Valeria e il suo lavoro "spaziale": un po' di Messina vola verso Mercurio

Valeria e il suo lavoro “spaziale”: un po’ di Messina vola verso Mercurio

Giuseppe Fontana

Valeria e il suo lavoro “spaziale”: un po’ di Messina vola verso Mercurio

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domenica 21 Novembre 2021 - 07:25

Dallo Stretto a Roma, passando per Padova, per far parte di un gruppo che "vola" tra i pianeti per studiarne le peculiarità

Avete presente quando si dice che una persona fa un lavoro “spaziale”? Spesso si intende un lavoro bello, appassionante. Con quell’aggettivo ci si vuole riferire a qualcosa di talmente tanto folgorante da dover richiamare l’universo per definirlo. Ebbene: oggi vi parliamo di Valeria Mangano, che fa un lavoro spaziale. Ma inteso come davvero spaziale, cioè riferito allo spazio, alle galassie, ai pianeti e all’universo.

Valeria è messinese d’origine, qui ha studiato durante gli anni dell’adolescenza e poi ha scoperto che il suo vero posto nel mondo era in parte su un altro mondo. Su Mercurio, ad esempio, perché lei è un’astronoma planetologa, lavora all’Istituto di astrofisica e planetologia spaziale di Roma ed è specializzata in esosfere planetarie, cioè quella parte dell’atmosfera di un pianeta molto, molto, molto rarefatta. E se l’Italia guida a livello internazionale gli studi e fa da capofila nella missione BepiColombo dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, è anche grazie alla messinese, membro di un team d’eccellenza che ci porta tutti in giro per il sistema solare. A spiegarci nei dettagli il suo percorso, con grande passione, è la stessa Valeria, nella foto alle Isole Canarie nella sede del telescopio Themis, proprio per osservare il passaggio di Mercurio nel 2019.

Valeria, com’è stato il tuo percorso prima e dopo essere andata via da Messina?

A Messina ci sono nata e ci ho vissuto per 10 anni, tra i 10 e i 20, forse quelli più formativi. Ho fatto qui le scuole medie e superiori, e poi ho iniziato l’università. E a Messina ho deciso cosa avrei fatto da grande. Avevo tanti interessi: disegno, archeologia, letteratura, lingue, astronomia. Ma alla fine ho scelto quest’ultima e per seguirla sono andata a studiare a Padova, che ai tempi era, insieme a Bologna, il solo posto in Italia dove si potesse portare avanti questa passione. Quando ho dovuto scegliere l’argomento di tesi, ricordo di aver assistito a un seminario di un geologo planetario che parlava di Marte e del suo passato in cui aveva un’atmosfera e dei fiumi di acqua liquida. Sono rimasta affascinata da come le nostre conoscenze della Terra potessero applicarsi, in modo diverso, anche alla comprensione di altri pianeti. Lì penso di aver capito che il settore che mi interessava di più era proprio quello del Sistema Solare: il nostro universo “vicino”, quello che possiamo aspirare a raggiungere in tempi brevi, ossia entro l’arco della nostra vita. Se non con missioni umane, almeno con delle sonde spaziali che orbitano, atterrano, prendono campioni e dati e possono dare risposte alle nostre tante domande su come sono fatti gli altri pianeti.

Quando e come hai iniziato a lavorare all’Istituto di astrofisica e planetologia spaziale di Roma?

Nel 2003. L’Iaps, facente parte dell’Inaf, Istituto nazionale di astrofisica, era ed è l’istituto di riferimento in tutta Italia per studi del Sistema Solare, con coinvolgimenti di primo piano su tantissime missioni spaziali. Dopo la laurea cercavo un lavoro da astronoma planetologa appunto, ma a Padova non ce n’erano. A Roma invece sì. E così ho preso di nuovo le valigie e sono venuta qui, nel contempo ho preso il dottorato in Scienze e Tecnologie Spaziali a Padova, e mi sono specializzata sempre più in esosfere planetarie, e in particolare in quella di Mercurio. Il gruppo nel quale lavoro infatti ha ideato e costruito uno strumento, ELENA, e ha messo su un gruppo di 4 strumenti, chiamati globalmente SERENA, che sono dei sensori dedicati allo studio dell’esosfera di Mercurio, e di cui abbiamo la guida a livello internazionale. Per portare avanti questo lavoro servono molti ruoli diversi, da quelli più scientifici e teorici come il mio, a quelli più pratici come quello dei colleghi che lavorano ai test in laboratorio, al software, alla telemetria o al design dello strumento.

Cos’è la missione BepiColombo e qual è il tuo ruolo in questo viaggio spaziale?

BepiColombo è una missione “cornerstone” di Esa, l’Agenzia spaziale europea, in collaborazione con la Jaxa, l’agenzia spaziale giapponese. È stata lanciata ad ottobre 2018 e ha come obiettivo il pianeta Mercurio. Il nome deriva da quello di un ingegnere e matematico padovano che negli anni ‘70 permise alla Nasa di fare 3 sorvoli di Mercurio con la Mariner 10, missione dedicata allo studio di Venere, e di darci le prime immagini e le prime misure di questo pianeta. L’Italia partecipa a questa missione con ben 4 strumenti sui 15 a bordo e il “nostro”, SERENA, è uno di questi. Come dicevo già, SERENA studierà l’esosfera di Mercurio, cioè la assai tenue atmosfera del pianeta, e attraverso di essa, le interazioni della superficie e del campo magnetico del pianeta con l’ambiente circumplanetario, primo tra tutti il Sole, la sua radiazione, il suo campo magnetico e il suo vento solare. Io sono un co-I scientifico: significa che studio la morfologia e la dinamica dell’esosfera e cerco di capire i processi fisici che stanno dietro a queste variazioni.

In attesa che arrivino i dati di SERENA (BepiColombo entrerà in orbita a Mercurio solo nel 2025, anche se prima farà 6 flybys) studio l’esosfera anche da Terra, utilizzando i telescopi solari. L’esosfera è una cosa molto “curiosa”: la sua densità è bassissima, inferiore al più basso vuoto spinto che possiamo ottenere nei laboratori terrestri, ma se la osserviamo da Terra utilizzando la banda del sodio, la possiamo misurare molto bene e possiamo vedere che ha una forma molto ben definita e che muta continuamente. È uno spettacolo per me vederla e studiarla.

Ovviamente un lavoro così particolare non può non essere svolto in posti come Roma. Ti manca Messina? Pensi mai di tornare?

Sì, purtroppo Messina e tutto il sud restano ancora un po’ defilati rispetto al resto d’Italia e, soprattutto, dell’Europa e del mondo. E questo rende difficile a tanti siciliani emigrati come me, tornarci per fare il lavoro per il quale abbiamo studiato. Ma mi auguro che in un futuro non tanto lontano questo potrà cambiare e avremo la possibilità di tornare. Ormai è da tanto che non vivo più a Messina, ma resta sempre la mia città e mi piace tornarci ogni volta che posso. Mi piace vederla un po’ con gli occhi della “straniera” e un po’ con quelli di chi ci è nata e vissuta.

Quando è nato il tuo sogno e cosa ti senti di dire ai ragazzi messinesi che inseguono le proprie passioni?

L’astronomia era una delle mie passioni durante l’adolescenza, come dicevo prima. E mi reputo assai fortunata di essere riuscita a portarla avanti fino ad oggi e di fare come lavoro proprio quello per cui ho studiato. Ancora adesso faccio fatica a crederci, a volte, ed è di sicuro la cosa che mi aiuta di più a superare le difficoltà o i periodi faticosi che ci sono nel mio lavoro, come in quello di tutti.

Quindi la prima cosa che mi sento di dire ai ragazzi messinesi è che fare un lavoro che ti piace è quello a cui devono aspirare. È importantissimo che coltivino le loro passioni, la loro curiosità e il loro entusiasmo per la vita, sempre. Anche quando sembra impossibile o un po’ strampalato, bisogna sempre tentare di seguire le proprie passioni. E poi vorrei suggerire loro di non prendere la scuola come un noioso dovere o un intralcio a quello che vogliono fare dopo. Al contrario, è un’occasione unica per imparare cose nuove, per avere gli strumenti per capire il mondo che ci circonda e anche per capire se stessi e cosa vogliono fare davvero del loro futuro. Devono sfruttarla al massimo. E per finire, consiglierei loro di andare via da Messina almeno per un po’, per studiare, viaggiare, conoscere posti e persone e vivere realtà diverse, per mettersi alla prova, e poi scegliere coscientemente di tornare a Messina con il loro ricco bagaglio di esperienze, una mente aperta, e tanta voglia di fare.

2 commenti

  1. Gianfranco capillo 21 Novembre 2021 07:38

    Ma perché chiedere di tornare a tutti quelli che hanno successo fuori Sicilia??? Il Sud non funziona e non funzionerà mai per almeno altre quattro generazioni

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  2. Francisca Mangano 21 Novembre 2021 12:31

    Brava ziaaaa!!!!

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