Uto Ughi grande interprete delle Stagioni di Vivaldi

Uto Ughi grande interprete delle Stagioni di Vivaldi

Giovanni Francio

Uto Ughi grande interprete delle Stagioni di Vivaldi

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mercoledì 08 Dicembre 2021 - 07:00

Il pubblico delle grandi occasioni per il capolavoro di Antonio Vivaldi, eseguito e spiegato da Uto Ughi

Un ritorno a Messina, quello del grande violinista Uto Ughi, per la stagione musicale dell’Accademia Filarmonica, che non ha deluso le aspettative, anzi, al contrario, ha riserbato piacevoli sorprese, come, nella fattispecie, quella di “raccontare” Le Quattro Stagioni di Vivaldi, attraverso la lettura dei relativi sonetti, scritti dallo stesso Vivaldi, e l’esecuzione di singole frasi musicali, insieme all’ottima Orchestra da camera Accademia di Santa Sofia, per spiegarne la rappresentazione figurativa.

Serata, quella di domenica 05 dicembre u.s. al Palacultura, dedicata interamente ad un immenso protagonista del barocco, Antonio Vivaldi, del quale sono stati eseguiti solo quattro concerti, i primi quattro dell’Op. 8 “Il cimento dell’armonia e dell’invenzione”: n. in Mi maggiore RV 269 “La primavera”; n. 2 in sol minore RV 315 “L’estate”; n. 3 in fa maggiore RV 293 “L’autunno” e n. 4 in fa minore RV 297 “L’inverno”, ma spiegati e analizzati nel loro significato intrinseco ed estetico, tali da poter riempire in maniera entusiasmante l’intero spettacolo.

Se è ormai riconosciuto che il compositore veneziano abbia dato il contributo più importante al Barocco con l’evoluzione del “Concerto grosso” – quel tipo di concerto barocco che vede protagonisti un piccolo gruppo di strumenti solisti, mentre all’orchestra è affidato il ripieno – del quale ha lasciato numerosi capolavori, molti dei quali compresi nella raccolta dell’Op. 3 “L’estro armonico”, è indubbio che “Le quattro stagioni”, scritte per violino solista, archi e clavicembalo, rappresentino, insieme forse al “Gloria”, il suo sommo capolavoro, uno dei brani più celebri e amati dell’intero mondo musicale.

Si tratta senz’altro del più famoso esempio di musica a programma, una musica cioè che intende raccontare delle immagini, in questo caso riferite ai sonetti di accompagnamento, dei veri quadri descrittivi della natura, nel corso delle stagioni che si susseguono, anche, e spesso, con l’uso degli strumenti con effetto onomatopeico, che Uto Ughi ha più volte evidenziato nel suo racconto musicale.

Il violinista, introducendo i vari brani, ha messo in risalto innanzitutto l’enorme importanza storico-musicale di Antonio Vivaldi, il prete rosso (per via del colore dei capelli), il primo direttore nella storia della musica di un’orchestra stabile, da lui fondata, formata solo da donne, quella dell’orfanotrofio della Pietà, accanto all’omonima chiesa, tuttora esistente, nella Riva degli Schiavoni, a Venezia. Un compositore che, come era normale all’epoca, eseguiva le sue stesse composizioni, concerti scritti in tempi brevissimi, (anche in poche ore, ne scrisse più di cinquecento).

Straordinaria l’importanza musicale, la concezione sinfonica dei suoi concerti, scritti per orchestra da camera, ma che presentano frasi musicali – come le travolgenti scale ascendenti e discendenti dell’ultimo movimento dell’Estate – tali da far pensare addirittura a Wagner.

E così questo entusiasmante, racconto musicale, davvero interessante, si è sviluppato iniziando da “La primavera”, forse il concerto più famoso e popolare di tutta la letteratura concertistica barocca, dall’atmosfera festosa del primo movimento “Allegro”, col canto degli uccelli, lo scorrere dei ruscelli, il temporale primaverile, e di nuovo il dolce canto degli uccelli. Il secondo movimento “Largo” di una soave e serena quiete, rappresenta il riposo del pastore “col fido can a lato”, mentre il terzo movimento “Allegro (Danza pastorale)” è una danza di Ninfe e pastori, che Ughi ha paragonato alla Primavera di Botticelli.

L’estate” è rappresentata con un incipit del primo movimento “Allegro non molto – Allegro” che descrive la calura estiva che fa languire l’uomo, un canto d’amore fra la tortora e il cardellino, l’inconfondibile suono del cuculo, e il tremendo temporale estivo. Il secondo movimento “Adagio – Presto – Adagio” descrive lo spossamento dell’uomo vinto dalla calura, ma disturbato dagli insetti (mosche, api, zanzare) che prolificano in questa stagione, il cui ronzio è reso in maniera strabiliante dagli archi. Col celebre terzo movimento, “Presto”, si scatena la tempesta estiva, con tuoni e fulmini che rendono fondato il timore del pastore “il ciel grandinoso” che “tronca il capo alle spiche ed a’ grani alteri”.

L’autunno”, rappresenta, nel primo movimento “Allegro”, una scena di vendemmia, con l’irresistibile frase che descrive i contadini che hanno bevuto il “Liquor di Bacco”. I contadini si abbandonano, nel secondo movimento “Adagio molto” al dolce sonno. Il terzo movimento “Allegro”, rappresenta la caccia, probabilmente alla volpe, ed anche qui abbondano i suoni onomatopeici, come quelli del corno da caccia e della fuga del povero animale.

Infine “L’inverno”, forse il suo capolavoro assoluto, dall’incipit minaccioso e misterioso ad un tempo, nel primo movimento “Allegro non molto” che descrive il freddo gelido, l’”orrido vento”, il battere i piedi per il gelo.

Il secondo movimento “Largo”, anch’esso famosissimo, è stato paragonato da Ughi ad un dipinto fiammingo, un casolare dove gli abitanti, dinanzi al fuoco, si riparano dalle intemperie esterne, dalla “pioggia che fuor bagna ben cento”. L’ultimo movimento “Allegro” descrive invece il correre sopra il ghiaccio a passi esitanti, per paura di cadere, mentre i venti invernali si scatenano in guerra.

È sempre un immenso piacere assistere alle esibizioni di questo monumento del violino, accompagnato egregiamente da una giovane orchestra, nell’ambito della quale il Maestro è sembrato trovarsi perfettamente a suo agio. Ancora una volta il grande violinista si è dimostrato anche uno straordinario divulgatore della musica, oltre ad aver esibito, come sempre, le sue eccezionali qualità artistiche, un virtuosismo sempre caratterizzato dalla nitidezza del fraseggio, dalla limpidezza e pulizia del suono, anche nei passaggi più difficili e rapidi, dal meraviglioso modo di rendere il “cantabile”, intensamente lirico ma sempre equilibrato, mai scomposto.

Due bis, il terzo movimento del “L’estate” e il secondo de “L’inverno”, hanno concluso l’indimenticabile serata.

Un commento

  1. Uno dei temi più caldi che popolano le stagioni operistiche e concertistiche è quello che riguarda la capacità dei grandi artisti di cogliere il momento opportuno per congedarsi dal pubblico. Non è scontato che una celebrità del palcoscenico si ritiri prima del declino: ci sono stati nel corso degli anni numerosissimi esempi cui va aggiunto ultimamente un monumento come Uto Ughi. Andare a sentire un mostro sacro come Ughi oggi è come andare a vedere l’acropoli ateniese e credere di vederla come nel IV secolo a.C.; rimangono solo le vestigia della grandezza che fu.
    Enrico Gramigna, Ravenna Ottobre 2018

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