Come vivere, morire e risorgere dopo “Via Crudex”. Le stazioni di uno spettatore minacciato

Come vivere, morire e risorgere dopo “Via Crudex”. Le stazioni di uno spettatore minacciato

Emanuela Giorgianni

Come vivere, morire e risorgere dopo “Via Crudex”. Le stazioni di uno spettatore minacciato

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martedì 30 Maggio 2023 - 15:00

Non si è più gli stessi dopo aver assistito ai tre giorni di sold out della nuova produzione del Teatro dei 3 Mestieri firmata da Rosario Palazzolo

MESSINA. Il Teatro dei 3 Mestieri chiude la stagione “Tracce d’inchiostro” con tre sold out per la sua nuova produzione: “Via Crudex – Cantico della minaccia”, dove Rosario Palazzolo firma regia e drammaturgia.

Una Via Crucis dolorosa e incalzante, nella quale i protagonisti Stefano Cutrupi e Silvana Luppino trascinano lo spettatore, a lui rivolgono direttamente la loro minaccia. Alle loro stazioni corrispondono quelle della nostra minaccia, le abbiamo allora ripercorse, per riflettere su come vivere un’opera quale Via Crudex, come morirne, e come – forse – cercare di risorgerne.

Prima stazione: la tensione verso l’ignoto

La Via Crucis dello spettatore inizia prima ancora di averne consapevolezza. Un avviso fuori dal teatro ci informa che stiamo per vivere uno spettacolo dove suoni o rumori potrebbero turbare lo spettatore sensibile. Ma non saranno quelli i veri responsabili del suo turbamento, a sgomentarlo sarà il logorio rivoltante delle sue emozioni.

Ancora fuori dalla sala sentiamo una musica assillante, sulle note della quale ci inoltriamo nel nostro travaglio. Entrando, una luce elettrica illumina gli attori già in scena. Ma non c’è scena, o meglio, la scena è ovunque. Non vi è alcuna separazione tra scena e platea, il pubblico siede anche sul palco, ai lati di Cutrupi; tra le gradinate trova, invece, Luppino. Su una video proiezione inizia a lampeggiare: Stiamo per cominciare.

Ecco la prima stazione della Via Crucis dello spettatore. Inizia il nostro cantico della minaccia. A minacciarci è, prima di tutto, la tensione verso l’ignoto, in Via Crudex non si sa mai cosa aspettarsi, cosa stia per arrivare; lo spettatore non può mai abbassare la guarda, resta costantemente all’erta. È questo continuo tendere verso qualcosa che non sappiamo che ci affascina e spaventa contemporaneamente. “Cosa saresti disposto a fare per il teatro?” si chiedono gli attori. E cosa è disposto a fare il teatro per non perdersi dietro i capricci di un pubblico alla ricerca costante dell’esibizione?

Anche lo spettatore è caricato della croce

Il teatro di Palazzolo è disposto a metterlo alle strette. Via Crudex lo fa da subito, sin dall’inizio carica lo spettatore del peso della sua croce. Così giungiamo ad una nuova stazione: la tensione verso l’inaspettato si aggrava dell’esperienza di quanto vissuto.

L’intensa interpretazione di Silvana Luppino, capace di trasformarsi d’improvviso da carnefice a vittima, coinvolge in prima persona uno tra gli spettatori. E con lui, ne siamo coinvolti tutti. Da qui non si torna più indietro. Nessun climax emotivo, l’apice del sentire è raggiunto già in partenza, d’ora in poi sarà tutta “un’acrobazia emotiva”, un groviglio interiore senza alcun riparo da noi stessi.

Lo spettatore riprova a respirare

È più di una Via Crucis. È davvero una Via Crudex. E lo è perché i condannati a portare la croce sono consapevoli del loro destino, sanno di star intraprendendo un cammino di dolore tutto in salita. In Via Crudex no. Non è un calvario in salita, ma direttamente sulle montagne russe. In costante stato di minaccia, lo spettatore non si risparmia però dalle tante risate; si ride, si canta e ci si diverte tra le stazioni di Via Crudex. Lo spettatore riprende pian piano a respirare, ma non lo fa mai del tutto. Vi è sempre qualcosa a trattenerlo, non riusciamo a dimenticare la spada di Damocle che sentiamo sospesa sulla testa, pronta a cadere da un momento all’altro.

Quelle risate, infatti, nascondono o preparano a qualcosa di più, come quando incontriamo Stefano Cutrupi nei panni di una signora imbellettata. E se il sentimento del contrario dell’umorismo pirandelliano cela dietro le risate una profonda amarezza, le risate di Palazzolo vanno oltre, riescono anche a sconvolgere. La signora ci fa ridere, poi ci commuove, poi ci spaventa e sciocca (non sarà mai più possibile guardare Antonella Clerici con gli stessi occhi, o preparare allo stesso modo un brasato).

Le emozioni, quindi, si confondono, si intrecciano, in un’unità distinta il cui risultato finale è sempre un pugno allo stomaco.

Lo spettatore è incatenato

Qualsiasi sia il modo diverso che lo spettatore ha di vivere ciò cui sta assistendo, ognuno di noi si trova incatenato alla sua sedia (e non solo metaforicamente). Se una parte di noi vorrebbe scappare, l’altra è attratta, ipnotizzata e irrimediabilmente catturata da ciò che succede. In questo ritmo incessante, senza pace, ci sentiamo come Prometeo incatenato, sottoposti alla continua tortura di un’aquila che ci dilania il fegato. Anche noi, come il titano mitico, ci illudiamo talvolta di aver risanate le nostre ferite, ma ecco che l’aquila torna a divorarci, in un supplizio ancora maggiore.

Prometeo, però, viene punito per la sua tracotanza, quella hybris che lo spinge a superare i suoi limiti. La nostra colpa, invece, è opposta. Il pubblico (e anche la critica), “dispensatore di tendenze e divoratore di emozioni”, va alla ricerca disperata di una nuova esibizione, veloce, confortante e che non faccia pensare (vietati termini come parossismo!); è perennemente insoddisfatto, dice di non capire, di volere un teatro in italiano, per poi usare “quant’altro”, “piuttosto che”… Allora l’attore deve riuscire a concentrare tutto ciò che sa in “60 minuti al massimo, meglio 40, e se lo fai in 30 secondi sei un genio!”. 

Nessuno è risparmiato

Non solo non superiamo più i nostri limiti, noi non cerchiamo neanche di avvicinarcene, non ci interessa conoscerli, ed è così che inizia il vero calvario.

Palazzolo è capace al tempo stesso di condannarci, darci ciò che cerchiamo, rivelarci ciò che ci manca. Se talvolta riusciamo a sentirci dalla sua parte, condividiamo con lui il ruolo dei “minaccianti”, è impossibile non sentirsi prima o poi il destinatario diretto della sua minaccia. Non risparmia nessuno, dal pubblico agli attori in questa lotta fino alla morte; passa, poi, all’addetto stampa, “uno che sa inventare minchiate”; arriva anche a se stesso. La minaccia di Rosario Palazzolo si rivolge allo stesso Palazzolo regista, dedica a sé un’intera stazione.

Via Crudex ci pone dinanzi il nostro essere condizionabili, ossessionati, fragili, superficiali, costruttori di idoli cui ci attacchiamo fanaticamente (per cui anche un Piero Angela può divenire un “Mallo Brando”). Ci porta faccia a faccia con i nostri limiti, ce li fa riconoscere provando a trasformare questo tutto pieno di vuoto in cui viviamo e in cui troviamo sicurezza, in “un vuoto pieno di tutto” che spaventa ma permette di spingerci oltre, di dedicarci ai nostri incubi.

Ultima stazione: può lo spettatore risorgere?

Vi è un avanti e un dopo Palazzolo per lo spettatore. Per lo spettatore esiste solo un prima e un dopo Via Crudex. Tornare indietro non è più possibile ma niente sarà più lo stesso.

Lo spettatore è crocifisso. Si fa sempre più forte il dolore delle sue piaghe. Il pubblico che esce dal Teatro dei 3 Mestieri non è quello che è entrato, non è lo stesso il suo sguardo sul mondo, non è più lo stesso il modo di pensare al teatro. Il seme del turbamento germoglia lentamente, fa pian piano più male, sebbene sentiamo il bisogno di percorrere ancora una volta quella Via Crudex, di comprenderla e viverla nelle sue tante sfumature di senso. È questa, allora, una perpetua consapevolezza di dolore o una reale resurrezione?

Una cosa è certa: abbiamo bisogno di “colui che vi obbliga al fino in fondo”, del “dito nella piaga, la piaga del dito della piaga”. Abbiamo bisogno, quindi, di Palazzolo.

testo e regia Rosario Palazzolo

Con Stefano Cutrupi e Silvana Luppino

Musiche originali di Gianluca Misiti

Aiuto Regia Marcantonio Pinizzotto

Assistente alla Regia Mariarita Andronaco

Costumi Mary Campagna

Ufficio Stampa Chiara Chirieleison

Direttore Organizzativo Angelo Di Mattia

Una produzione Teatro Dei 3 Mestieri

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