Dopo 7 anni di indagini e un sequestro da 7 mln di euro vengono assolti gli imprenditori agricoli accusati di truffa ai fondi comunitari e concorso esterno
Si chiude con un’assoluzione piena la lunga vicenda giudiziaria che ha coinvolto Antonio Di Dio, imprenditore agricolo di Capizzi, e la sua famiglia nelle operazioni antimafia “Nibelunghi” e “Terre Emerse”. Dopo sette anni di indagini, misure cautelari e un patrimonio di 7 milioni di euro sotto sequestro, il Tribunale di Enna ha pronunciato il verdetto definitivo il 22 settembre 2025: “assolti perché il fatto non sussiste”. La sentenza scagiona Antonio Di Dio e i familiari coinvolti dalle pesanti accuse di concorso esterno in associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e truffa all’Ue.
Due indagini e un sequestro
Le due maxi inchieste della Guardia di Finanza, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta, avevano interessato le province di Palermo, Messina, Catania ed Enna tra il 2018 e il 2019. L’operazione “Nibelunghi”, scattata il 15 gennaio 2018, aveva portato all’arresto di sei persone, tra cui lo stesso Antonio Di Dio, mentre “Terre Emerse” del 30 maggio 2019 aveva coinvolto complessivamente 23 indagati. Per gli indagati di Capizzi le accuse contestate nelle due inchieste sono state riunite in un unico processo, chiuso appunto con l’assoluzione.
Al centro delle indagini era finita la famiglia Di Dio, attiva nel settore agricolo da tre generazioni. Antonio Di Dio, 38 anni, agronomo e imprenditore agricolo, era considerato dalla Procura il presunto punto di collegamento tra le diverse province siciliane, con presunti rapporti con famiglie mafiose dei Nebrodi, delle Madonie, dell’Ennese e con i clan catanesi.
Il sequestro milionario
Nel 2018 le indagini avevano portato al sequestro di due società agricole, un’azienda individuale, tre fabbricati tra stalle e fienili, circa 500 capi di bestiame tra bovini, equini e ovini, 800 ettari di terreni distribuiti tra le province di Palermo ed Enna, oltre a conti correnti e rapporti finanziari per un valore complessivo stimato in circa 7 milioni di euro.
L’operazione Terre Emerse
Nell’ambito dell’operazione “Terre Emerse” del 2019, insieme ad Antonio Di Dio erano stati arrestati il padre Domenico (66 anni), il fratello Giacomo (41 anni), la madre Caterina Primo (67 anni) e cognato Giuseppe Sivillo Fascetto (47 anni). Le accuse ruotavano attorno alla presunta gestione di aziende agricole intestate a prestanome e alla facilitazione di operazioni legate ai fondi europei.di concorso esterno in associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e truffa ai fondi comunitari.
La strategia difensiva
La difesa è stata affidata agli avvocati Benedetto Ricciardi del foro di Patti, per Antonio Di Dio e Giuseppe Sivillo Fascetto, e Giuseppe Greco del foro di Enna, per gli altri familiari.
Il pubblico ministero aveva chiesto condanne pesanti, arrivando a domandare 10 anni e 6 mesi di reclusione per Antonio, Domenico e Giacomo Di Dio, salvo poi ritirare le accuse contro Caterina Primo e Giuseppe Sivillo Fascetto.
Le arringhe difensive del 25 e 26 giugno 2025 hanno evidenziato le incongruenze nelle ricostruzioni accusatorie e la mancanza di una valutazione individuale dei singoli imputati. Secondo la difesa, la numerosa famiglia era stata trattata come un unico blocco, generando un quadro investigativo “confuso e non corrispondente alla realtà dei fatti”.
