L'intervento - Termovalorizzatori, ma dde che?

L’intervento – Termovalorizzatori, ma dde che?

Redazione

L’intervento – Termovalorizzatori, ma dde che?

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venerdì 01 Febbraio 2008 - 08:45

Al di là del titolo provocatorio ci sono alcuni fatti sui quali vorrei invitare ad una riflessione. Si tratta, per esempio, di capire in che consista questa pretesa valorizzazione.

È evidente che le leggi di Natura non possono essere trasgredite od ignorate solo perché i media presentano i termovalorizzatori come la soluzione definitiva del problema dei rifiuti nel mondo occidentale. Alcune affermazioni si scontrano con le leggi della Fisica. Una fondamentale legge è la seguente: “la massa non si crea e non si distrugge- (Principio di Conservazione della Massa). Tale principio vale ovunque nell’universo e si applica anche ai rifiuti negli inceneritori. Questo significa che una tonnellata di rifiuti, prima dell’incenerimento, peserà una tonnellata anche dopo l’incenerimento, ma sarà sotto forma di ceneri, polveri più o meno sottili, gas e altri materiali intercettati da costosissimi e raffinatissimi sistemi di filtraggio. Pertanto se si avranno meno ceneri, si saranno prodotti più polveri e gas (più o meno nocivi). Inoltre va sgombrato il campo da un altro equivoco: il fatto che il termovalorizzatore produca energia non vuol dire affatto che la massa dei rifiuti venga trasformata in energia (fortunatamente non si hanno reazioni nucleari negli inceneritori!). Vuol dire solo che l’energia termica sviluppata nella combustione del CDR viene trasformata in energia elettrica. Si sottintende che questa energia è la valorizzazione dei rifiuti stessi, infatti non si avrebbe se il CDR andasse in discarica.

L’incenerimento è, per quanto sopra, non una distruzione della massa dei rifiuti ma una riduzione del loro volume, cioè una sorta di efficiente compattamento, chimico anziché meccanico. Il prezzo pagato per questa riduzione di volume è l’emissione di gas e polveri, evidentemente. In buona sostanza, l’incenerimento altro non è che il conferimento di una grande percentuale della nostra spazzatura in una enorme discarica ad utilizzo apparentemente gratuito: l’atmosfera. Resta poi, naturalmente, il problema di cosa fare delle ceneri e dei filtri, rifiuti speciali che non possono andare a finire sotto il tappeto. La logica conseguenza di quanto sopra è che l’incenerimento non è e non può essere la soluzione del problema dello smaltimento dei rifiuti, come da propaganda mediatica su questo tema. La termovalorizzazione, dunque, non impedirà all’umanità di essere sepolta dai rifiuti, ma servirà al massimo a posporre quel momento – sempre che non ci si avveleni prima con i gas e le polveri.

La più rigorosa ma semplice maniera per non restare presto seppelliti dai nostri rifiuti è, in base ai precedenti ragionamenti, quella di limitarli al massimo. Ampliare il riciclaggio è certamente una delle tecniche più efficienti. Stefano Dall’Agata in un suo bell’articolo (http://www.sinistra-democratica.it/dalla-stampa/articol-771) ci ricorda che riciclare un Kg di plastica sia molto più conveniente (dal punto di vista energetico) che rifarla ex novo dal petrolio. Io mi spingerei un po’ più in avanti. Un flacone di plastica (p.es. quello del detersivo per i piatti) è quasi eterno, e non c’è affatto ragione di riciclarlo (cioè pulirlo, fonderlo e farne buste di plastica): basta riutilizzarlo così com’è (cioè riempiendolo di nuovo detersivo). Purtroppo, non è così per le lattine o per i sacchetti della spesa o quelli della spazzatura.

Il riciclaggio quasi completo di molti materiali è però possibile, ma questo presuppone a monte un sistema industriale disposto a recepire e – stavolta sì! – a valorizzare i rifiuti. Purtroppo senza una cartiera nelle vicinanze non è utile riciclare la carta; senza una fonderia vicina e opportunamente attrezzata è impossibile riciclare l’alluminio; senza industrie elettroniche opportunamente specializzate non si possono riciclare i telefonini ed i televisori; ecc.. Quindi va posta la seguente domanda: se in una regione (e.g. la Sicilia) non c’è un sistema industriale in grado di recepire e processare i materiali riciclati in maniera economicamente conveniente, come si potrà mai riciclare fino al 30% di RSU? Io non credo che tutto dipenda dalla inciviltà e l’arretratezza culturale dei cittadini. E infatti in Sicilia si ricicla meno ancora che in Campania (a Messina il 3%) e la situazione è destinata a peggiorare. In cambio del conferimento di una modesta quota di rifiuti campani, la Sicilia di Cuffaro ha ottenuto dal governo Prodi (con buona pace di Pecoraro Scanio) lo sblocco della costruzione dei 4 (quattro) termovalorizzatori più grandi d’Italia. La Sicilia dunque si sta attrezzando per diventare la principale pattumiera d’Italia, dove si brucerà tutto ciò che non si riciclerà, cioè quasi tutto. Anzi, più si brucerà più sarà conveniente per i privati che gestiranno gli impianti. Ed in Sicilia l’equazione “far soldi con i rifiuti= ecomafie- è facile da ipotizzare.

Secondo me, la più razionale risposta al problema dei rifiuti, l’obbiettivo cui tendere, sta nella “Opzione Zero- di Paul Connett: tutto ciò che prima o poi dovrà essere incenerito semplicemente non dovrebbe essere prodotto. Ma bisogna realizzare che questo è impossibile in un modello di sviluppo neo-liberista. Infatti produrre solo ciò che serve e può essere riutilizzato è possibile solo in una società che persegue il bene comune, non in una società che insegue il profitto. Presentato così questo tema delinea l’arcinota dicotomia sostenibilità-mercato e l’unica soluzione razionale che io so trovare sta dal lato della sostenibilità. Cioè il socialismo del futuro. Ma purtroppo ci vorrà tempo (specialmente se la sinistra cincischia addirittura nel federarsi e non si decide ad unirsi).

Nel frattempo, però, non si può permettere che i rifiuti urbani riempiano le strade e qualcosa bisognerà fare, perché non si può attendere ed ammalarsi con la spazzatura sotto casa. Quindi qualche inceneritore bisognerà pur costruirlo, ma senza esagerazioni bulimiche come quella siciliana. Comunque oltre ad un generico “puntare sul riciclaggio- – i cui limiti come già detto stanno nel livello di sviluppo industriale del territorio e non solo nella buona educazione della gente – io credo che l’azione del governo possa comprendere qualche intervento, che mi limito ad elencare.

1)Sganciare la TARSU dalla metratura delle abitazioni/esercizi ed agganciarla alla quantità di rifiuti prodotti per gli esercizi commerciali ed alla quantità a persona per le famiglie: chi fa meno spazzatura meno paga.

2)Aumentare la TARSU ma scontarla sensibilmente (fino al 70%) ai cittadini in proporzione alla quantità dei materiali riciclati: chi più ricicla meno paga.

3)Utilizzare i grandi centri commerciali come centri di raccolta di materiale riciclabile imponendo (al rilascio della licenza) l’onere del trasporto dei materiali da riciclare a destinazione (un tir che si svuota in un ipermercato potrebbe caricare la carta lì raccolta e nel viaggio di ritorno scaricarla in una cartiera).

4)Estendere gli incentivi alla rottamazione oltre che a dispositivi elettronici, elettrodomestici, ecc. anche a mobili, materassi e suppellettili varie.

5)Introdurre incentivi fiscali notevoli per quelle imprese e distribuzioni che consentano l’acquisto sfuso dei prodotti e, corrispondentemente, sconti notevoli per il consumatore. Per esempio l’acquisto dei detersivi (o anche acqua minerale, olio, latte, passata di pomodoro, surgelati, succhi, farina, zucchero, sale, pasta, ecc.) da opportuni dispensers e mediante contenitori riutilizzabili.

6)Distribuzione sfusa dei farmaci (no blister né scatole) in base al numero esatto di compresse/fiale necessarie alla terapia in contenitori personalizzati (il che produrrebbe anche grandi risparmi al SSN) e volantino illustrativo (elettronico).

7)Vietare per legge, o almeno tassare pesantemente, la produzione e l’uso dei sacchetti di plastica per la spesa e delle vaschette di polistirolo per prodotti alimentari, e similari prodotti inutili.

8)Istituzione del Recycle manager nei comuni e negli enti pubblici.

Beniamino Ginatempo

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