Alla Laudamo di Messina l'apprezzata pièce diretta da Domenico Cucinotta e con Maria Pia Rizzo splendida interprete
MESSINA – Per la Sezione “Disvelamenti”, alla Saletta Laudamo, nel solco dell’annuale programmazione 2025/2026 dell’E.A.R. “Teatro V. Emanuele” di Messina, è degna di menzione la vulcanica “mise en scène” “Cirano”, una Produzione “Teatro dei Naviganti”, che ha avuto incipit il 16 ottobre, in serale, e sarà in rappresentazione fino al 20: in particolare, le prossime date saranno il 19 ottobre ore 18, 30 e il 20 ottobre ore 10,00.
Trattasi della briosa resa liberamente tratta dall’originario assai noto script, a mezzo convincente adattamento riconducibile a Mariapia Rizzo e Domenico Cucinotta, attuali condirettori artistici del Messinese “Teatro dei Naviganti” , con la prima assistente alla regia e il secondo direttore della pièce stessa.
La Rizzo ne è stata, ancora, splendida interprete, nel ruolo principale, quello appunto del protagonista dell’intitolazione, il sensibile, nobile anche di cuore, abilissimo nell’utilizzo di spada e parola ma non altrettanto piacevole quanto alle fisiche sembianze (talchè, anzi, viene sovente citato per il suo naso extra- ordinem). Il talentuoso spadaccino per fortuna riporterà vittoria nel celeberrimo triangolo amoroso ove si contrappone a Cristiano, di bell’aspetto, ma un po’ vacuo quanto a qualità espressive, nella contesa che li vede rivali per la conquista della bella Rossana, che si caratterizza anche per la sua predisposizione verso la profondità di contenuti e lo spessore culturale.
La fanciulla è infatti dotata di spiccata fascinazione verso l’eloquio fluente, interessata, anzi attratta, soprattutto dal cervello dei suoi corteggiatori, e ricerca l’Amore autentico e la bellezza dell’anima.
E compirà la sua scelta amorosa proprio in tal senso, al termine di una congerie di complessi accadimenti contrassegnati da missive poetiche toccanti solo apparentemente riferibili al giovane avvenente, che riescono a cogliere nel segno.
Se questo è il target di riferimento, ben noto, con il suo innegabile valore non solo drammaturgico, abbracciando anche un’etica significanza – che Edmond Rostand, attraverso la ispirazione alla storica figura seicentesca di Savinien Cyrano de Bergerac, ha voluto restituirci, consegnandoci personaggi rimasti a imperitura memoria – si comprende bene allora la motivazione sottesa alla messa a punto della performance in parola.
La predilezione di una offerta teatrale rivolta anche a giovanissimi fruitori, ad un pubblico per così dire composto anche da nuclei familiari, che ha spesso costituito modello per gli spettacoli ai Magazzini del Sale con Rassegne dedicate, di pregnanza, al di là del valore prettamente artistico, anche formativa nell’ambito delle arti performative teatrali, ha di sicuro allora costituito ragione primaria per la proposta della Compagnia di inscenare il Cirano, accolta dall’attuale direzione artistica del Vittorio Emanuele, nella Sezione ricomprendente quelle “mise en espace” capaci di focalizzarsi oltre il convenzionale, addentrandosi in nuovi territori anche a mezzo riletture di opere letterarie oramai entrate nel novero dei testi reputati classici.
Voglio significare che la piece odierna, se per l’indovinato ricorso a costumi e accessori di scena ben caratterizzati e variopinti e ad uno scenario favoleggiante, si è a buon titolo prestata a interagire, coinvolgendoli, con fruitori anche di giovanissima età, non ha per questo messo in offerta un prodotto culturale relegabile ad una sfera così individualizzabile “tout court”, poiché proprio per la rivisitazione dell’opera, ha inteso veicolare un fondamentale messaggio di purezza, di ricerca dell’integrità morale e dell’unicità, anche in ambito artistico, quel restare fedeli al proprio credo rifuggendo i compromessi (al di là di facili omologazioni che potrebbero permettere di non fuoriuscire mai dalla nostra “confort zone” assai più comoda), la capacità di sostenere le proprie idee, pur se scomode, sobbarcandosene il rischio. Ciò si può attagliare infatti all’universo teatrale, laddove, ferma restando la qualità artistica, elemento di forza è – e deve essere – quello di contribuire a scuotere le sopite coscienze e far riflettere stimolando interrogativi sul corretto percorso umano che anche il teatro, in questa epoca di stordimento collettivo, può e deve rappresentare in funzione de-anestetizzante, da mezzo di risveglio di massa.
Proprio l’aver inserito la programmazione anche in orari antimeridiani, con vere e proprie matinèe, se ha reso la rappresentazione rivolta a istituti scolastici di ogni ordine e grado – che si auspica ne possano aver tratto giovamento – non prescinde affatto, comunque, dall’intercettare una fascia di domanda teatrale differente, che può riconoscersi nella fattispecie “de qua” proprio per la messa in valore della cultura, dell’abilità espressiva, del propugnare l’essere irripetibile e inattaccabile nella propria coerenza, in un momento sempre più appannaggio di falsi vincitori, servi del potere che, se nel breve periodo potrebbero avere la meglio, sono destinati alla lunga a soccombere poiché solo portatori di una forma scevra di sostanza, di mera ambizione, di perseguire falsi idoli e quello sciame mediatico di inseguimento del successo e della visibilità, lungo una facile scia predeterminata, mentendo in primis a se stessi su ciò che può costare il riportare vittoria. E se l’opera teatrale del 1897 del poeta e drammaturgo francese, il Cirano, ha generato una miriade di testi critici, oltreche trasposizioni in ambito letterario e poetico, della settima arte e musicale e in rappresentazioni teatrali, talchè ancora ai nostri tempi (così pervasivamente di oppressione con indirizzo verso un pensiero dominante) se ne avverte il bisogno – oltrechè il piacere – di trasfonderlo in piece tematiche, è per la sua innegabile universalità e la potenziale adattabilità ad ogni contesto spazio-temporale, magistralmente colta dal Teatro dei Naviganti, realtà in grado di rimanere stimolante e viva, inserendo in cartellone presso la propria sede, o spendendosi anche per l’Ente Teatro V. Emanuele o altri portatori di offerta teatrale con contenuti di alta qualità e pregnanza.
Ancora, menziono le musiche, ben pertinenti, e i brani fortemente evocativi che esaltano l’idea dello svelamento del gioco scenico, così come il piano luci, essenziale e con pochi cambi, anch’esso perfettamente simmetrico, con incipit dalla scena scabra e illuminata, a sottolineare le parole iniziali della piece: Nulla è accaduto e tutto sta per accadere. Accade sempre.
Last but not least, non può che lodarsi la ottima resa interpretativa di Antonio Previti, nel ruolo antagonista, di Marina Cacciola nei panni confacenti della bella Rossana alla ricerca dello spessore mentale e di Elvira Ghirlanda quale energico e talora scomodo alter ego di “Cirano de Bergerac” e sorta di petulante suo grillo parlante.
Se ne consiglia la visione anche quale tributo all’arte scenica.
Foto di Rino Labate.

Uno spettacolo di alta qualità che mi ha sorpreso e deliziato.
Attori bravissimi.