Applausi al Vittorio Emanuele per "Così è (se vi pare)"

Applausi al Vittorio Emanuele per “Così è (se vi pare)”

Tosi Siragusa

Applausi al Vittorio Emanuele per “Così è (se vi pare)”

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sabato 02 Marzo 2024 - 12:00

In scena con la regia di Gleijeses e l'interpretazione di Milena Vukotic, Pino Micol e Gianluca Ferraro

di Tosi Siragusa

MESSINA – “Così è (se vi pare”) al Teatro Vittorio Emanuele di Messina. Meritorio adattamento a cura di Geppy Gleijeses, che ha firmato l’apprezzabile regia dell’opera pirandelliana, andata in scena con successo in forma di atto unico perturbante e profondo. Atto unico intensamente cervellotico, di circa 100 minuti, in cartellone il primo marzo con replica serale del 2 marzo e pomeridiana del 3 marzo. Una produzione Gitiesse Artisti Riuniti, che si è avvalsa delle magistrali presenze attoriali di Milena Vukovic (alias la signora Frola), Pino Micol (il Sig. Laudisi) e Gianluca Ferraro (nei panni del Sig. Ponza).

"Così è (se vi pare)":

  Sul fantasma della verità e le sue infinite sfaccettature

La rappresentazione ha reso più che dignitosamente l’atmosfera della celeberrima opera di Luigi Pirandello, non trasponendone il contesto in tempi  di molto successivi. Performance riuscita, nella dimensione plurale del clima salottiero, quello delle chiacchiere e dei pettegolezzi, dei ricevimenti che connotavano e scandivano i pomeriggi e le serate della borghesia (di ogni ordine e grado) anche in Sicilia.

La scenografia di Roberto Crea – col mobilio, costituito da un divanetto di paglia, uno scrittoio e tre sedie, il tutto d’epoca,con successivo spostamento di allocazione dasinistra a destra, con specchi diffusi,ad effetto moltiplicante,straniante e talora deformante, un telefono nero, presente nelle case degli italiani intorno agli anni 30 – avvalendosi anche della perizia del light designer Francesco Grieco, ha fatto riferimento a tale ambientazione pressochè contemporanea all’originario script, con specifico riguardo alla dimora della signora Amalia Agazzi, maritata ad un alto esponente dell’amministrazione prefettizia, il Consigliere Agazzi, ove il fratello, tal sig. Laudisi, si staglia con una levatura ben superiore alla media mediocrità (impersonando il pensiero dell’Autore che se la ride, pur se amaramente, del morboso interesse suscitato nel frivolo gruppo di signori e signore in visita alla sorella su una vicenda cittadina piuttosto oscura).

Anche i raffinati costumi dei personaggi,ben concepiti- con le visitatrici incappellate- riferibili a Chiara Donato, hanno suggerito a grandi linee, quale epoca di riferimento della piece, all’incirca il periodo intorno agli anni 30.

E,ancora,le musiche di Teho Teardo, presenti unicamente in uno specifico momento della rappresentazione, quale rievocazione di sonorità al pianoforte evocative di rimembranze familiari dolorose.

Un richiamo a parte merita l’inventiva del celebre videoartist Michelangelo Bastiani, che ha creato un ambiente rarefatto, con utilizzo di ologrammi tridimensionali, raffiguranti donnine e ometti di 60 cm, che nella dimensione collettiva della dimora si affannano, quali insetti brulicanti, nel voler districare la matassa, alla ricerca di una inesistente Verità, e che riprenderanno le fattezze reali quando la signora Frola entrerà in scena, a simboleggiare la grandezza dell’amore e del dolore materni. Toccante tale rovello della dimensione umana, davvero frale al cospetto delle proprie illusorie percezioni, così come significante appare la forza dei legami famigliari.

Tale stratagemma è germinato dalla felice intuizione di Giovanni Macchia, strepitoso critico pirandelliano, quella del cannocchiale rovesciato, tal da permettere una meditazione assorta, l’ironia o il grottesco anche rispetto alle cose più atroci. Personaggi comunque sempre concepiti quali figure evanescenti in un gioco illusorio come le verità vanamente inseguite.

La Sig.ra Frola e il Sig. Ponza, suocera e genero, si sono alternati nel presenziare nella casa, pur se, quasi nel finale, sono stati entrambi in scena contemporaneamente,così come prima delle battute di chiusura della piece,e in tale circostanza unitamente alla donna del mistero, che, della prima parrebbe essere figlia, e, del secondo, moglie, fin lì solo continuamente evocata da autentica “arlesienne”.

La particolare condizione di “reclusa”, confinata in un appartamento a cui solo il marito può avere accesso, con impossibilità financo di potere incontrare la anziana madre, che conduce la propria esistenza solitaria, e può vederla e parlarle solo da lontano, recandosi a fatica sotto le sue finestre, ha generato sconcerto nella cittadina ove i tre si sono trasferiti a cagione del devastante sisma della Marsica, che aveva provocato morti e distruzione di edifici e archivi.

Tra presunte ricostruzioni, miseramente smentite da interpretazioni di accadimenti immediatamente successivi, con le perfide donnette, che più degli omuncoli, sembrano indirizzate a non credere alla versione del Sig. Ponza, ritenendolo pazzo, o quanto meno oltremodo egoista – come vorrebbe il racconto edulcorato della suocera, la Signora Frola, che, pur intravedendo in quell’amore assolutista di certo qualcosa di anomalo, per amore della figliuola Lina, accetta quelle umilianti condizioni – e la figura prefettizia, che d’autorità si impone per carpire il mistero del suo Segretario, il Sig. Ponza, mostrandosi invece dalla sua parte – e reputando esser divenuta folle la Signora Frola per la morte della prima moglie dello stesso, talchè per misericordia la si deve assecondare nella convinzione che la seconda consorte (Giulia) sia invece la sua defunta figlia, l’unica che potrebbe disvelare l’arcano, alla fine,con il volto celato da un lungo velo, pronunica le celebri parole “Io sono colei che mi si crede”, a testimoniare l’impossibilità di addivenire alla ricostruzione di una verità valevole per tutti e non relativistica.

È rispettata la drammaturgia pirandelliana, (qui ridotta all’osso), che ha avuto la prima rappresentazione nel 1917, con intitolazione “Se non così”, con focus su un salotto provincial- borghese dei primi decenni del secolo breve,con derivazione dalla novella dello stesso Pirandello “La signora Frola e il signor Ponza, suo genero”.

Trattasi di una Commedia in tre atti, fra i più spregiudicati e brillanti lavori pirandelliani, originale e audace, intrisa di filosofia, “una gran diavoleria”, per dirla con il Suo Autore, una parabola sul valore della realtà, sul confine davvero labile fra follia e saggezza….ove una comunità assai pettegola entra in crisi per non riuscire a definire in modo univoco il rapporto che lega i tre nuovi arrivati nella piccola cittadina. La vita è complessa e tale dramma è inscenato per lo spettatore perché giunga a cogliere da solo che la verità non esiste….e ciò attraverso il personaggio di Laudisi, che si fa mediatore fra la scena e il pubblico. Non c’è verità che possa dare sicurezza al piccolo mondo di beghine e pettegoli, in questa rappresentazione della vacuità e del mistero grandioso dell’esistenza umana.

Si criticano le sicurezze preconfezionate, che evidenziano un dissidio profondo fra verità e realtà. Il sig. Ponza e la Sig.ra Frola, reduci e impegnati nella ricostruzione di un possibile nuovo senso dell’esistere, con le loro fluttuanti verità e incerte identità, non confermabili da atti pubblici né da testimonianze, con lo spaesamento di chi arriva da un luogo in rovina, con la loro morbida ricerca di un equilibrio esistenziale, appaiono assai folli a chi non è mai incappato in quel vuoto sotto i piedi.

La morale ipocrita della ristretta cerchia, rappresentativa di un comune modo di essere della categoria piccolo borghese stessa, l’espressione votata all’essere benpensanti e morbosamente giudicanti, coglie nel segno quale istantanea di un salotto di provincia dei tempi andati (ma non solo).

12 attori per una lodevole prova interpretativa

Nel teatro cittadino, una lodevole prova attoriale, che ha riunito ben 12 interpreti, e mi pregio di riportare in ordine di rilievo dei rispettivi ruoli incarnati, i nove nominativi rappresentativi del contesto comune della palazzina,con gli attori tutti ben calati nelle rispettive parti, ove la coralità dell’ambientazione non ha escluso la caratterizzazione e lo scandaglio dei personaggi stessi:  (Sig.ra Agazzi) Maria Rosaria Carli; (Consigliere Agazzi) Luchino Giordana; (Sig.ra Cini) Giorgia Conteduca; (Sig. Prefetto) Marco Prosperini; (Sig. Sirilli) Antonio Sarasso; (Sig.ra Sirilli) Giovanna Bozzolo; (Sig.ra Nenni) Vicky Catalano; (Commissario Centuri), tratteggiato con toni surrealisti, Walter Cerrotta; (Dina), la figlia degli Agazzi, Giulia Paoletti.

Tali attori sono stati diretti, unitamente ai co-protagonisti, davvero espressioni di eccellenza, con energica creatività  da Geppy Gleijeses, generando una resa complessiva magistrale della performance, ancora perfettamente attuale, che ha incassato il ripetuto plauso degli spettatori che hanno affollato il Teatro, esprimendo convinto gradimento. Si può dunque con convinzione asserire che questa tipologia di rappresentazione teatrale vada reiterata, essendo di qualità e incontrando il favore della città, da cui promana siffatta domanda culturale performativa.

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