, ci si sente come su certe spiagge affollate degli anni ’70». Goracci, dopo aver mollato giurisprudenza, ha fatto mille mestieri, dal soldato semplice al cacciatore di tesori e con grande autoironia ammette che «leggendo la quarta di copertina posso sembrare un avventuriero d’altri tempi o un cialtrone». Uno dei più grandi scrittori di sempre, Ernst Hemingway “incombe” sulla sua vita sin dall’infanzia: « In effetti io ed Ernest abbiamo molte cose in comune: la passione per il mare, per la pesca, per Cuba e per l’alcool. La scrittura non credo proprio. Purtroppo». Un romanzo perfetto per la calura estiva, sia che siate in mare su un’elegante plancia che sulla riva, sotto l’ombrellone. E quando un giorno Goracci non ce la farà più a cazzare le vele spera di avere ancora la forza per battere sui tasti del pc:«scrivendo riordino la mente, tiro fuori tutto e mi sento molto meglio che se andassi da un analista».
A costo di essere banali, non posso non chiederle chi sono i “cafonauti” e come si riconoscono?
«Cafonauta è un espressione usata nel libro da un personaggio che potrebbe ricordare Furio (il marito di Magda del film di Verdone). Personalmente è una parola che detesto perché viene usata da chi crede di sapere come si va per mare, ma che a sua volta, è spesso vittima di luoghi comuni e comportamenti sbagliati. La nautica oggi è quasi un fenomeno di massa e in mare, in certi periodi, ci si sente come su certe spiagge affollate degli anni ’70. Però mettersi a fare distinzioni su chi sia o meno un cafonauta mi pare un po’ snob».
Ha dichiarato che «non c’è traccia di caricatura» nei suoi personaggi. Quindi “Acqua Viziata è uno spietato specchio dell’Italia e del “mare nostrum”?
«Più che altro è uno specchio di alcune esperienze che ho vissuto in prima persona e la rielaborazione di qualche racconto di amici, ( diciamo “ colleghi” , insomma gente che va per mare), però Acqua viziata non è un documentario: è un romanzo di mare, ma un mare vicino alle nostre coste e lontano da certa retorica marinaresca, quella delle grandi traversate e dell’oceano come dimensione avventurosa , talvolta ascetica».
Hemingway creò diversi alter ego letterari, uno di questi, Harry Morgan (Avere e non avere) somiglia un po’ al “suo” Tommaso: Burbero, ironico, tagliente. Le piace come paragone letterario?
«Hemingway me lo ritrovo sempre tra i piedi. Mio padre mi diede da leggere Isole nella corrente quando ancora facevo le elementari. Quando ho scritto il mio primo libro A est dell’Avana il racconto i miei tre anni vissuti a Cuba, qualcuno disse che ricordava Papa. In effetti io ed Ernest abbiamo molte cose in comune: la passione per il mare, per la pesca, per Cuba e per l’alcool. La scrittura non credo proprio. Purtroppo. Comunque credo che a Tommaso piacerebbe molto il paragone con Harry Morgan. Sicuramente preferirebbe fare il suo lavoro di skipper fra l’Havana e Key west piuttosto che tra Ponza e Fiumicino».
La quarta di copertina recita che è stato “skipper, cuoco, soldato semplice e agente di viaggio fino al 1995, l’anno in cui ha deciso di lasciare tutto per andare a Cuba”. Una vita avventurosa e sempre in movimento cui la scrittura fa da contraltare come momento riflessivo o ne è il perfetto completamento?
«Dalla quarta della copertina si può evincere che sono un avventuriero oppure un cialtrone. Probabilmente sono vere tutt’e due le cose. Scrivendo riordino la mente, tiro fuori tutto e mi sento molto meglio che se andassi da un analista, credo».
L’esordio con “A Est dell’Avana” e adesso questo secondo libro. Da “grande” farai lo scrittore o continuerai a navigare?
«Entrambe le cose. Poi quando non ce la farò più a cazzare una scotta spero di farcela almeno a battere sui tasti del computer».
Roberto Goracci nasce a Roma il 1° aprile 1966. Dopo aver interrotto gli studi di giurisprudenza è stato skipper, cuoco, soldato semplice, ristoratore, cacciatore di tesori nei Caraibi e broker di yacht. Dal 1995 al 1999 ha vissuto a Cuba.
Sul web: www.aestdellavana.it
