Condanne confermate, ma più leggere, dopo l'inchiesta sugli appalti tra Mojo e Malvagna. Nel 2022 il comune sciolto per mafia
Messina – Ha retto soltanto in parte al giudizio d’appello l’inchiesta Affari di Famiglia che aveva portato al clamoroso scioglimento per mafia del comune di Mojo Alcantara. La Corte d’Appello di Messina (presidente Tripodi) nel pomeriggio ha sciolto la riserva e ha letto la propria sentenza. Il verdetto in sostanza riduce le condanne per tutti, rispetto a quelle decise in primo grado.
Condanne ma più leggere
Poco più di 4 anni è la condanna dell’imputato di spicco, l’ex sindaco Bruno Pennisi. Il Tribunale lo aveva assolto da tutte le accuse ad eccezione di una ipotesi residuale di corruzione, che il Collegio di secondo grado ha comunque riformato, ritenendola di più lieve entità. In primo grado la condanna era stata a 6 anni di reclusione. E’ giusto ricordare che per Pennisi, difeso dagli avvocati Franco e Nunzio Rosso, erano già state escluse le più pesanti accuse di concorso con la mafia. Per capire come ha ragionato la Corte d’Appello bisognerà attendere la pubblicazione del dispositivo.
La sentenza
Ecco il verdetto della Corte d’Appello: 7 anni per Giuseppe Pennisi, 4 anni e 3 mesi per Antonio D’Amico, 3 anni e 2 mesi per Santo Rosario Ferraro, 7 anni e 6 mesi in continuazione Luca Giuseppe Orlando, 2 anni per Carmelo Pennisi.
Le infiltrazioni dei Laudani a Mojo e Malvagna
L’indagine della Guardia di Finanza ha portato alla sospensione del sindaco di Mojo nella primavera del 2022. In seguito la Prefettura di Messina aveva commissariato il Comune per infiltrazioni mafiose. Agli atti del processo anche le rivelazioni del pentito Carmelo Porto, che ha confermato che il clan catanese Laudani gestiva i lavori e i cantieri nella zona jonica del messinese. Ma il Tribunale nel 2024 ha ritenuto non del tutto provata l’accusa di mafia, che quindi non c’è al vaglio neppure in questo secondo grado processuale.
