"Nudità": luci ed ombre dell'animo umano nell'ultimo lavoro di Auretta Sterrantino

“Nudità”: luci ed ombre dell’animo umano nell’ultimo lavoro di Auretta Sterrantino

Laura Giacobbe

“Nudità”: luci ed ombre dell’animo umano nell’ultimo lavoro di Auretta Sterrantino

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giovedì 21 Aprile 2016 - 06:06

La rassegna si conclude con una pièce dedicata al maestro Kandiskij. Un testo complesso, che si propone di riflettere sulle pulsioni dell’uomo ma anche una metafora della vita di ogni artista e del costante e strenuo sforzo di superamento di sé, alla ricerca della perfezione.

Si è conclusa domenica scorsa la rassegna del teatro Savio “Atto Unico. Scene di Vita. Vite di Scena”, prodotta da QA-QuasiAnonimaProduzioni. A chiudere il cerchio, ancora una piece di Auretta Sterrantino, direttore artistico della rassegna oltre che regista e drammaturgo.
“Nudità. Chiaroscuro permanente”, questo il titolo dell’opera, si ispira al lavoro di collaborazione creativa realizzato dal compositore austriaco Arnold Schönberg e dal maestro del colore Vasilij Kandinskij, i quali per un periodo della loro vita intrattennero una nutrita corrispondenza, legati dal comune fine speculativo della ricerca dell’ “opera totale”. In occasione dei 150 anni dalla morte di Kandiskij, l’autrice si cimenta in un’ambiziosa dedicatoria, la cui complessità trapela dall’aulicità del testo.
Tre personaggi interagiscono all’interno di una scenografia essenziale (sei riquadri in compensato sul fondale, a simboleggiare una serie di grandi tele; al centro un grande tavolo da lavoro). Sono Oreste De Pasquale, Livio Bisignano e Marialaura Ardizzone, rispettivamente nei panni del Maestro Kappa (alterego di Kandiskij), del Maestro Esse (alterego di Schömberg) e di Sibilla, loro assistente e musa. I due uomini, che vivono in semi isolamento nel tempio-rifugio del loro studio, sono del tutto assorbiti dalla ricerca creativa, nel tentativo di realizzare l’opera d’arte perfetta, che contenga al suo interno colore e suono fusi insieme in un tutto trascendente. La ragazza, nel processo creativo, sembra avere un’importanza notevole. Si percepisce l’imprescindibilità del suo ruolo, che tuttavia rimane poco chiaro. Sembra quasi essere il mezzo, il catalizzatore attraverso il quale la creazione debba potersi compiere, ammesso però che ella possegga e conservi determinati requisiti. Nemmeno lei stessa sembra conosce esattamente lo scopo della sua presenza presso i maestri, salvo sentire in sé la tensione all’arte e riporre in loro fiducia totale, nella speranza di essere guidata nella ricerca della propria vocazione. Tuttavia, nemmeno i due artisti hanno chiaro lo scopo ultimo delle loro vite. Si credono consapevoli e fieri del sacrificare la loro intera esistenza alla ricerca del sublime, ma la vendetta del fato svelerà loro la nuda verità. Scopriranno la cecità della loro folle ricerca, le vittime lasciate con noncuranza lungo la strada, e da ultimo l’aridità di una vita priva di sentimento, votata solo all’esaltazione dell’ego.

Nudità è un testo complesso, che si propone di riflettere sulle pulsioni dell’uomo e sulle diverse sfumature che queste possono assumere, a seconda della natura nella quale germogliano; ma al tempo stesso è una metafora della vita di ogni artista e del costante e strenuo sforzo di superamento di sé, alla ricerca della perfezione.
Convincente risulta l’orchestrazione tra il processo narrativo e l’entrata in scena delle musiche (di Vincenzo Quadarella). La scenografia, curata da Giulia Drogo, non risulta ingombrante né scarna, ma ben calibrata con l’intenzione comunicativa.

Laura Giacobbe

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