Barcellona. Nino Pino Balotta. Le mani sull’eredità dimenticata. Buona volontà, strumentalizzazioni e polemiche. Ma la grande assente è l’università di Messina.

Barcellona. Nino Pino Balotta. Le mani sull’eredità dimenticata. Buona volontà, strumentalizzazioni e polemiche. Ma la grande assente è l’università di Messina.

Barcellona. Nino Pino Balotta. Le mani sull’eredità dimenticata. Buona volontà, strumentalizzazioni e polemiche. Ma la grande assente è l’università di Messina.

giovedì 08 Ottobre 2009 - 17:40

L’università concede alla Corda Fratres l’autorizzazione a prelevare e conservare le carte di Nino Pino. Ma numerose personalità del mondo scientifico, politico e culturale firmano un appello affinché sia l’università a prendersene cura. Il presidente dell’associazione, Giuseppe Soraci, replica: «Siamo pronti a riportare tutto dov’era. Non siamo stati compresi». Intanto c’è chi lavora alla ricostruzione dell’archivio, chi lo ricorda con convegni, chi vuole vendere i locali di via Operai donati al PCI e attuale sede della sezione del PD.

Povero Nino Pino. Nel centenario della nascita tutto avrebbe desiderato, perfino un ricordo silenzioso, piuttosto che la grande bagarre cui stanno dando vita in questi mesi vecchi amici e amici dell’ultim’ora, reduci di partito e comitati, università e istituzioni locali. Un teatrino che stride con la coerenza e la serietà del personaggio. Per chi non lo sapesse, l’unica certezza è che nei 22 anni trascorsi dalla morte in pochi si sono realmente presi cura del lascito morale, spirituale e materiale del poeta e dello scienziato Nino Pino. E chi lo ha fatto si è mosso a volte con un atteggiamento circospetto ed esclusivo. Non l’hanno fatto il partito comunista, il PDS, il PD. Non lo ha fatto l’università, salvo che per la borsa di studio destinata agli studenti di veterinaria, di cui si è occupato personalmente il prof. Luigi Chiofalo, amico e collega di Balotta. In questi anni di dimenticanza, c’è chi ha approfittato per saccheggiarne la biblioteca, chi ha spulciato tra le carte, chi si è impossessato di materiali e documenti nel più totale disinteresse di quanti avevano l’obbligo di custodirli. Le polemiche recenti rischiano di farsi sterili e pretestuose. Chi grida oggi allo scandalo avrebbe fatto bene a pensarci prima, stimolando le istituzioni culturali e politiche, l’università di Messina e il partito in primis, e inchiodandole alle proprie responsabilità. Soprattutto l’università ha dimostrato una tale sufficienza nei riguardi del patrimonio di Nino Pino da lasciare interdetti. Evidentemente Balotta peccò di eccesso di fiducia credendo che un ente votato alla ricerca e alla promozione della cultura fosse per statuto il più adatto ad accogliere e a fare fruttare la sua eredità. Oggi non sorprende che la “Corda Fratres” di Barcellona abbia ottenuto dall’università il permesso formale di prelevare e custodire “quel che resta delle carte di Nino Pino” per restituirle “a richiesta” dopo avere proceduto alla disinfestazione, al restauro e alla classificazione. Nobile intento, quello dell’associazione barcellonese. Ma a farlo doveva essere l’università, unica destinataria del lascito. A questo proposito è condivisibile l’opinione dei firmatari dell’appello per il rispetto delle volontà testamentarie di Nino Pino: «L’Ateneo messinese avrebbe dovuto prendersi cura di tale prezioso materiale, custodendolo, catalogandolo e mettendolo a disposizione di chi volesse conoscerlo e consultarlo».

I firmatari del documento, personalità del mondo della scienza, della cultura, della politica ed esponenti della società civile, chiedono che «venga immediatamente revocato l’atto di cessione dei documenti di Nino Pino alla “Corda Fratres” e che l’Ateneo provveda direttamente a tutto quanto necessario alla loro conservazione e valorizzazione, togliendoli al controllo di privati, che non offrono alcuna garanzia circa il loro uso. Tutto questo onde sottrarre la memoria di Nino Pino ad ogni possibile strumentalizzazione e tutelare l’immagine stessa della massima istituzione culturale della provincia di Messina».

La “Corda Fratres” replica con una lettera del presidente Giuseppe Soraci: «Apprendiamo che questa nostra sensibilità non è stata gradita, né sappiamo quale diversa iniziativa sia stata intrapresa in 20 anni dagli attuali nostri contraddittori per evitare che le carte di Nino Pino divenissero letame e cibo per gatti. Comunque, per ovviare a ogni polemica da cui deve restare indenne il nostro socio Nino Pino, ci siamo decisi a riportare quanto finora prelevato lì dov’era, con soddisfazione di tutti, rammentando a noi stessi quanto sempre attuale resti l’antico aforisma del Gattopardo, secondo cui «tutto si perdona in Sicilia, tranne il fare!».

Vedremo cosa ci riserverà la prossima puntata. Ricordiamo intanto che la “Corda Fratres” fa parte del comitato costituito quest’anno per «onorare e mantenere vivi la figura, l’opera e l’insegnamento di Nino Pino e valorizzare la tradizione e la cultura popolare e locale attraverso studi, seminari, convegni, pubblicazioni, eventi di carattere spettacolare in campo musicale, cinematografico e televisivo». Anche il consigliere del PD Orazio Calamuneri è recentemente intervenuto nel dibattito. «A proposito dello strano improvviso interesse nei confronti di Nino Pino Balotta sorge spontanea una domanda – scrive Calamuneri – Ma che c’entrano taluni personaggi con Nino Pino? Comitati pletorici, celebrazioni con celebranti sconosciuti al movimento operaio e contadino e che mai hanno avuto a che fare con Nino Pino, né lo hanno mai votato o fatto votare nonché distanti anni luce dal suo modo di pensare e agire. Da vivo Nino Pino è stato ferocemente lottato, combattuto, criminalizzato. Era il lupo cattivo, e persino al suo funerale siamo stati in pochi. Qual è allora il motivo di tanto affannarsi ora? A chi giova?» si chiede ancora il consigliere del PD.

Sul fronte del patrimonio, ha destato per lo meno sorpresa l’intenzione del PD di vendere i locali di via Operai che Balotta aveva ceduto gratuitamente al PCI e che attualmente ospitano la sede della sezione locale del partito. «Al di là dei problemi relativi ai beni – scrive Calamuneri – Nino Pino Balotta appartiene al movimento operaio e contadino, alle lotte per l’emancipazione delle classi più deboli, agli antifascisti, agli assetati di giustizia». Ma come la mettiamo con le carte di Nino Pino? Lasciamo che il tempo e l’incuria le cancellino? In fondo un esame di coscienza per questa triste storia di dimenticanza e di ingratitudine, che ha visto affondare nel disinteresse e nell’opportunismo parte dell’eredità materiale e spirituale di Balotta, dovrebbero farlo in tanti.

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