Ortolani dimostra con immagini storiche e topografiche che le vittime non sono dovute all'abusivismo
-E’ evidente che qualcosa non funziona- ci ha detto il prof. Franco Ortolani, Ordinario di Geologia e Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio, Università di Napoli Federico II. -Il disastroso evento del 1° ottobre rappresenta una catastrofica ed eccezionale sperimentazione naturale che deve essere utilizzata dai ricercatori e dai rappresentanti delle Istituzioni per imparare come potere garantire, almeno, la sicurezza dei cittadini dal momento che l’ambiente è ormai da anni occupato diffusamente con una antropizzazione e urbanizzazione che ha seguito le “regole dell’uomo” e talvolta è stata spontanea, vale a dire abusiva-.
E allora, dato che per correggere bisogna capire, il professore ci guida in un rapido ma lucido e preciso viaggio nell’analisi sull’evento alluvionale del Messinese Jonico: -Il dato emergente e più preoccupante è che eventi piovosi simili possono avvenire in molte altre parti d’Italia, improvvisamente, senza preavviso, colpendo cittadini indifesi. I fenomeni atmosferici che li causano sono “fenomeni autoctoni” che si innescano localmente in certi periodi dell’anno e in certe condizioni morfologiche e atmosferiche, evolvono e ”colpiscono” senza la possibilità che siano individuati in tempo. A dir la verità, anche quando stanno già colpendo con piogge da circa 100 mm l’ora, non vi è un sistema di controllo pluviometrico (almeno un pluviometro moderno collegato in rete per ogni area abitata) che in tempo reale sia in grado in individuare l’area “epicentrale” dell’evento e naturalmente non vi sono piani di protezione dei cittadini già predisposti e sperimentati che consentano, almeno, di non avere vittime-.
E’ quindi importante, secondo il prof. Ortolani, pensare al futuro piuttosto che al passato e, soprattutto, pensare ad agire in modo tale che eventi del genere non si ripetano, e quindi in modo positivo, anzichè prendere provvedimenti troppo affrettati e poco seri in modo negativo su quanto avvenuto, senza capire in realtà a pieno quello che è successo: -Come già detto l’evento del 1 Ottobre 2009 si può verificare in altre zone; ciò nonostante c’è chi preferisce cercare la responsabilità della tragedia, senza prove, invece di rimboccarsi le maniche e cercare di recuperare il tempo perso per fornire una difesa, almeno, per non avere altre vittime da “cumulo nembo”. Ha fatto notizia, nei giorni dopo la tragedia del messinese, la ricerca del “colpevole”; ricerca che dovrebbe essere fatta da esperti tecnici e scienziati per chiarire cosa abbia causato la grande quantità di pioggia precipitata al suolo nella ristretta area epicentrale di circa 50 km quadrati-.
E allora il professore si tuffa all’interno della discussione-tormentone che ha caratterizzato il post-alluvione: è colpa dell’abusivismo, come dice qualcuno, oppure l’abusivismo non c’entra?
-Su Tempostretto del 4 novembre 2009 si legge – continua il professore – che secondo la Commissione Ambiente della Camera “la colpa principale, di questa come della maggior parte delle calamità alluvionali, è l’abusivismo edilizio… i casi di abusivismo edilizio sono i primi a provocare i disastri annunciati. Le cause principali: costruire nell’alveo dei fiumi o su un terreno franoso.” Sempre su Tempostretto il 4 ottobre 2009 apparve la dichiarazione del prefetto di Messina Alecci «L’abusivismo non c’entra nulla con l’alluvione». Senza voler entrare nel merito delle conclusioni della Commissione Ambiente della Camera, che hanno tutta l’aria di non essere tecniche e per di più senza basi conoscitive, si fa presente che oltre ai dati acquisiti e finora pubblicati dallo scrivente che illustrano l’estrema gravità degli effetti al suolo causati dalle piogge (migliaia di colate rapide di fango e detriti e una potente e devastante colata rapida fangoso-detritica che ha devastato parte di Scaletta Zanclea Marina e danneggiato un pilone dell’Autostrada Messina-Catania), basta effettuare un confronto tra la situazione urbanistica del 1954-55 e le mappe e foto aeree degli ultimi anni per accertare se le aree maggiormente colpite dove si sono avute numerose vittime (Giampilieri Superiore e Scaletta Zanclea Marina) siano state urbanizzate solo di recente (per verificare se costruzioni recenti siano abusive occorre una attenta verifica amministrativa che si suppone sia stata effettuata dalla Commissione Ambiente della Camera)-.
La figura 1 (vedi photogallery) illustra l’urbanizzazione di Giampilieri Superiore nel 1954-55 e nel 2002. L’area delimitata dalla linea rossa è quella dove più devastanti sono stati gli effetti delle colate di fango che si sono incanalate in Via Chiesa e Via Vallone raggiungendo Piazza del Pozzo e la Fiumara.
La figura 2 (vedi photogallery) propone il confronto della mappa del 1954-55 con la foto aerea del 2006. Come si vede l’area devastata è il centro storico di Giampilieri Superiore già urbanizzato almeno dal 1954-55.
E Ortolani spiega in modo chiarissimo che -come si può riscontrare dalle immagini di figura 3 (anche qui, vedi photogallery) l’area più devastata dalla colata detritica del T. Racinazzo e dall’esondazione del T. Divieto (delimitata dalla linea rossa) erano già urbanizzate nel 1954-55. Le costruzioni sono aumentate nelle aree circostanti, oltre all’edificio di 4 piani in sinistra orografica del T. Racinazzo danneggiato dai massi trasportati dalla colata e successivamente abbattuto.
Nelle aree in esame sono state fatte modificazioni agli alvei autorizzate dalle competenti istituzioni. I fenomeni sono stati di enorme gravità, come evidenziato nelle note pubblicate dallo scrivente; solo se i torrenti avessero avuto a disposizione sezioni libere di varie decine di metri le colate fangoso-detritiche non avrebbero causato danni alle costruzioni e alle persone. Come si vede dalla figura 3, già nel 1954-55 l’area devastata (delimitata dalla linea rossa) era urbanizzata per cui lo stesso tipo di fenomeno idrogeologico
avrebbe causato distruzioni-.
Con quest’intervento, il prof. Ortolani intende -solo evidenziare la situazione urbanistica già consolidata dal 1954-55 nell’ambito delle aree maggiormente colpite dai dissesti verificatisi l’1 ottobre 2009. Ciò non toglie che nelle aree possano essere stati eseguiti interventi non autorizzati.
Quanto macroscopicamente evidente dalle immagini sopra riportate può essere adeguatamente approfondito mediante idonee ricostruzioni amministrative che consentano di definire con precisione le modificazioni edilizie avvenute dal 1954-55 nelle aree devastate dai dissesti. Già da questa prima ricostruzione si può condividere l’affermazione del Prefetto di Messina dicendo che non solo l’abusivismo non c’entra niente con l’alluvione (ci mancherebbe, dal momento che l’alluvione è stata causata da un fenomeno meteorologico) ma che le vittime, la distruzione e i danni ai manufatti non sono la conseguenza dell’abusivismo edilizio-.
