Confedilizia Messina. Case, immobili e condominio in pillole

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domenica 31 Marzo 2024 - 07:00

La rubrica a cura di Confedilizia Messina

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Il punto sul bonus al 75% per il superamento delle barriere architettoniche

L’art. 119-ter del d.l. n. 34/2020 come convertito, recante la disciplina del bonus al 75% per il superamento delle barriere architettoniche, è stato recentemente modificato ad opera dell’art. 3, d.l. 29.12.2023, n. 212, convertito, senza modificazioni, dalla l. 22.2.2024, n. 17.
Dal 30.12.2023, fatta salva la disciplina transitoria, sono ammesse all’agevolazione le spese per interventi volti all’eliminazione delle barriere architettoniche aventi ad oggetto esclusivamente scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici.
È stato inoltre abrogato il comma 3 dell’articolo 119-ter che, come chiarisce la relazione illustrativa al d.l. n. 212/2023, comprendeva nel beneficio gli interventi riguardanti l’automazione di specifiche tipologie di impianto (porte automatiche, tapparelle e saracinesche motorizzate, imposte e persiane automatiche).
A fronte della novella, il pagamento deve ora essere effettuato con bonifico parlante ed è stato previsto che il rispetto dei requisiti degli interventi – che devono essere conformi al regolamento di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 14.6.1989, n. 236 – deve risultare da apposita asseverazione rilasciata da tecnici abilitati.
Inoltre, viene limitata al 31.12.2023 la deroga – fino a quel momento vigente in materia – al blocco dell’esercizio delle opzioni dello sconto in fattura e della cessione del credito.

Restano fuori da questa stretta: a) i “condomini, in relazione a interventi su parti comuni di edifici a prevalente destinazione abitativa”; b) le “persone fisiche, in relazione a interventi su edifici unifamiliari o unità abitative site in edifici plurifamiliari, a condizione che il contribuente sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare, che la stessa unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale e che il contribuente abbia un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro” (determinato ai sensi del comma 8-bis.1 dell’art. 119, d.l. n. 34/2020 come convertito).

Tale requisito reddituale non si applica, tuttavia, “se nel nucleo familiare del contribuente è presente un soggetto in condizioni di disabilità accertata” ex art. 3 della l. n. 104/1992.

Escluse restano anche le spese sostenute in relazione agli interventi di abbattimento delle barriere architettoniche per i quali in data antecedente al 30.12.2023: “a) risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario; b) per gli interventi per i quali non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo, siano già iniziati i lavori oppure, nel caso in cui i lavori non siano ancora iniziati, sia già stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori e sia stato versato un acconto sul prezzo”.

Il conduttore può sublocare l’immobile aziendale?

Secondo quanto statuisce l’art. 36 della legge 392/1978, la cosiddetta “Legge sull’equo canone”, il conduttore può sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione suddetta. Nel caso di cessione, il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo, qualora il cessionario non adempia alle obbligazioni assunte.

La Cassazione torna sul tema dell’uso dei beni comuni da parte dei condòmini

Nuova pronuncia della Cassazione in materia di uso dei beni comuni da parte dei singoli condòmini. Si tratta della sentenza n. 980 del 10.1.2024, nella quale i Supremi giudici, dopo aver ricordato che “l’art. 1102 cod. civ. consente a ciascun proprietario di far un uso più intenso della cosa comune, a condizione che non sia alterata la funzione del bene e non impedito il pari uso”, si soffermano proprio su queste due ultime condizioni. Precisano così – in linea peraltro con gli altri precedenti arresti sul tema – che “l’alterazione della funzione del bene deve essere effettiva e non può consistere in una semplice modificazione materiale del bene”, mentre la nozione di pari uso della cosa comune non è da intendersi “in termini di assoluta identità dell’utilizzazione del bene da parte di ciascun comproprietario”: ciò, infatti, “comporterebbe un sostanziale divieto per ogni partecipante di servirsi del bene a proprio esclusivo o particolare vantaggio pure laddove non risulti alterato il rapporto di equilibrio nel godimento dell’oggetto della comunione”. Sotto quest’ultimo profilo, i giudici, in particolare, chiariscono che non si richiede che “il pari uso debba consistere nel medesimo uso che possa invece farne solo il singolo che si trovi in un rapporto particolare e diverso con la cosa, ma di uso – da parte degli altri – che possa essere effettivo, occorrendo individuare in concreto e non solo in astratto i sacrifici alle facoltà di godimento che tale modifica possa apportare, senza dar rilievo ad una astratta possibilità di uso alternativo o un suo ipotetico depotenziamento”. Da qua la conclusione della Corte che “qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non faranno un pari uso della cosa comune, la modifica apportata dal condomino deve ritenersi legittima, atteso che, in una materia in cui è prevista la massima espansione dell’uso individuale, il limite al godimento di ciascuno dei condòmini è dato solo dagli interessi altrui e ove sia possibile prevedere che gli altri contitolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto”. (da Confedilizia Notizie)

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