Lezione di nuoto, lezione di eros

Lezione di nuoto, lezione di eros

Lezione di nuoto, lezione di eros

martedì 03 Novembre 2009 - 09:35

La scrittrice Valentina Fortichiari riscopre la celebre Colette

L’estate del 1920 la scrittrice francese Colette, vero idolo in patria – la Chiesa le rifiutò i funerali anche per lo scandalo destato dal suo personaggio “Claudine” ma le vennero concessi quelli di stato – si ritirò nella sua tenuta in Bretagna, a Saint-Coulomb, con un gruppo di amici ed intellettuali fra cui Hélène Picard e la piccola Bel-Gazou. Un’estate per scrivere, per guardare ma soprattutto per nuotare nella baia, per «sentire il grande respiro del mare». L’altro grande protagonista di quei giorni è Bertrand, figlio del secondo marito di Colette: Bertrand è un adolescente sgraziato ma Colette, cui lo dividono trent’anni, decide di farne un uomo e lo inizia a tutti i piaceri della vita, su tutti quelli dell’acqua. La scrittrice milanese Valentina Fortichiari ricostruisce minuziosamente in ”Lezione di nuoto” (Guanda editore; pp.176; €13) l’atmosfera di quella magica estate quando l’Europa era vicina eppure così lontana, in un libro romanticamente dolce, melanconicamente poetico.

Perché hai scelto Colette?

«Ho scelto Colette perché leggendo un libro di Sandra Petrignani, “La scrittrice abita qui”, lessi che dal 1920 Colette raccolse un gruppo di amici in Bretagna. Fra questi c’era il figliastro Bertrand, cui diede lezioni di nuoto. Dato che ho praticato agonisticamente e ho anche insegnato il nuoto, quelle immagini le ho subito sentite mie. Questa è stata la scintilla. Incuriosita, ho letto tutto di Colette e infine sono andata in quei posti, ho nuotato in quella baia per rendere al meglio i colori, gli odori, le maree».

Perché hai scelto quella precisa estate?

«E’ un particolare molto privato. Nel ’20 è nato mio padre e volevo che questo libro fosse un omaggio alla sua memoria».

Una bibliografia ricchissima fatta di testi ed immagini per costruire questo libro. Cos’hai provato “rubando” delle espressioni dai libri di Colette e facendole dire a lei stessa nel tuo romanzo?

«Ho ammesso di aver rubato poche ma fondamentali frasi dai suoi libri. Erano essenziali per rendere la sua voce, mi sembrava necessario. Le frasi che ho rubato sono quelle in cui lei descrive Bertrand, qualche frase sull’amore e sul piacere dell’acqua».

Cos’è “il grande respiro del mare”?

«Nel libro Colette ne parla quando si prende un po’ di paura, temendo che il gorgo nero del mare la possa inghiottire ma ad essere sincera quella è stata una mia nuotata fatta in un giorno di acqua scura. Ho sentito questo grande respiro del mare e nel libro lo faccio dire a lei».

Le lezioni di nuoto hanno una forte carica erotica. Una donna dominante non era certo cosa da poco in quegli anni.

«Affatto! Tuttavia bisogna considerare che gli anni ’20 erano anni di grande trasgressione e libertà, persino nei costumi sessuali, soprattutto a Parigi. Questa storia potrebbe apparire scandalosa ma non creava così scalpore che lei amasse il figliastro e che fosse nata fra loro questa storia. Insisto sui sensi perché un vero nuotatore sente anche il piacere dell’acqua che è ben diverso dal semplice nuotare. Vuol dire piuttosto essere una cosa sola con l’acqua, farne parte».

Colette sceglie Bertrand ma non lo inizia solo al sesso. Gli svela i piaceri della lettura e quelli del cibo. Insomma, ne fa un uomo.

«Hai detto bene. Colette era una donna che amava la vita e tutti i suoi piaceri, dal leggere allo scrivere, dal nuoto alla cucina, sino al giardinaggio. Lei cerca in quell’estate di iniziare quell’adolescente, lo inizia alla vita in senso ampio, lo fa diventare adulto, un vero e proprio uomo».

Colette vorrebbe che Bertrand seguisse il suo istinto di scrivere però gli dice “per carità non fare della letteratura”.

«Esatto. Lo invitava alla semplicità, a non esagerare con gli aggettivi e con l’artificio letterario come forse lei stessa aveva imparato a fare negli anni».

Hélène Picard è una figura molto importante nel libro, l’alter ego di Colette.

«Ho voluto che fosse speculare ma in contrasto con Colette. L’acqua, trasparente e pura, l’ho voluta legare ad un personaggio forte, potente e prepotente come Colette. Il fuoco e la sua devastazione, l’ho legata alla malinconia di Hélène».

Usi un narratore interno, Hélène, ma anche uno esterno. Perché?

«Hélène è la perfetta narratrice della storia d’amore, la guarda con intensità e l’uso della prima persona trasmette bene il suo “guardare” che nel mio racconto è un atto molto significativo. La prima persona sottolinea anche a malinconia intimista di Hélène che parla dicendo “Io”».

A proposito, perché Colette tiene tanto ad insegnare a Bertrand a guardare con lentezza?

«”Guarda” era il motto della madre di Colette cui lei era molto affezionata e lei vorrebbe trasmettere a Bertrand anche questa attenzione. Guardare con lentezza, inoltre, significa apprendere il significato profondo delle cose».

Il rapporto con la piccola figlia, Bel-Gazou, rivela un altro aspetto della personalità di Colette.

«E’ vero. Con lei il rapporto non era del tutto positivo, contrariamente a quello che Colette aveva con l’amata madre, cui dedica anche uno dei suoi libri più belli, “Sido”. Bel-Gazou era una bimba molto vivace che spesso le impediva il silenzio necessario per lavorare. Mi sono documentata e nelle lettere lei si lamentava credendo che non avesse tutto l’affetto della madre, si sentiva quasi orfana, trascurata dai propri genitori».

Ricostruisci con cura questo rifugio in Bretagna che sembra quasi proteggere Colette e i suoi amici intellettuali, dagli orrori che sconvolgevano l’Europa in quegli anni.

«Volevo fosse un’oasi staccata dalla realtà. Loro stessi ne parlano e si ritengono fortunati perché lontani dalle guerre e dalle epidemie. Quell’estate così bella li aveva quasi isolati dal mondo, diedero vita ad una dimensione a se stante in cui tutti i giorni erano ricchi di attività».

Colette appare fiera ed indipendente, senza alcun pudore della nudità. Lei stessa dichiara di non provare simpatia per il femminismo eppure potrebbe esserne un manifesto vivente.

«Sono d’accordo. Lei godeva della sua libertà, la esibiva. A teatro scopriva con grande generosità parti del suo corpo anche se, a 47 anni, il suo corpo non poteva essere perfetto come in gioventù. Ma non amava il femminismo poiché i diritti lei se li prendeva spontaneamente, senza fare battaglie pubbliche».

Dopo questo libro immagino che molti avranno voglia di leggere Colette. Che libro consiglieresti?

«Senz’altro “Il grano in erba” che trovo superiore a tutti gli altri. Però ho amato anche quelli maggiormente autobiografici come “Il puro e l’impuro” e “Sido”, uno dei suoi libri più delicati».

Valentina Fortichiari è nata, vive e lavora a Milano nel campo editoriale. Giornalista pubblicista e saggista, è autrice di varie monografie di carattere letterario: ha curato in particolare l’opera di Guido Morselli e Cesare Zavattini. Ha svolto attività agonistica come nuotatrice e ha scritto un manuale sul nuoto (“Nuotare tutti subito e bene”, TEA).

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