Case, immobili e condominio in pillole. La rubrica a cura di Confedilizia Messina
La rubrica a cura di Confedilizia Messina.
Degrado sociale con gli immobili ridotti in ruderi
Crescono ancora gli immobili ridotti in ruderi. Lo rileva la Confedilizia, sulla base dei dati – diffusi oggi dall’Agenzia delle entrate – relativi allo stato del patrimonio immobiliare italiano. Le cosiddette “unità collabenti” – cioè i fabbricati totalmente in rovina, inseriti nella categoria catastale F/2 – sono aumentate dell’1,5% nel solo 2024. Ma è il confronto con il periodo pre-Imu a restituire la misura del fenomeno: dal 2011, anno di introduzione dell’imposta sugli immobili, il numero di ruderi è letteralmente esploso, passando da 278.121 a 629.022. Un incremento del 126%, che segnala un’emergenza ignorata.
Il degrado materiale si accompagna a un degrado sociale. Questi edifici – per circa il 90% di proprietà di persone fisiche – si trasformano in ruderi spesso per il solo passare del tempo, ma in molti casi anche per azioni volontarie dei proprietari, come la rimozione del tetto, per sfuggire alla tassazione patrimoniale. Va infatti ricordato che l’Imu si applica anche a immobili dichiarati “inagibili o inabitabili”, purché non ancora formalmente classificati come ruderi.
“È una situazione insostenibile”, ha dichiarato il presidente della Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa. “Il patrimonio immobiliare privato, che dovrebbe essere valorizzato, è invece in molti casi abbandonato a sé stesso. E il quadro non può che peggiorare, vista la presenza dell’Imu – che, come tutte le patrimoniali, è un’imposta progressivamente espropriativa del bene colpito, specie quando si tratta di immobili privi di mercato – e il drastico taglio degli incentivi fiscali per interventi edilizi. Occorre intervenire”.
Dati Agenzia delle entrate:
www.agenziaentrate.gov.it/portale/schede/fabbricatiterreni/omi/pubblicazioni/statistiche-catastali
Risponde il locatore dell’utilizzo abusivo effettuato dai conduttori di un immobile in condominio?
Nel caso in cui i conduttori di un’unità immobiliare facente parte di un condominio pongano in essere comportamenti idonei a pregiudicare il diritto degli altri condòmini alla fruizione delle parti comuni, questi ultimi sono legittimati ad agire nei confronti del proprietario-locatore. Infatti, il locatore deve garantire il rispetto, da parte del conduttore, delle disposizioni contenute nell’art. 1102 cod. civ. ben potendo, nel caso di utilizzo improprio del bene comune da parte di quest’ultimo, agire per la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento delle obbligazioni di cui all’art. 1587 cod. civ. (in questo senso anche Tribunale Ragusa, 20/02/2025).
Il condomino può installare una canna fumaria sulle parti comuni?
In tema di condominio, l’accertamento del diritto di utilizzare la cosa comune installando una canna fumaria s’inquadra nel disposto dell’art. 1102 c.c., che disciplina l’uso della cosa comune, in base al quale “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”, articolo dettato in tema di comunione, ma applicabile anche al condominio, stante il richiamo fattone dall’art. 1139 c.c. Detta norma persegue lo scopo di assicurare al singolo partecipante le maggiori possibilità di godimento della cosa e, pertanto, legittima quest’ultimo a servirsi di essa anche per fini esclusivamente propri, traendone ogni possibile utilità. L’uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è sottoposto, da tale norma, a due limiti fondamentali, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nell’obbligo di consentirne un uso paritetico agli altri condòmini. (da Confedilizia Notizie)—
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