Cinema: La verità sta in cielo, Messina

Cinema: La verità sta in cielo, Messina

Tosi Siragusa

Cinema: La verità sta in cielo, Messina

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sabato 22 Ottobre 2016 - 22:03

Sulla rotta della decima musa: i docu-film di impegno socio-civile non sempre assurgono a prodotti artistici d’eccellenza. Impressioni a cura di Tosi Siragusa

Potrebbe apparire prima facie insolito l’aver accostato nelle considerazioni che seguono due opere cinematografiche apparentemente distanti. Per sgombrare il campo da possibili fraintendimenti, se ne chiarisce subito la ratio: trattasi, per entrambe, di docu-film fluttuanti fra storia e attualità, paradigmatici di questa nostra epoca. E infatti, se il lungometraggio Messina punta il focus sulla nostra citta, ove il regista tedesco – e, come pare, di lontane origini messinesi – Benjamin Geissler si è mosso in collaborazione con l’Associazione culturale Italo-Tedesca di Messina, il Goethe – Institut di Roma e la Marvin Bros, coproduttrice (nel solco della kermesse culturale rappresentata dal Sabir Fest, sessione messinese, ove il film è stato proiettato presso l’auditorium Fasola, preceduto dalla presentazione di Tonino Perna, già assessore comunale alla cultura, del regista, e della coproduzione) sembra chiaro che la situazione sociale, con il sottostante magma, potrebbe riferirsi ad altri luoghi del paese, tutti ormai in bilico fra tradizioni e sfide future. E difatti, attraverso interviste e documenti si ripercorrono, anche per immagini, gli avvenimenti salienti che hanno traghettato la città nell’era Accorinti, e pur se l’attenzione giustamente conferita all’area dello Stretto potrebbe configurarne un unicum, resta il tentativo di operare un collegamento con il resto d’Europa, in uno ad un parallelismo con le tristi odissee contemporanee, i viaggi della speranza irti di ostacoli e trappole, paragonabili al percorso simbolico di ‘Ndria Cambria nella lotta contro il simbolico cetaceo del celeberrimo romanzo Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo, opera più volte rievocata da voce recitante. La parte più riuscita è senz’altro quella di finzione, per il resto, se si concorda sul tentativo di concepire i fatti messinesi quali metafora delle vicende europee, nelle ricostruzioni documentaristiche ove si dà voce ai principali referenti dell’epoca Accorinti ai suoi inizi, resta assolutamente in ombra (per ovvi motivi temporali e ciò costituisce stridente contrasto) lo scarto fra quanto rappresentato e l’odierno degradante scenario reale (molto simile alla rappresentazione filmica dell’epoca pre-Accorinti) che pare aver tradito l’eccesso di speranze riposte. Ciò, pur senza operare riflessioni approfondite sulle cause, che sono in linea di massima da rinvenire anche nella passata pesantissima eredità, fa apparire il movimento Cambiamo Messina dal basso portatore di meri slogan e la mutazione, in primis mentale, nelle connessioni fra storia, politica e territorio, non sembra veramente intercorsa, laddove esplodono sempre più – anche all’interno – le contraddizioni di un’esperienza oggettivamente fallimentare, laddove il perseguimento della natura pubblica dei beni comuni non sembra più un valore (nella protesta dell’ala estrema dell’accorintismo prima maniera, in parte con coerenza dimissionaria) e laddove le anime superstiti sono ora solo profondamente distanti, senza che ciò costituisca più un punto di forza, ma solo un limite.

L’accostamento con La verità sta in cielo di Roberto Faenza, a questo punto delle riflessioni probabilmente comincia ad apparire convincente: infatti, al di là del caso ben noto, cui il film è dedicato, quello della scomparsa di Emanuela Orlandi ormai da oltre trenta anni (sulle tracce del testo di Vito Bruschini La verità sul caso Orlandi) trattasi in ogni caso anche qui della storia del nostro paese, di pagine buie della storia italiana e di un certo cinema cosiddetto “civile”, che vuole scovare in questo nostro passato per coltivare la conoscenza della memoria storica. E qui le testimonianze di Sabrina Minardi (interpretata da una Greta Scarano a tratti irriconoscibile) storica amante di Renato De Pedis, “Renatino”, boss storico della banda della Magliana (già seppellito a S. Apollinare) coinvolto nella scomparsa della Orlandi e in amicizia con interi pezzi rappresentativi dello Stato e del Vaticano, se non rappresentano tutta la verità raccolta dalla giornalista Raffaella Notariale, ne costituiscono probabilmente una parte. Certo le indagini dovrebbero continuare. Valentina Lodovini, perfetta nei panni della giornalista italiana, così come Maya Sansa in quelli della reporter londinese, a Roma per indagare, e Riccardo Scamarcio, in quelli del boss d’eccellenza, unitamente a interpreti che fanno da valida spalla, contribuiscono certo a dare senso al lungometraggio, valido, però in complesso, più che artisticamente, quale atto di impegno civile.

Tosi Siragusa

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