Poggio dei Pini, storia e retroscena di un crollo annunciato

Poggio dei Pini, storia e retroscena di un crollo annunciato

Alessandra Serio

Poggio dei Pini, storia e retroscena di un crollo annunciato

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domenica 17 Gennaio 2016 - 15:21

Dai fallimenti dell'impresa ai continui sgomberi, dai dubbi sul progetto originario al calvario degli abitanti, costretti ad acquistare due volte le loro case, costantemente minacciate dalla collina. Quegli allarmi rimasti nel cassetto e le inchieste finite nel nulla.

La sorte del complesso Poggio dei Pini è comune a molti altri complessi sorti sulle colline messinesi, una vicenda paradigmatica della pagina forse più nera della storia messinese, quella a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, quando schiere di costruttori si tuffarono nell’edilizia sfrenata, edificando senza ritegno su colline fragili. Così, a San Michele e Giostra non c’è soltanto Poggio dei Pini, come non c’è soltanto San Michele a Messina, ma anche l’Annunziata e Montepiselli. Una storia fatta di progetti edilizi enormi, adagiati su terreni a rischio idrogeologico, acquistati da numerosi inquilini che poi si sono ritrovati a fare i conti non soltanto col dissesto, ma anche con il fallimento dell’impresa costruttrice. Fallimenti di dubbia trasparenza, non sempre determinati dallo stato di necessità dell’impresa, ma piuttosto voluti e pilotati come strumento di gestione finanziaria per ridurre le spese. Il risultato è che, come a Poggio dei Pini, gli abitanti si ritrovano a non essere proprietari delle loro abitazioni, a doverle ricomprare due volte o lasciarle, a non riuscire a formare un comitato di condomini in grado di far fronte ai problemi creati dal dissesto, così da dover pagare profumatamente e più volte per interventi di consolidamento che invece avrebbe dovuto realizzare l’impresa costruttrice.

Lo sanno bene i residenti (vedi qui), che da anni fanno i conti con i continui crolli, gli sgomberi e le spese paradossali, e alzano la voce, protestano ma puntualmente si trovano alle prese con gli stessi problemi. Nel 2013 la gran parte dei residenti ha dato vita ad un comitato. Poco prima avevano scoperto che il complesso era stato inserito nella black list del PAI, il Piano stralcio di assetto idrogeologico, come area R4 di livello 2. Per farsi una idea, la stessa del costone di roccia crollato sull’autostrada a Letojanni. Ancora prima avevano scoperto, spulciando tra le carte, che esisteva da tempo una relazione che segnalava il rischio idrogeologico della zona edificata, ponendo molti punti dubbi sulla stessa edificabilità ab origine della collina La storia del complesso inizia alla fine degli anni ’80.

I terreni sono della Edil San Michele, il progetto edilizio della Edil Giuffrè. Gli acquirenti la acquistano nel ’92-’93 e cominciano a pagare il mutuo. Ma alla fine del decennio falliscono prima la società costruttrice, poi la società proprietaria dei terreni. Insomma il progetto naufraga ma i lavori al complesso non sono terminati, e certamente non sono mai state approntate idonee opere di contenimento della collina sovrastante. I fallimenti aprono negli acquirenti la strada ad un timore, quello di non recuperare mai più le somme spese. Così, nonostante le prime perplessità sulla regolarizzazione successiva degli acquisti andarono ad abitare gli immobili. Nel ’94, in seguito al primo esposto presentato da uno degli abitanti, la Procura dispose una perizia, affidandola all’ingegner Giuseppe Mallandrino. La consulenza porta alla luce la discrasia tra la classificazione di rischio idrogeologico e quella risultante dal Prg Tekne, dove la zona figura come area di completamento residenziale B3d. Ovviamente alla base del progetto e delle conformità ottenute c’è questo secondo atto.

La perizia va a fondo e si scopre che c’è una difformità della variante rispetto al progetto originario,un aumento di volumetria ed una serie di anomalie registrate nelle concessioni e nelle autorizzazioni. Ad esempio le analisi di fattibilità delle opere, allegate al progetto di variante, sono prive della firma del geologo relatore, la strada d’accesso è stata costruita in zona vietata, area agricola. Le certificazioni di collaudo degli immobili sono state rilasciate a fine lavori e non a lavori in corso, nulla quindi si sa sulla corretta esecuzione delle opere. Non risultano pagati gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, né sono state realizzate interamente le opere di urbanizzazione stessa (come la prevista strada d’accesso e i parcheggi), l’allaccio alla fognatura non è autorizzato, così come quello per l’acqua potabile. Per le palazzine non sono stati richiesti e quindi emessi certificati di conformità, quindi non esisteva attestazione di abitabilità. Infine non risultano realizzate le opere previste a protezione del pendio del corpo A (la palazzina più vicina alla collina). Tra l’altro in un primo momento il Corpo Forestale non aveva rilasciato il nulla osta per costruire la palazzina a ridosso della collina poiché non erano rispettati i 10 metri di distanza previsti, né erano state progettate opere di protezione. Successivamente lo stesso nulla osta fu rilasciato. Il perito Mallandrino così conclude la relazione: “sussiste uno stato d’incombente pericolo d’accertarsi a mezzo delle autorità competenti. E con riferimento alla normativa urbanistica e antisismica si deve rilevare che in virtù delle molteplici inadempienze fin qui evidenziate le unità immobiliari non possono considerarsi né abitabili né agibili”.

La perizia Mallandrino pone le basi per una inchiesta penale per dissesto colposo, e parte i processo per cinque persone tra rappresentanti legali delle imprese, progettisti e direttori dei lavori, accusati di disastro colposo. Il processo si chiude con un’assoluzione tombale. Le lotte degli abitanti permettono di compiere se pur parziali lavori, nel corso degli anni, e nel 2003 le case vengono addirittura rivalutate. Con l’esito paradossale, all’inizio del 2011, proprio per gli abitanti. All’inizio del decennio, infatti, la curatela fallimentare non riesce a superare gli ostacoli posti dal tracollo finanziario delle imprese e mette le famiglie davanti ad un bivio: o riacquistare le case, ovviamente al prezzo rivalutato, o sgomberare e pagare i 14 anni di affitto pregresso. E i soldi fin lì versati? “Spariti” nel fallimento.

Dal 2011 ad oggi sono stati almeno 3 i crolli avvenuti a Poggio dei Pini, in almeno due casi diverse famiglie sono state fatte sgomberare. Dopo un primo sgombero, qualche anno fa, sono stati effettuati lavori di consolidamento del costone. Lavori che hanno avuto il placet tecnico e che hanno convinto il Comune ha rilasciare l’agibilità. Ieri il nuovo crollo.

Dietro questa sequela di eventi, tristemente comune a molti complessi abitativi messinesi, Poggio dei Pini annovera una ulteriore buia pagina di cronaca. Nel ’91 uno degli avvocati interessati alle vicende finanziarie del fallimento viene gambizzato. Qualche anno dopo Luigi Sparacio, ex boss pentito, racconta che è stato lui a sparare, su mandato. Il legale doveva essere punito, racconta, per aver costretto l’impresa a fallire. Il processo si chiuse con l’assoluzione degli imputati: le dichiarazioni di Sparacio, bollato come falso pentito da sentenze successive, non trovarono alcun riscontro.

Di là del caso specifico, anche questo retroscena oscuro è comune a molte altre storie imprenditoriali messinesi. Da un lato una classe di costruttori spregiudicari che ha speculato indisturba per almeno due decenni, devastano un territorio fragile e ricorrendo troppo spesso a fallimenti di comodo che hanno messo in ginocchio le famiglie. Dall’altro una classe di professionisti che ha strozzato a turno le fortune imprenditoriali di quelli che avevano contribuito a fare crescere, per approfittare di quei capitali attraverso strumenti legali come le gestioni fallimentari, le gestioni dei beni sequestrati, i passaggi di mano nelle proprietà delle società, le laute parcelle e gli incarichi. E’ sotto questo peso che crollano le colline messinesi. A pagare, sempre e soltanto i cittadini.

Alessandra Serio

12 commenti

  1. Grazie Alessandra, finalmente qualcuno che ha il coraggio di scrivere la verità, spesso offuscata da soggetti poco imparziali.
    Di tutte queste cose molti di noi ne conoscevano l’esistenza e si sono appellati più volte alle autorità competenti, ricevendone schiaffi e addirittura minacce di querela da parte della Curatela fallimentale che, qualche anno fa, gongolava sulla bontà di un progetto di messa in sicurezza appaltato per scongiurare eventuali pericoli di crolli o dissesti. Questa manovra gli era stata utile per intimare ai compromissari acquirenti di riacquistare i loro immobili (a prezzi rivalutati) in “assoluta sicurezza” o traslocare e pagare molti anni di affitti perchè ritenuti abusivi. E’ ora che si aprino le danze…

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  2. Grazie Alessandra, finalmente qualcuno che ha il coraggio di scrivere la verità, spesso offuscata da soggetti poco imparziali.
    Di tutte queste cose molti di noi ne conoscevano l’esistenza e si sono appellati più volte alle autorità competenti, ricevendone schiaffi e addirittura minacce di querela da parte della Curatela fallimentale che, qualche anno fa, gongolava sulla bontà di un progetto di messa in sicurezza appaltato per scongiurare eventuali pericoli di crolli o dissesti. Questa manovra gli era stata utile per intimare ai compromissari acquirenti di riacquistare i loro immobili (a prezzi rivalutati) in “assoluta sicurezza” o traslocare e pagare molti anni di affitti perchè ritenuti abusivi. E’ ora che si aprino le danze…

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  3. LE AUTORITA’ INQUIRENTI DOVREBBERO FARE LUCE SU QUESTI RILEVANTI ASPETTI :
    “Da un lato una classe di costruttori spregiudicati che ha speculato indisturbata per almeno due decenni, devastando un territorio fragile e ricorrendo troppo spesso a fallimenti di comodo che hanno messo in ginocchio le famiglie acquirenti. Dall’altro una classe di professionisti che ha strozzato a turno le fortune imprenditoriali di quelli che avevano contribuito a fare crescere, per approfittare di quei capitali attraverso strumenti legali come le gestioni fallimentari, le gestioni dei beni sequestrati, i passaggi di mano nelle proprietà delle società, le laute parcelle e gli incarichi. E’ sotto questo peso che crollano le colline messinesi”.

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  4. LE AUTORITA’ INQUIRENTI DOVREBBERO FARE LUCE SU QUESTI RILEVANTI ASPETTI :
    “Da un lato una classe di costruttori spregiudicati che ha speculato indisturbata per almeno due decenni, devastando un territorio fragile e ricorrendo troppo spesso a fallimenti di comodo che hanno messo in ginocchio le famiglie acquirenti. Dall’altro una classe di professionisti che ha strozzato a turno le fortune imprenditoriali di quelli che avevano contribuito a fare crescere, per approfittare di quei capitali attraverso strumenti legali come le gestioni fallimentari, le gestioni dei beni sequestrati, i passaggi di mano nelle proprietà delle società, le laute parcelle e gli incarichi. E’ sotto questo peso che crollano le colline messinesi”.

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  5. Con un sindaco così incline all’accoglienza, siamo tutti fratelli e sorelle , pace e ammore ecc. ecc. ecc,sicuramente in tempi brevi non farà mancare un immediato sostegno a chi è stato colpito da questa disgrazia, speriamo….

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  6. Con un sindaco così incline all’accoglienza, siamo tutti fratelli e sorelle , pace e ammore ecc. ecc. ecc,sicuramente in tempi brevi non farà mancare un immediato sostegno a chi è stato colpito da questa disgrazia, speriamo….

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  7. Ma tanto non pagherà nessuno,come al solito Messina verminaio

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  8. Ma tanto non pagherà nessuno,come al solito Messina verminaio

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  9. E’ uno dei tanti frutti marci di come si è urbanizzato a Messina,si è fatto di tutto per arricchire la rendita fondiaria e costruttori senza scrupoli.Il colpo mortale lo ha poi dato nel 2002 la Variante Generale,ancora vigente,che PRATICONI URBANISTI osarono chiamare Piano Regolatore Generale.Ci furono Consiglieri Comunali di FORZA ITALIA, come Pippo CAPURRO, che dichiararono di essere orgogliosi di aver votato quel PRG. Le linee guida di Sergio DE COLA sul nuovo PRG e la SALVA COLLINE dovrebbero impedire di devastarle ancora di più, l’obiettivo è salvaguardare l’incolumità dei messinesi, anche per questo ACCORINTI è aggredito politicamente. Naturalmente il TIPICO CITTADINO MESSINESE,di cui parla LIMOSANI,darà la colpa del passato a RENATO.

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  10. E’ uno dei tanti frutti marci di come si è urbanizzato a Messina,si è fatto di tutto per arricchire la rendita fondiaria e costruttori senza scrupoli.Il colpo mortale lo ha poi dato nel 2002 la Variante Generale,ancora vigente,che PRATICONI URBANISTI osarono chiamare Piano Regolatore Generale.Ci furono Consiglieri Comunali di FORZA ITALIA, come Pippo CAPURRO, che dichiararono di essere orgogliosi di aver votato quel PRG. Le linee guida di Sergio DE COLA sul nuovo PRG e la SALVA COLLINE dovrebbero impedire di devastarle ancora di più, l’obiettivo è salvaguardare l’incolumità dei messinesi, anche per questo ACCORINTI è aggredito politicamente. Naturalmente il TIPICO CITTADINO MESSINESE,di cui parla LIMOSANI,darà la colpa del passato a RENATO.

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  11. Cara ALESSANDRA un articolo di cui andare orgogliosi, una cronistoria puntuale e ricca di riferimenti, non c’è nulla da aggiungere, BRAVISSIMA. Ho scritto in altro commento che le linee guida del nuovo PRG e la variante Salva Colline di Sergio DE COLA sono due dei tanti motivi del tiro al bersaglio su RENATO sindaco, costringerlo a dimettersi e poi cestinarli. L’urbanizzazione degli ultimi 35 anni ha compromesso lo sviluppo economico di Messina e messo a rischio la nostra incolumità, restituendoci questa COSA che non è più una città. A questi misfatti bisogna aggiungere almeno due generazioni di manovali e muratori senza una dignitosa pensione, in quei cantieri si lavorò rigorosamente senza versare contributi previdenziali. VERGOGNA.

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  12. Cara ALESSANDRA un articolo di cui andare orgogliosi, una cronistoria puntuale e ricca di riferimenti, non c’è nulla da aggiungere, BRAVISSIMA. Ho scritto in altro commento che le linee guida del nuovo PRG e la variante Salva Colline di Sergio DE COLA sono due dei tanti motivi del tiro al bersaglio su RENATO sindaco, costringerlo a dimettersi e poi cestinarli. L’urbanizzazione degli ultimi 35 anni ha compromesso lo sviluppo economico di Messina e messo a rischio la nostra incolumità, restituendoci questa COSA che non è più una città. A questi misfatti bisogna aggiungere almeno due generazioni di manovali e muratori senza una dignitosa pensione, in quei cantieri si lavorò rigorosamente senza versare contributi previdenziali. VERGOGNA.

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