Cicerone a Messina per il caso Verre

Cicerone a Messina per il caso Verre

Redazione

Cicerone a Messina per il caso Verre

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sabato 05 Aprile 2008 - 07:58

Cosa significa essere cittadini romani nel 70 a. C.? Sono trascorsi 140 anni da quando nel 210 a.C. la Sicilia ha vissuto uno dei momenti più significativi della sua storia con il passaggio dell’isola dall’influenza Cartaginese al dominio romano.

Questo nuovo assetto politico ha permesso non solo alla Sicilia ma anche a Messina di conoscere un nuovo periodo di splendore, reso ancora più significativo dall’onore concesso alla nostra città; i romani hanno deciso infatti di elevarla al rango di città federata insieme a Taormina e Noto.

In questo ritrovato clima di serenità e stabilità, ormai più che decennale, ho avuto l’opportunità di conoscere quello che senza ombra di dubbio potremmo considerare l’astro nascente nel panorama politico romano, Marco Tullio Cicerone. Chi, se non lui può dare una risposta alla nostra domanda.

Il noto avvocato romano è giunto nella città dello stretto fra la fine di febbraio e i primi di marzo del 70 a. C., per portare avanti le indagini in vista dell’apertura del processo che vede indagato con l’accusa di concussione Caio Verre, ormai governatore uscente della Sicilia.

Lo scorso gennaio infatti le città siciliane, ad eccezione di Messina e di Siracusa, hanno lanciato questa grave accusa contro il governatore. Verre vanta alle spalle una brillante carriera politica, avendo ricoperto le cariche di questore nel 84 a. C., pretore nel 75 a. C. e legato, per volere del governatore della Cilicia, distretto sulla costa sud-orientale dell’Asia Minore (Turchia), a nord di Cipro, Gneo Cornelio Dolabella, dal quale infine è stato nominato proquestore. Le prime esperienze giudiziarie, risoltesi con la sua assoluzione, risalgono proprio a questo periodo, essendo stato coinvolto nel processo per malgoverno intentato contro il governatore della Cilicia, il solo ad avere pagato per i reati ascrittigli.

Cicerone, vanta alle spalle già qualche esperienza avendo servito come questore a Lilibeo nel 75 a. C., città della Sicilia settentrionale, dove è riuscito ad ottenere larghi consensi fra la popolazione.

Il suo ingresso in politica non è una circostanza di poco conto, vista l’appartenenza alla classe dei cavalieri, notoriamente esclusa dal cursus honorum. Questa è infatti la strada da percorrere e che permette di accedere alle più alte cariche politiche, fra le quali quella di edile curule per la quale concorrerà nelle prossime elezioni.

Fin dall’inizio del nostro incontro ha tenuto a precisare di non poter rilasciare dichiarazioni in merito alle indagini in corso. Si è reso però disponibile a parlare, in qualità di testimone, di un episodio avvenuto a Messina e che ha avuto come protagonista il cittadino romano Gavio di Gonza.

Per poter rendere comprensibile lo svolgersi della vicenda è necessario fare un piccolo passo indietro, precisamente al periodo di prigionia vissuto da Gavio a Siracusa. Qui infatti è stato incarcerato, con l’accusa di essere una spia, e costretto ai lavori forzati nelle latomie per volere di Verre, senza tener conto dei suoi diritti di cittadino romano. Diritti che sono tutelati e stabiliti dalla legge Porcia del 192 a. C. e dalle leggi Scipionie del 123 a. C.

Il protagonista della triste vicenda, dopo aver conosciuto la durezza dei lavori forzati, è riuscito a fuggire da Siracusa trovando scampo a Messina, da dove sarebbe dovuto partire alla volta di Reggio. In attesa di imbarcarsi, si è lasciato andare ad alcuni apprezzamenti su Verre e sull’ingiusta pena patita, attirando le attenzioni di alcune guardie che, insospettite, lo hanno condotto in carcere. La sorte ha voluto che Verre, avendo spostato la sua dimora a Messina ed essendo libero da impegni, fosse presente in città. Dopo essere stato messo al corrente delle illazioni formulate da Gavio, ha deciso di occuparsi della questione in prima persona, facendo portare al suo cospetto lo sventurato.

Come lo stesso Cicerone afferma, Gavio, per volere del governatore, dopo un breve interrogatorio, è stato condotto in piazza e sottoposto a tortura sotto gli occhi sgomenti della cittadinanza. Strazianti urla di dolore sono state sentite a molti metri di distanza dal luogo dove si è consumata la tragedia. Lo stesso ha più volte ricordato di essere un cittadino romano, di aver prestato servizio militare per un illustre cavaliere romano, L. Recio, commerciante di Palermo, dal quale Verre poteva avere conferma delle sue parole. Purtroppo nessuna delle sue suppliche ha potuto evitare che venisse posto un freno all’orrendo supplizio.

La vicenda, secondo Cicerone, “è precipitata così in basso che un cittadino romano è stato picchiato con verghe e poi legato in una pubblica piazza, in una provincia romana, da colui che deteneva fasci e scuri per interesse del popolo romano. Ha osato mettere sulla croce, come conclusione di tutto, uno che affermava di essere cittadino romano-.

Visibilmente scosso dal racconto, Cicerone ha preferito non rilasciare altre dichiarazioni per non dare adito ad eventuali polemiche che potrebbero a suo dire minare la tranquillità della sua indagine. Si è quindi congedato, e positivamente colpito dalla bellezza e dalla ricchezza della città, ha promesso di essere nuovamente nostro ospite non appena tempi migliori lo permetteranno.

Non abbiamo alcun dubbio che sentiremo ancora parlare di Cicerone, che siamo sicuri sia destinato ad una brillante e lunga carriera politica.

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