Case, immobili e condominio in pillole. La rubrica a cura di Confededilizia Messina
La rubrica a cura di Confededilizia Messina
Agevolazioni per acquisto “prima casa”: 2 anni per rivendere l’immobile
Con la risposta ad interpello n. 127 del 5.5.2025, l’Agenzia delle entrate ha fornito alcuni chiarimenti in merito al nuovo termine di due anni (ex art. 1, comma 116, della l. 30.12.2024, n. 207) entro cui rivendere un immobile agevolato “pre–posseduto”, avvalendosi di nuovo dell’agevolazione per l’acquisto della ‘’prima casa’’. Nella fattispecie portata all’attenzione dell’Agenzia, l’Istante, proprietario di un’abitazione acquistata nel 2018 con le agevolazioni ‘’prima casa’’, il 25.1.2024 ne aveva acquistata, nello stesso Comune, un’altra avvalendosi della agevolazione in esame e impegnandosi ad alienare entro un anno l’immobile agevolato “pre-posseduto”. Tuttavia “a causa di ritardi da parte della banca” non era riuscito a vendere entro il 25.1.2025 la casa precedente e quindi aveva chiesto alle Entrate se poteva avvalersi del maggiore termine (due anni per l’appunto) previsti dal comma 116 di cui sopra. Le Entrate – dopo aver evidenziato che la modifica normativa, introdotta dal citato comma 116 ha raddoppiato il termine per vendere la ‘’prima casa’’, in presenza dei vari requisiti previsti dalla legge, senza perdere l’agevolazione per il nuovo acquisto – in riferimento alla decorrenza della nuova disposizione, hanno ricordato di aver già precisato con risposta fornita nel corso dell’8° Forum dei Commercialisti, tenutosi il 27.1.2025 e pubblicata su Italia Oggi il giorno successivo, che il nuovo termine (non essendo previsto dalla norma che l’estensione del predetto limite temporale sia riservata agli atti di acquisto di immobili stipulati a far data dall’1.1.2025) si applica anche nel caso in cui, al 31.12.2024, non sia ancora decorso il termine di un anno, entro cui il contribuente è tenuto ad alienare l’immobile “pre-posseduto”. Pertanto, nel caso portato all’attenzione dell’Agenzia – considerato che, secondo quanto dichiarato dall’Istante, il secondo acquisto dell’abitazione con l’agevolazione ‘’prima casa’’ è avvenuto in data 25.1.2024 e, dunque, al momento dell’entrata in vigore della citata modifica normativa, il termine per rivendere l’immobile agevolato “pre-posseduto” era ancora in corso – la stessa ha ritenuto applicabile il nuovo termine di due anni per rivendere il suddetto immobile. In sostanza – ha concluso l’Agenzia – l’Istante, in virtù dell’intervento normativo in esame, avrà tempo fino al 25.1.2026 per alienare l’abitazione agevolata pre-posseduta, senza decadere dai benefici ‘’prima casa’’ fruiti sul nuovo acquisto.
Niente tasse sugli interessi se non sono stati richiesti: l’Agenzia delle Entrate non può presumere il versamento
Con l’ordinanza n. 8301 del 29 marzo 2025, la Corte di Cassazione (Sezione tributaria) ha chiarito un principio importante in materia di contratti di locazione: l’Agenzia delle Entrate non può presumere il pagamento di interessi se il locatore non ne ha formalmente richiesto la corresponsione. Nel caso esaminato, il contratto prevedeva la possibilità per il locatore di richiedere interessi a fronte delle spese di ristrutturazione sostenute, ma tale richiesta non era mai stata avanzata. La Suprema Corte ha precisato che il diritto a percepire tali interessi, anche se previsto contrattualmente (sia per locazioni abitative che non abitative), sorge solo a seguito di una specifica domanda. Pertanto, in assenza di tale richiesta, non è legittimo per l’Amministrazione finanziaria presumere che tali somme siano state effettivamente corrisposte, né procedere alla relativa imposizione fiscale. Una decisione che rafforza il principio di tassazione effettiva e non presuntiva, nel rispetto dell’autonomia contrattuale delle parti.
Il consiglio di condominio
L’art. 1130-bis cod. civ., rubricato “Rendiconto condominiale”, stabilisce al secondo comma, che l’assemblea possa “nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condòmini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari”. La stessa norma aggiunge che “il consiglio ha funzioni consultive e di controllo”. In proposito la giurisprudenza, di recente, ha chiarito che “l’assemblea condominiale può certamente deliberare la nomina di una commissione di condòmini con l’incarico di esaminare i preventivi di spesa per l’esecuzione di lavori, ma le decisioni di tale più ristretto consesso condominiale sono vincolanti per tutti i condòmini – anche dissenzienti – solamente in quanto rimesse alla successiva approvazione, con le maggioranze prescritte, dell’assemblea, le cui funzioni non sono delegabili ad un gruppo di condòmini” (cfr. Trib. Roma, sent. n. 13773 del 9.9.2024). Ciò posto, in questa sede interessa affrontare l’ulteriore questione se le “funzioni consultive e di controllo”, cui fa riferimento la disposizione in argomento, possano essere esercitate in relazione a qualsiasi materia di interesse condominiale o solo con riguardo al rendiconto. Sul punto, c’è da dire che la collocazione della previsione concernente il consiglio di condominio nell’ambito di un articolo che si occupa, sostanzialmente, di rendiconto condominiale fa propendere per la tesi che tali funzioni siano limitate a questa materia. Tuttavia, vi è anche da rilevare che nulla vieta ai regolamenti condominiali (nuovi o vigenti) di contenere norme di differente tenore che attribuiscano al consiglio in questione più ampie funzioni. Dunque, la libertà di regolare, in relazione alle esigenze di ciascuna realtà condominiale, le funzioni del consiglio di condominio è, in ogni caso, salvaguardata.(da Confedilizia Notizie)—
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