Il provvedimento firmato dal ministro della Giustizia su richiesta del Procuratore Capo Lo Forte e dei sostituti della Dda di Messina. I boss erano stati arrestati nei mesi scorsi nelle operazioni Gotha 1 e Gotha 2. Devono rispondere a vario titolo di omicidi, associazione mafiosa, estorsione ed usura
Dopo le indagini e gli arresti ora arriva anche il carcere duro. Il tanto temuto 41 bis si è abbattuto come una mannaia sul capo dei boss di Cosa Nostra di Barcellona e Mazzarrà Sant’Andrea. Il Ministro della Giustizia, Nitto Palma ha firmato il decreto su richiesta del Procuratore Capo di Messina, Guido Lo Forte e dei sostituti della DDA, Angelo Cavallo, Fabio D’Anna, Vito Di Giorgio e Giuseppe Verzera. Il provvedimento riguarda Giovanni Rao, ritenuto il capo indiscusso della mafia barcellonese, Salvatore “Sem” Di Salvo, Salvatore Ofria, Carmelo Giambò, Salvatore Calcò Labruzzo ed Enrico Fumia. Un sestetto di grosso spessore criminale secondo quanto raccontato dai collaboratori di giustizia Carmelo Bisognano e Santo Gullo. Proprio le dichiarazioni del boss pentito dei “Mazzarroti” Bisognano e del suo fido collaboratore Gullo, a giugno ed a luglio hanno consentito di disarticolare Cosa Nostra barcellonese nelle operazioni “Gotha 1 e 2”. Grazie alle due gole profonde i sostituti procuratori della Dda hanno potuto ridisegnare la mappa delle famiglie mafiose della zona tirrenica, ricostruire le gerarchie e dare un nome a mandanti ed esecutori di numerosi casi di lupara bianca. Alcuni resti sono già stati ritrovati nel cimitero della mafia di Mazzarrà S.Andrea, altri sono ancora introvabili. Ma nel pentolone sono finite anche alcune estorsioni come quella all’Aias di Barcellona. Il 41 bis raggiunge, dunque, l’attuale capo indiscusso della famiglia mafiosa di Barcellona, quel Giovanni Rao, originario di Castroreale, indicato quale successore di Giuseppe Gullotti. Suoi uomini di fiducia altri due destinatari del provvedimento, Sem Di salvo e Salvatore Ofria. Sicuramente vicino al boss Carmelo D’Amico e Carmelo Giambò mentre Salvatore Calcò Labruzzo ed Enrico Fumia sono stati indicati dai pentiti come affiliati al gruppo dei “Mazzarroti” guidato da Tindaro Calabrese. Giambò, Calcò Labruzzo e Fumia sono accusati, a vario titolo, di cinque casi di lupara bianca: quelli di Antonino Ballarino, Sebastiano Lupica, Carmelo Triscari Barberi, salvatore Munafò e Natalino Perdichizzi.
il carcere duro lo darei a qualche parlamentare e non alle persone che loro dicono che sono mafiosi.