Reggio, due agenti della municipale ai domiciliari. Sospesi altri sette. VIDEO

Reggio, due agenti della municipale ai domiciliari. Sospesi altri sette. VIDEO

Dario Rondinella

Reggio, due agenti della municipale ai domiciliari. Sospesi altri sette. VIDEO

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martedì 20 Luglio 2021 - 09:46

Si appropriavano indebitamente della merce dei venditori ambulanti. Sequestrata anche una depositeria giudiziaria autorizzata.

Due agenti della Polizia Locale di Reggio Calabria, sono finiti agli arresti domiciliari, mentre altri 7 sono stati sospesi dall’esercizio del pubblico ufficio rivestito per la durata di dodici mesi. I 9 sono accusati di dei reati di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, falso ideologico e violenza privata. I finanzieri nella stassa operazione hanno sequestrato una depositeria giudiziaria autorizzata, regolarmente  iscritta all’Albo Prefettizio. Le indagini eseguite dalle fiamme gialle reggine è scaturita dalla denuncia presentata nell’ottobre del 2020 da un cittadino extra–comunitario, venditore ambulante munito di regolare licenza, sostenendo di aver subìto un furto della merce che esponeva in vendita, da parte di due soggetti ignoti, poi risultati essere due agenti di Polizia Locale, arrestati quest’oggi e  senza la redazione e il rilascio di alcun verbale di sequestro amministrativo o di contestazione.

Nel corso delle indagini, i militari hanno appurato la veridicità di quanto denunciato dall’ambulante. Inoltre da successive indagini, le fiamme gialle reggine hanno rilevato come diversi altri appartenenti alla Polizia Locale sottraessero sistematicamente, nell’ambito degli ordinari servizi finalizzati al contrasto dell’abusivismo commerciale, la merce esposta per la vendita da ambulanti di origini extra-comunitarie, senza provvedere alla redazione e al rilascio di verbali di sequestro amministrativo o di altri atti, ma procedendo alla successiva pubblicazione, sull’Albo Pretorio del Comune, di verbali di rinvenimento di merce redatti nei confronti di soggetti ignoti.

I due agenti finiti ai domiciliari, poi, come risulta sempre dalle indagini, avevano messo in piedi un sodalizio finalizzato alla ricerca di veicoli da rottamare, acquisire o cannibalizzare, unitamente a tre soggetti riconducibili a due imprese operanti nel settore del soccorso e della rimozione di veicoli, una delle quali è una depositeria giudiziaria autorizzata – oggi sottoposta a sequestro – con l’intento di trarne dei guadagni illeciti.

In particolare, i due pubblici ufficiali, trovate sulla pubblica via autovetture sprovviste della necessaria copertura assicurativa, anziché procedere alla contestazione delle violazioni del caso o alle operazioni di sequestro amministrativo, inducevano i proprietari dei veicoli ad affidare gli automezzi in questione ai rappresentanti di una delle due imprese, a turno, dietro la minaccia dell’irrogazione di salate sanzioni pecuniarie e a fronte della mancata contestazione delle violazioni. Questi ultimi, in accordo con i due agenti di Polizia Locale, dietro il pagamento di un corrispettivo di denaro in contanti, procedevano, successivamente, alle operazioni di rimozione e di rottamazione.

Da queste modalità operative, indebitamente, traevano vantaggio economico le due imprese: l’una, autorizzata, i cui gestori operavano nelle vesti di incaricati di pubblico servizio, praticando prezzi di gran lunga superiori a quelli previsti dalla convenzione con il Comune, e omettendo, integralmente, di versare una percentuale degli indebiti introiti a titolo di canone concessorio (non esistendo alcuna verbalizzazione delle contravvenzioni rilevate dai pubblici ufficiali), e l’altra, in totale assenza di qualsivoglia legittimazione a intervenire in rimozione di veicoli per conto del Comune di Reggio Calabria, riconducibile a un soggetto definitivamente condannato per associazione mafiosa.

In altri casi si è persino accertato come i due agenti in argomento sponsorizzassero le imprese operanti coinvolte nel disegno criminoso, prospettando vantaggi e convenienze di vario genere anche quando i contravventori di turno riferivano di conoscere già dei conducenti di carroattrezzi di propria fiducia. Il risultato di tali condotte, grazie anche al potere deterrente delle ingenti sanzioni amministrative prospettate, era il maturato convincimento dei cittadini ad affidarsi alle imprese facenti capo agli indagati.

Un espediente a cui facevano ricorso i due agenti di Polizia Locale era quello di preavvisare i referenti delle imprese di rimozione di veicoli, indicando loro, preventivamente, il luogo delle operazioni, in modo che al momento della loro attivazione, gli stessi potessero repentinamente giungervi. Tale meccanismo, infatti, costringeva i contravventori di turno a versare, in ogni caso, la somma prevista per il “diritto di chiamata”, la quale è dovuta anche se la rimozione non viene eseguita purché il carroattrezzi giunga entro venti minuti dalla chiamata.

In diverse occasioni, gli indagati discutevano del valore di mercato di determinate autovetture, individuate nel corso dei loro “interventi”: i pubblici ufficiali, addirittura, richiedevano ai referenti delle imprese di rimozione di veicoli se i mezzi fossero di loro gradimento, in modo da decidere, in base alla risposta ricevuta, se procedere effettivamente al sequestro amministrativo o meno; di conseguenza, laddove non vi fosse interesse, si procedeva solo in un secondo momento con le obbligatorie verbalizzazioni del caso.

L’interesse in questione è risultato talvolta essere circoscritto a singole componenti degli autoveicoli, alimentando un vero e proprio business sui pezzi di ricambio: alcuni veicoli, difatti, sono stati concretamente cannibalizzati, con asportazione, presso officine “di fiducia” degli indagati, di pezzi da applicare ad autovetture loro o di amici.

Laddove, invece, i due agenti della Polizia Locale si rendevano conto del fatto che i veicoli sanzionabili fossero riferibili a familiari di loro colleghi, si adoperavano per riferire la circostanza a questi ultimi, così da evitare di procedere con la verbalizzazione. In un caso, uno degli indagati ha invitato espressamente il proprio interlocutore (uno dei titolari di fatto della depositeria giudiziaria autorizzata) a spostare un furgone, cosicché lo stesso non potesse essere visto da un suo superiore, con cui in quel frangente era impattugliato. Il timore dell’indagato era quello che il superiore presente avrebbe proceduto a elevare le contestazioni e operare il sequestro del mezzo.

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