Mentre la Regione proroga lo stato di crsi in Sicilia, pubblichiamo un'analisi del professore Randazzo. "La politica intervenga sulle cause"
Mentre la Regione proroga lo stato di crisi per la siccità in Sicilia, pubblichiamo una nuova analisi di Giovanni Randazzo (Università di Messina), docente di Geologia ambientale e di Cartografia e dinamica dei litorali.

È indubbio che nel suo complesso in Sicilia negli ultimi 5 anni è piovuto meno di quanto registrato negli ultimi 30 anni (trentennio climatico di riferimento 1991-2020). Le perdite di pioggia maggiore le abbiamo avute nei mesi di marzo e aprile e ottobre e novembre, giusto per sdrammatizzare con la perdita delle mezze stagioni. In quanto a temperature, il 2024 ha fatto segnare periodi caldi più lunghi con temperature massime superiori (42°), ma, se osserviamo le temperature medie degli ultimi tre anni, non riscontriamo variazioni sensibili, a meno che non si voglia proprio fare del catastrofismo.
In futuro andrà sempre peggio per effetto del cambiamento climatico
Discorso diverso è se consideriamo l’impatto di questi fenomeni sull’invasamento delle dighe (minore precipitazione e maggiore evapotraspirazione): nel 23-24, nell’anno idrologico (1 ott – 30 sett), nessuna diga siciliana ha raggiunto il livello autorizzato di invasamento e inoltre la media di invasamento si è mantenuta al di sotto di quella degli anni precedenti. Tutti questi dati sono reperibili nel report annuale dell’Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia che è l’ente che ha competenza in materia.
Gli effetti del cambiamento climatico, cosa diversa della siccità, sono evidenti e lo saranno sempre di più in futuro, in quanto sebbene il 7% della popolazione mondiale (quella europea), ritenendosi forse responsabile dello status quo, voglia impegnarsi nel suo rallentamento, difficilmente ci riuscirà. In definitiva, in futuro andrà sempre peggio.
La politica dovrebbe intervenire sulle cause pure per fronteggiare gli eventi climatici estremi
L’impressione è che la politica si attardi su azioni mitigazioniste che mirano a ridurre le emissioni gasalteranti e che peraltro non trovano un consenso unanime a livello globale, invece di impegnarsi in attività mirate all’adattamento resilente delle nostre città per meglio predisporsi agli effetti degli eventi estremi che si manifestano sempre con maggiore frequenza e intensità. Talvolta sembra che si traguardino illusori obiettivi lontani ma difficilmente verificabili per evitare di intervenire localmente in modo efficace, con soluzioni che non sempre trovano un felice accoglimento: delocalizazione, decostruzione, interventi sulle cause piuttosto che sugli effetti.
La siccità è uno degli effetti dei cambiamenti climatici
La siccità è comunque uno degli effetti dei cambiamenti climatici ed è improbabile che le piogge aumentino o le temperature diminuiscano (non è previsto in effetti da nessuno).
La siccità va letta e scomposta in diverse categorie interconnesse:
- siccità meteorologica, definita sulla base del deficit di precipitazioni;
- siccità agricola quando la riserva idrica nella parte del suolo interessata dalle radici è insufficiente a sostenere lo sviluppo delle colture e dei pascoli;
- siccità idrologica causata da un’insufficiente ricarica delle falde, dei corsi d’acqua e dei bacini superficiali;
- siccità socioeconomica, associata al rapporto domanda-offerta di beni associati con l’acqua.
Per quanto riguarda la prima sembra oggettivo che siamo in un periodo di siccità meteorologica, considerate le medie degli ultimi cinque anni.
Per le altre la cosa si fa più complessa.
Dobbiamo avere un concetto chiaro: la riserva d’acqua che serve per le nostre attività è quella delle dighe che si ricaricano in 1-2 anni e quella delle falde acquifere che si ricaricano in 5-10 anni. Questo è un punto importante, ragionando in termini di risorse.
L’acqua dissalata non può essere considerata una risorsa
L’acqua dissalata non può essere considerata una risorsa. È utile e necessaria in alcune situazioni territoriali specifiche, ma ha un costo di produzione elevato, una notevole produzione di scarti (salamoie) impattanti e un costo per l’utente che deve essere politicamente calmierato. In definitiva l’acqua dei dissalatori può andare bene per quelle città costiere che hanno un’atavica condizione di disagio, anche se non dovuta alla siccità ma alla carenza delle infrastrutture. È chiaro poi che, se si introduce nel circuito acqua dissalata, non si può pensare di continuarne a perderne il 50% nella distribuzione. Deve essere altrettanto chiaro che l’acqua dissalata può essere usata solo per usi potabili. Non è economicamente e tecnicamente pensabile usarla per irrigare i campi o per fini industriali.
Oggi si deve passare a colture diverse e produrre energia verde
L’industria e l’agricoltura devono essere alimentate dagli invasi e in subordine dalle risorse sotterranee, tenendo conto soprattutto dei diversi tempi di ricarica. Per questa ragione, andrebbe immaginata una politica complessiva di adattamento alla siccità idraulica e socioeconomica.
La quantità d’acqua in entrata è in diminuzione. Non è immaginabile continuare a irrigare le stesse superfici di prima con meno acqua. Si deve progressivamente passare a colture diverse, investendo in nuove tecnologie o a immaginare un diverso uso del territorio. Oggi si demonizzano gli impianti eolici e quelli solari, che creerebbero desertificazione, ma quella è la via verso la transizione ecologica e, laddove l’agricoltura non è più sostenibile, sarebbe utile continuare a mantenere la redditività dei campi non più coltivabili, ma producendo energia verde.
Energia più pulita e meno costosa favorirebbe una produzione industriale più attenta e disposta a intraprendere politiche di risparmio e di riuso idrico.
Il problema delle perdite idriche in relazione all’acqua potabile
Infine c’è il problema dell’acqua idropotabile. Un non problema di fatto! L’acqua idropotabile, quella che beviamo, per intenderci, è meno del 10% di quella necessaria per un territorio con il nostro grado di sviluppo: di fatto una piccola percentuale facilmente reperibile e trasportabile, se non si perdesse nella stessa rete di distribuzione. Il problema in effetti non ci sarebbe se le nostre reti di distribuzione non perdessero anche il 50% di quanto immesso nel sistema (gli interventi per ridurre le perdite sono in corso con il Pnrr, n.d.r.).
Efficientamento della rete di distribuzione e uso del suolo consapevole
Infine, è pericoloso pensare di sfruttare ulteriormente la risorsa idrica sotterranea, che si ricarica molto più lentamente. Magari sarebbe meglio fare emergere il suo prelievo abusivo che probabilmente supera il 50% del prelievo complessivo.
In definitiva le reali azioni di contrasto alla siccità da lasciare alle future generazioni dovrebbero essere: un efficientamento della rete di distribuzione e un piano di uso del suolo consapevole e resiliente che tenga conto delle risorse idriche ed energetiche. E, in funzione di queste, individui la migliore destinazione dei diversi territori, evitando inutili posizioni ideologiche e magari guardando le buone pratiche delle altre nazioni europee.
Giovanni Randazzo

Nuovamente con questi problemi che non stanno ne in cielo ne in terra
Basta con il proclamare la Siccità comunque e ovunque ogni anno per sempre
Il problemi sono ben altri ovvero la sistemazione degli impianti idrici, ovvero evitare perdite enormi…..l’ultimo inverno è stato notevolmente piovoso ma per incompetenza della politica, come sempre, tutta quest’acqua è andata nuovamente dispersa
Le dighe sono vecchie e non più sistemate……..perchè ogni volta si deve ricorrere a dire sempre che il problema è la Siccità…?????