«Mimì era diversa da tutte le altre...»

«Mimì era diversa da tutte le altre…»

«Mimì era diversa da tutte le altre…»

martedì 02 Marzo 2010 - 15:01

Il noto fotografo Guido Harari, ci guida alla scoperta del bel volume -Mia Martini - L'ultima occasione per vivere--

Alla vigilia del quindicesimo anniversario della sua scomparsa, la TEA Edizioni pubblica un ricco volume curato da Menico Caroli e Guido Harari, Mia Martini – L’ultima occasione per vivere (Tea edizioni; pp. 288; illustrato; €49) dove per la prima volta si compone il ritratto di una personalità appassionata e controversa di un’artista ingiustamente bollata come ingovernabile, tra solitudini feroci e trionfi mozzafiato. Un libro che vuole consegnarci il mondo di Mia Martini, una cantante che resterà per sempre nella storia della musica leggera pur non avendo mai raccolto i premi che le sarebbero spettati. Perché? «come dice Enrico Ruggeri, nell’ambiente dello spettacolo molta gente gioisce più delle disgrazie altrui ancor più che dei propri successi». Insieme al noto fotografo Harari, andiamo alla riscoperta di una grande donna oltreché di una grande artista, una delle poche che non aveva paura che l’obiettivo carpisse la sua quotidianità, una delle poche che aveva sempre un sorriso sulle labbra e una buona parola per tutti. Forse proprio per questo Mia Martini era un’artista ingovernabile, fuori dagli schemi. Un libro ricco di testimonianze, a partire da quella paterna, che si chiude con una lunga intervista rimasta inedita: un modo perfetto per lasciare proprio a lei, l’ultima parola.

Un libro nato con l’idea di svelare davvero chi fosse Mia Martini?

«Certamente. Per diversi motivi Mia venne ingiustamente bollata come un’artista ingovernabile. Lei ebbe un notevole successo all’inizio degli anni ’70, un successo che la invise a molti sia perché era molto giovane sia perché una grossa casa discografica come la Ricordi la portava in palmo di mano, mettendole a disposizione autori di grande livello. Fra il ’72 e il ’75 Mimì ebbe un grande successo ma venne sempre vista come l’ultima arrivata e l’invidia nei suoi confronti era molto forte. Inoltre nacque quella diceria secondo la quale lei portava sfortuna: sembra assurdo ma in quell’ambiente queste cose contano davvero molto. Tutte queste mescolate non hanno certo giovato al suo equilibrio e ad un certo punto le fu appiccicata l’etichetta dell’ingovernabilità che complicò ulteriormente le cose. In verità solo gli artisti veramente grandi vengono tacciati di essere ingovernabili o perfezionisti».

Nel libro scrivete che questo libro non poteva non chiamarsi così. Perché?

«Mia Martini è un’artista che più volte è rinata, ogni volta superando drammi che avrebbero stroncato altre persone. Negli anni ’80, già durante la sua storia con Fossati, subì due operazioni alle corde vocali e per sei mesi non potè parlare. Dovette imparare di nuovo a parlare e a cantare, ritrovandosi con una voce diversa, più bassa di un’ottava ma di diverso spessore. E poi ci fu la risalita con San Remo, con gli Uomini non cambiano e Almeno tu nell’universo: sembrò che avesse vinto ma invece ottenne solo il premio della critica, giusto per darle un contentino. Questo libro colma un vuoto, non c’era un libro che ricostruisse davvero la sua figura, la sua vita, soprattutto volevamo permetterle di esprimere il suo punto di vista».

A dispetto della visibilità del personaggio e del grande lavoro di raccolta dei documenti, questo libro ha avuto un difficile rapporto con i media…

«Questa cosa ci ha davvero sorpresi: quando il libro è andato in promozione quasi nessun giornale ha voluto parlarne. Si è dato molto spazio alle esternazioni di Loredana sulla loro famiglia ma nemmeno quei giornalisti considerati amici se ne sono occupati. Ciò ribadisce il significato e l’importanza del titolo stesso. Il problema, come dice Enrico Ruggeri, è che nell’ambiente dello spettacolo molta gente gioisce più delle disgrazie altrui ancor più che dei propri successi».

Appunti, riflessioni, lettere e manoscritti, fra l’altro molto del materiale raccolto è inedito. Quant’è durata la costruzione del volume?

«Il testo era in gran parte pronto dato che Caroli aveva scritto una piccola biografia e nel tempo aveva continuato ad accumulare materiale. Invece foto e ricordi sono stati raccolti nel giro di 9 mesi, contattando il padre e una rete di amici, musicisti e fotografi che l’hanno immortala durante la sua carriera. Un volume unico anche grazie a Franco Caruto, un amico di Mimì, un collezionista che ha rilevato una grossa parte dei suoi averi e che ci ha permesso di poter allegare materiale davvero inedito».

Avete raccolto davvero tante testimonianze. Una di queste l’ha maggiormente colpita?

«Diverse. Mi ricordo con piacere quella di Ornella Vanoni, una delle poche colleghe solidali con di Mimì. Una notte aveva bisogno di un coro per una canzone e le coriste non riuscivano a darle ciò che voleva. Lei disse che solo in Italia solo Mimì aveva ciò che le serviva. La tirò giù dal letto e lei che era legata contrattualmente alla Ricordi, cantò con piacere e chiese di non comparire nel disco».

Lei collaborò a lungo con Mia Martini. Ci vuole consegnare un ricordo del vostro rapporto?

«La nostra era più un’amicizia che una collaborazione professionale, c’era del vero affetto. Quando c’era da fare una copertina per un disco si coglieva questa situazione per passare del tempo insieme e divertirsi. Lei non aveva affatto preclusioni, si gettava nelle cose a corpo morto e non aveva paura che l’obiettivo cogliesse il suo lato intimo. Nel libro ci sono foto inedite in cui lei prima di un servizio fotografico dopo essersi truccata e pettinata da sola, si è messa a stirarsi i vestiti come una brava massaia cantando delle canzoni popolari calabresi. Mimì era così: vedeva il lato buono in ogni cosa, aveva un sorriso per chiunque anche a costo di prendere delle mazzate. Ma nonostante tutto, nonostante la malinconia, non perse mai il suo slancio verso il futuro».

Guido Harari (1952) è uno dei più affermati fotografi italiani. Ha firmato numerose copertine di dischi per Claudio Baglioni, Paolo Conte, Luciano Pavarotti, Vasco Rossi, Bob Dylan, Paul McCartney, Lou Reed, Franck Zappa. È stato per vent’anni uno dei fotografi personali di Fabrizio De André ed è tra i curatori della grande mostra a lui dedicata da Palazzo Ducale, a Genova. Fra i suoi ultimi libri illustrati The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, Mondadori, 2004), Vasco! (Edel, 2006), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (Rizzoli, 2007), Fabrizio De André & PFM. Evaporati in una nuvola rock (Chiarelettere, 2008).

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