"Still Alice", la spietata lotta per mantenere la propria identità

“Still Alice”, la spietata lotta per mantenere la propria identità

Tosi Siragusa

“Still Alice”, la spietata lotta per mantenere la propria identità

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domenica 25 Gennaio 2015 - 06:40

Sulla rotta della decima musa: il film, scritto e diretto da Richard Glatzer e Wash Westmoreland, è un adattamento del bestseller "Perdersi" di Lisa Genova. Splendida la prova artistica della protagonista Julianne Moore. Impressioni a cura di Tosi Siragusa.

Il bellissimo film drammatico già ben accolto a Toronto e da applausi e commozione del pubblico e della stampa all’ultimo Festival del Cinema di Roma, distribuito da “Good Films”, in Italia sugli schermi dal 22 gennaio, è un adattamento del bestseller “Perdersi” di Lisa Genova, che descrive Alice Howland, donna brillante brava ed affermata professoressa di linguaggio ad Harvard, felice moglie e madre di tre figli che sarà colpita dalla “malattia dei neuroni”.

Il lungometraggio trasporta Alice alla “Columbia University” di New York e può contare sulla recitazione impeccabile di una Julianne Moore già vincitrice di un Golden Globe Awards come migliore attrice drammatica e in odore di Oscar, in una performance intensa e profonda, nella rappresentazione di questa donna, che ha lavorato sodo per raggiungere i suoi obiettivi, anni di studio delle strutture del linguaggio, di molti notti ravvivate da caffè e quando, alla soglia dei 50 anni, sente di avercela fatta, vede però crollare la propria esistenza e scollarsi il proprio mondo a causa di un Alzheimer ereditario precoce e assai rapido con la malattia che colpisce anche i legami familiari: riuscirà comunque a reagire con intelligenza e forza d’animo.
Julianne Moore, che finora non è riuscita a vincere l’ambita statuetta, questa volta potrebbe farcela è perfetta e misurata, commovente, autentica, cruda, reale e rivelatrice e supera il rischio di scadere nel melodrammatico, portando sul grande schermo una grande figura femminile che, pur se colpita duramente, non diventa mai vittima, restando sempre una combattente, che prova comunque a vivere al meglio. Altri interpreti sono Kristen Stewart e Alec Baldwin, Kate Bosworth, Hunter Parrish: soprattutto l’interpretazione della Stewart di Lydia, la figlia minore di Alice, aspirante attrice, è particolarmente riuscita. Le due si ritrovano grazie all’Alzheimer e, via via che la malattia peggiora, il mondo autentico sembra mostrarsi. La sceneggiatura è degli stessi registi, Richard Glatzer e Wash Westmoreland, compagni d’arte e nella vita; le intense musiche sono di Ilan Eshkeri.

Film delicato e spietato in uno, scandito dallo sguardo di Alice che, inquadratura dopo inquadratura, si svuota, racconta lo spettacolo straniante e straziante della perdita, dell’erosione, delle parole che si staccano dalle cose, dei nomi che non sono più legati ai volti, dei ricordi che si mischiano, del presente che giganteggia, slegato da passato e futuro, ma disvela anche che la malattia, può divenire rivelazione. Il film non è però solo cronaca del male straziante, una sonda il nesso profondo fra identità, affetti e senso di una vita. Alice vale ancora, pur nella distruzione delle sue capacità linguistiche e cognitive, perché l’essenza di una persona non è basata sull’intelletto e l’amore può riuscire ad affrontare lo sfacelo (si può reagire riconoscendo l’amore degli altri). Alice cerca, dunque, un modo per lasciare istruzioni a se stessa, quando perderà i ricordi. Si scoprirà che il mondo può esistere prima delle parole e oltre le parole: nel finale annientamento e trionfo coincidono e Alice sarà “ancora Alice”.

Voto: 8,5

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