A Messina il 2018 è stato l'anno "della schizofrenia"...

A Messina il 2018 è stato l’anno “della schizofrenia”…

A Messina il 2018 è stato l’anno “della schizofrenia”…

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lunedì 31 Dicembre 2018 - 08:01
L'analisi

Cara Donna Sarina, mi chiedi di sapere cosa, secondo me, è accaduto di buono e di cattivo in questo anno ormai giunto al termine. L’argomento si presta a molteplici visioni, punti di vista, esperienze personali e di conoscenza.

Potrei parlarti di politica come di sport o di cronaca, di persone che non ci sono più e di eroi della vita quotidiana come di mascalzoni o di gente insignificante. Essendo un osservatore di Messina potrei chiederti a mia volta come fai ad amarla così tanto, e come fai a non dire come tutti i messinesi che è una città invivibile, che è sporca, che “a Messina siamo Buddaci” come dice il 99 per cento dei messinesi, anche se almeno il 50 per cento non capisce il significato di ciò che dice.

Potrei parlarti di De Luca, ma sarebbe troppo facile ancora una volta insistere sull’argomento della politica gridata, o dei suoi fans piuttosto che dei suoi avversari.

Potrei risponderti anche parlando della utopia di una città, di una società migliore e della distopia in cui i messinesi sembrano ritrovarsi, con una classe media nascosta e silente che lascia ai potenti la gestione della enorme massa dei poveri e del potere.

Oppure potrei ripercorrere il tuo articolo in cui professi il tuo amore per Messina, perché vorrei capirlo il tuo cuore. Perché mi ricorda il cuore e il sentimento di chi si innamora del carcere in cui vive come se avesse paura di uscirne fuori e dei suoi carcerieri.

Addirittura molti tuoi concittadini rassegnati, invocano orribilmente una azione esterna, un nuovo terremoto che cancelli il presente e il recente passato di una città che si marginalizza in modo schizofrenico.

Ecco, forse è cosi. A Messina, questo passato è stato l’anno della schizofrenia. Non pensi Donna Sarina?

E’ stato un anno caratterizzato dalla persistente sensazione di smarrimento, dalla alterazione delle funzioni percettive del comportamento civile e appunto della affettività ai luoghi intesi come comunità.

Ci si è svegliati all’inizio dell’anno con Renato Accorinti e poi si è professato amore incondizionato al suo esatto opposto. Si è giurata la vendetta contro i potenti davanti ai quali con profusione di ossequi ci si è subito genuflessi alla prima occasione elettorale.

Ci si è inchinati davanti a due piccoli bellissimi eroi e si calpesta la loro memoria con comportamenti giornalieri socialmente inaccettabili.

Si tollerano anche quest’ anno le baracche perché, “tanto non ci devo vivere io”, però “è una cosa assurda che nel 2018 ci siano ancora le baracche e il Comune non fa niente” per poi dire quando il Sindaco cerca di intervenire “chissà quali affari loschi stanno combinando”. Tutto questo lo abbiamo notato, vissuto e letto anche nei tuoi articoli.

Allora Donna Sarina, ecco una cosa buona di questo anno passato: leggere i tuoi articoli e leggere Tempostretto. Perché ci avete dato una informazione corretta e appassionata, a volte dura, ma onesta. Sei stata abile e attenta come i tuoi colleghi della redazione e avete a volte cambiato idea, confermando che le persone intelligenti sanno farlo se lo ritengono giusto.

Donna Sarina, ciò che di buono è accaduto è che poi hai raccontato emozionandoci, come si può amare un luogo, nonostante tutto e in modo costruttivo. Perché è questo il vero amore, non quello che spinge l’amante tradito a uccidere il fedifrago, ma quello di chi l’amore lo vive da vicino o ti consente anche di stare lontano pur di vedere la gioia in ciò o in colui che ami. Quello che ti permette di osservare i difetti e te li fa esaminare senza paura di ferire ma con la voglia di curare. Grazie Donna Sarina. Buon 2019.

F.sco Divino

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