Gotha - Pozzo 1, l'Accusa chiede l'ergastolo per i killer di Barcellona

Gotha – Pozzo 1, l’Accusa chiede l’ergastolo per i killer di Barcellona

Alessandra Serio

Gotha – Pozzo 1, l’Accusa chiede l’ergastolo per i killer di Barcellona

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domenica 09 Novembre 2014 - 10:36

Al capolinea la trance principale del processo scaturito dal blitz di San Giovanni del 2011. I pm hanno chiesto alla Corte d'Assise 4 ergastoli e 106 anni di carcere. Alla sbarra anche i pentiti Bisognano, Castro e Gullo.

Potrebbe arrivare prima di Natale la sentenza per i boss del Longano, assicurati al carcere ed al 41 bis con l’operazione Ghota- Pozzo 2, scattata il 24 giugno del 2011. Si trattò della prima trance di inchiesta, scattata con quattro retate successive, fino al 2013, che ha colpito al cuore gli assetti di potere del clan del Longano, portato alla collaborazione di boss e nuove leve di spessore, prodotto il sequestro di ingenti patrimoni.

L’inchiesta, siglata dai sostituti della Direzione distrettuale antimafia di Messina e coordinata dal Procuratore Capo Guido Lo Forte, ha permesso di fare luce su decine di omicidi, portando al rinvenimento del cimitero di mafia, nel greto del torrente Mazzarrà, catturare storici latitanti, ed ha condotto in carcere molti colletti bianchi del clan che riciclavano denaro nell’economia e nella finanza. Tra questi, in carcere è andato anche l’avvocato Rosario Pio Cattafi, considerato uomo – cerniera del rapporto mafia e istituzioni, spesso utilizzato dai servizi segreti.

L’ultima svolta del lavoro della Dda sulla città del Longano, partito con il blitz della notte di San Giovanni di 3 anni fa, è il pentimento di Carmelo D’Amico, il boss capo dell’ala militare del barcellonese, che alla metà degli anni ’90 ha siglato il patto di ferro col capo dei mazzarroti Tindaro Calabrese. Tra i suoi affari, oltre alla gestione dei propri mezzi, operanti nei cantieri, la riscossione del pizzo nel milazzese, dove D’Amico controllava direttamente alcune attività commerciali.

Tornando al processo in seno stretto, venerdì è stato il giorno dell’Accusa al processo in corso davanti la Corte d’Assise di Messina, quella che sta celebrando il troncone principale, con alla sbarra molti personaggi di calibro. I pm della Dda di Messina Vito Di Giorgio, Angelo Cavallo e Giuseppe Verzera hanno chiesto ai giudici di emettere condanne per 106 anni di carcere complessive, più 4 ergastoli. Rischiano il carcere a vita Salvatore Calcò Labruzzo, Enrico Fumia, Carmelo Giambò e Nicola Munafò. Richiesta di condanna a 5 anni per “Melo” Bisognano capo pentito dei mazzarroti, 4 anni e 6 mesi per l’altro pentito, Alfio Giuseppe Castro di Acireale, santapaoliano trapiantato nel messinese, 12 anni e 6 mesi per il meccanico di Oliveri Santo Gullo, uomo di Bisognano.

Ancora: 18 anni a testa per Tindaro Calabrese, irriducibile al carcere duro, e Giuseppe Isgrò; 15 anni per Nicola Cannone e Angelo Porcino; 12 anni per Zamir Dajcaj; 6 anni per Salvatore Puglisi. Resta da formulare l’accusa per Mariano Vito Foti: se ne parlerà il 14 novembre prossimo. La parola andrà poi ai difensori, che dovrebbero concludere entro il 18 dicembre prossimo.

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