Ricercatori “rottamati”: il Tar dà ragione a uno dei ricorrenti e apre la strada alla vittoria degli altri studiosi in guerra con l’Università

Ricercatori “rottamati”: il Tar dà ragione a uno dei ricorrenti e apre la strada alla vittoria degli altri studiosi in guerra con l’Università

Ricercatori “rottamati”: il Tar dà ragione a uno dei ricorrenti e apre la strada alla vittoria degli altri studiosi in guerra con l’Università

sabato 13 Novembre 2010 - 21:49

Il Tar Lazio ha accolto il ricorso di Antonio Cavallaro contro l’Ateneo, “smontando” ed annullando il provvedimento sul pensionamento forzato dei ricercatori con 40 anni di contributi. Il 24 novembre, lo stesso collegio si esprimerà sui ricorsi degli altri ricercatori “rottamati”, con esito praticamente scontato. Guai economici in vista per l’amministrazione universitaria: alle spese legali potrebbero aggiungersi le richieste di risarcimento danni. Su Download la sentenza del Tar

Il caso che stiamo per raccontarvi riguarda un singolo individuo, ma la vicenda legale di cui è protagonista potrebbe presto avere ripercussioni su tutti i ricercatori “rottamati” dall’Università di Messina. Il Tar del Lazio, con sentenza emessa il 13 Ottobre scorso e pubblicata il 3 novembre , ha infatti disposto l’annullamento del provvedimento con il quale l’Università di Messina ha deciso di mandare, forzatamente, in pensione tutti i ricercatori con 40 anni di contributi, aprendo così la strada alla vittoria finale di tutti gli altri studiosi in guerra con l’Ateneo peloritano.

Il protagonista in questione è il «professore aggregato» (così ama definirsi visto che la legge gli riconosce questo status) Antonio Cavallaro, 60 anni, 36 dei quali dedicati alla ricerca, all’assistenza e all’attività didattica nel campo dell’ otorinolaringoiatria più i quattro necessari per conseguire la laurea in Medicina in Chirurgia, regolarmente riscattati. Quarant’anni, complessivamente, spesi nell’attività medica, durante i quali il prof. Cavallaro ha cercato di costruirsi una lunga ed onorata carriera, brutalmente interrotta, come quella di altri suoi colleghi, alla fine del 2009, quando « sulla scorta delle delibere del Senato Accademico del 22/2009 e del Consiglio di Amministrazione del 30/12/2009», l’Amministrazione universitaria, appellandosi alla Riforma Brunetta sulle P.A. ha deciso di risolvere i rapporti di lavoro con i ricercatori che avessero raggiunto i 40 anni di contributi (vedi articoli correlato).

«Esigenze di bilancio» veniva specificato nel “foglio di via” spedito dal rettore Franco Tomasello in persona a mezzo raccomandata, nel quale si avvisavano circa 50 ricercatori che a partire dal 1° luglio 2010, sarebbero stati « collocati in quiescenza »

Una motivazione immediatamente contestata dagli studiosi destinatari del provvedimento, già consci del fatto che l’Ateneo peloritano, se da un lato effettuava i tagli, dall’altro stava già bandendo i concorsi per 22 nuovi posti di ricercatore. Da qui l’avvio della battaglia legale, incentrata anche su un altro aspetto rilevante: quello relativo all’estromissione dei ricercatori dalla categoria di «professori universitari», “immune” insieme a quella di «magistrati» e dei « dirigenti medici responsabili di struttura complessa» dalle disposizioni del decreto Brunetta .

In questi 11 mesi, si sono susseguiti vari ed importanti passaggi legali ed amministrativi ( come raccontano tutti gli articoli sull’argomento correlati a questo), ma la battaglia finale si giocherà il prossimo 24 novembre quando il Tar del Lazio, che lo scorso 14 aprile aveva accolto la domanda cautelare (c.d. -sospensiva-) degli studiosi, sospendendo il provvedimento dell’Università – pronunciamento sovvertito in appello a luglio dal Consiglio di Stato e poi invece nuovamente fatto proprio in una sentenza successiva – sarà chiamato ad esprimersi sul merito del ricorso e a decidere sulla sorte dei circa 25 ricercatori messinesi. Ricercatori che, dal 3 novembre scorso, hanno un motivo in più per sperare in un esito, per loro, positivo della vicenda giudiziaria che li vede protagonisti.

Sebbene nel nostro sistema giudiziario la sentenza non costituisca precedente ed ogni giudice può decidere sul singolo caso, l’atto del Tar Lazio sul caso Cavallaro, difficilmente potrà essere sovvertito. Innanzitutto, per una questione di coerenza, visto che il collegio giudicante sarà il medesimo che si è espresso sul ricorso presentato dal legale di Antonio Cavallaro, il figlio Giuseppe Cavallaro (insieme nella foto), giovane e rampante avvocato messinese che esercita nella capitale; ma anche per le motivazioni addotte nella sentenza con la quale la III Sezione del Tar Lazio ha annullato il provvedimento emanato dall’Università di Messina, che – anche qualora i giudici non fossero gli stessi – lascerebbero poco spazio all’interpretazione. Nella sentenza ( che si può leggere integralmente su Download ) , i tre magistrati contestano sia le motivazioni relative all’esigenza di assicurare l’equilibrio di bilancio, esposte dall’Università per giustificare il provvedimento, sia le successive deroghe al provvedimento , con cui sono stati fissati alcuni criteri guida che, secondo il Tar, dovevano essere decretati contestualmente e non successivamente all’atto e, comunque, tenendo anche in considerazione la volontà dei diretti interessati.

Il successo legale ottenuto a Roma è solo il punto partenza per l’avvocato Cavallaro, professionalmente ed emotivamente coinvolto in questa vicenda di cui è protagonista il padre. Il giovane legale, infatti, non intende fermarsi qui e lancia un appello al rettore Tomasello ed ai rappresentanti degli organi istituzionali universitari «affinché venga aperto un tavolo di confronto ed avviato un rapporto di collaborazione». Sin dal primo momento,l’avvocato Cavallaro ha considerato « illegittimo il licenziamento di massa dei ricercatori» e adesso che è supportato in questa tesi dalla sentenza del Tar, chiede ai vertici dell’Ateneo di convocare le parti interessate ed esaminare caso per caso. L’esito dell’udienza del prossimo 24 novembre sembra scontata e l’Università, secondo il giovane professionista, farebbe bene a cambiare direzione, andando incontro alle esigenze degli studiosi, per non incorrere in un ingente danno erariale oltre che nell’ennesimo danno di immagine, visti anche gli ultimi scandali giudiziari . Se l’auspicata mediazione non ci sarà, l’avvocato Cavallaro è pronto a rivolgersi ancora al Tribunale affinché a favore del padre vengano riconosciuti sia il danno patrimoniale, per essere stato ingiustamente licenziato e privato per due mesi dello stipendio, sia i danni morali ed esistenziali per essere stato penalizzato professionalmente ed avere subito uno stress psicologico che gli ha causato evidenti e comprovati problemi di salute.

Lo stesso “copione” potrebbe ripetersi con gli altri ricercatori in causa con l’Università, ormai alla vigilia della battaglia finale, con la sentenza di merito che aspettano da quasi un anno.

In nome dell’«equilibrio di bilancio», l’Ateneo rischia, adesso, di dover mettere mani al portafogli, spendendo molto più di quanto avesse previsto di risparmiare con la rottamazione.

Su Download il testo integrale della sentenza del Tar Lazio

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