Un anno fa moriva Giovanni Caponata, operaio dei cantieri di servizi. Il ricordo

Un anno fa moriva Giovanni Caponata, operaio dei cantieri di servizi. Il ricordo

Francesca Stornante

Un anno fa moriva Giovanni Caponata, operaio dei cantieri di servizi. Il ricordo

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lunedì 19 Ottobre 2020 - 16:58

La figlia Antonina e tutta la famiglia vogliono che Messina non dimentichi. Affinché nessuno debba ancora piangere un marito, un papà, un nonno che una mattina va a lavorare e non torna più

E’ trascorso un anno. Il primo anno da quell’incidente sul lavoro che costò la vita a Giovanni Caponata, uno degli operai dei cantieri di servizi a Messina che stava lavorando alla scuola Galatti. Quel terribile incidente fu l’inizio di una sofferenza per la sua famiglia che dura da quando i telefoni hanno squillato ed è iniziata la corsa verso l’ospedale. Giovanni Caponata rimase per nove giorni a combattere tra la vita e la morte. Non ha mai ripreso coscienza mentre al suo capezzale la moglie e i figli pregavano per un miracolo.

Il ricordo

Oggi sua figlia Antonina lo vuole ricordare. A nome di tutta la famiglia vuole che Messina ricordi un uomo, un papà, un nonno morto per il bisogno di lavorare. Giovanni aveva 56 anni e sulle spalle una vita di tanti sacrifici. Aveva sempre lavorato, ma poi la crisi era piombata anche su di lui. Non si era mai arreso, si rimboccava le maniche buttandosi in qualunque tipo di lavoro che potesse dargli la possibilità di non far mancare nulla ai suoi cari. Poi era arrivato il reddito di cittadinanza. Aveva fatto domanda e lo aveva ottenuto. L’occasione dei cantieri di servizi però rappresentava la possibilità di tornare a sentirsi davvero utile. All’inizio non era rientrato nella prima graduatoria, poi in tanti si erano tirati indietro magari per non rinunciare proprio al reddito di cittadinanza. Così arrivò l’opportunità per lui. E non se lo fece ripetere due volte.

Antonina lo ricorda ancora oggi con sofferenza ma anche grande orgoglio: «Era felice di poter lavorare, anche se si trattava di un lavoro a tempo. Non si arrendeva mai. Nella nostra vita abbiamo avuto tanti momenti difficili, ma uniti abbiamo cercato sempre di superare tutto, seppur non sono mancati i dispiaceri».

Verità e giustizia

A distanza di un anno per Giovanni Caponata ancora la giustizia non ha fatto il suo corso. La famiglia chiede verità e vuole avere fiducia nella magistratura e nelle indagini che dovranno dire cosa è accaduto quel giorno all’interno del cantiere in cui lavorava Giovanni. La moglie Tommasa, i figli Antonina, Giustina e Rosario, i nipoti Angelo, Gabriele, Alessandro e Aurora vogliono solo ricordare quel marito, papà e nonno che li ha lasciati troppo presto e in modo ingiusto. Vogliono farlo pubblicamente affinché il loro dolore possa essere un monito quando si parla di lavoro e di sicurezza sul lavoro. 

Parlando del papà, Antonina racconta pezzi di vita che le scorrono nella mente, momenti felici, in cui il sorriso di suo papà sembra brillare nei suoi occhi. Poi però tutto questo si scontra con quei terribili nove giorni vissuti in ospedale, pregando e sperando. E il cuore diventa nero, gli occhi si perdono tra il dolore e la rassegnazione a cui bisogna abituarsi.

Gli ex colleghi

Lo hanno voluto ricordare anche tanti suoi ex colleghi, gli stessi che il giorno dei funerali un anno fa avevano indossato quei gilet arancioni e lo avevano voluto omaggiare con la loro presenza. Insieme al Fronte Popolare Autorganizzato SI Cobas, quei lavoratori precari vogliono ricordare Giovanni Caponata con la consapevolezza che le cose non cambieranno da sole. Perché purtroppo non è stato il primo e non sarà l’ultimo a morire sul lavoro. Sono migliaia i lavoratori in Italia che perdono la vita così, circa 3 al giorno. E questo succede ancora e succederà fino a quando i Governi non faranno applicare le leggi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. E in vista della ripartenza dei nuovi cantieri di servizi, ribadiscono che le condizioni di sicurezza sul lavoro devono essere rispettate e saranno rispettate solo se i lavoratori saranno capaci di organizzarsi reparto per reparto, cantiere per cantiere, affinché si rispettino.

Lo dobbiamo a Giovanni e alla sua famiglia. Ai suoi figli, ai suoi nipoti che amava alla follia e che non ha avuto la possibilità di veder crescere.

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