Messina. ”Crisòtemi-Hikikomori ad Argo”: uno spettacolo convincente

Messina. ”Crisòtemi-Hikikomori ad Argo”: uno spettacolo convincente

Tosi Siragusa

Messina. ”Crisòtemi-Hikikomori ad Argo”: uno spettacolo convincente

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domenica 12 Novembre 2023 - 08:30

Al Teatro Annibale Maria di Francia, per la produzione di Nutrimenti Terrestri, magistrale regia e interpretazione di Alessandra Fazzino

MESSINA – Per la significante rassegna “Il miglior tempo della nostra vita”, il 10 novembre, al Teatro Annibale Maria di Francia, è andato in scena il convincente spettacolo ”Crisòtemi-Hikikomori ad Argo”. Il tutto nel solco del quarantennale della Compagnia “ Nutrimenti Terrestri”, che ne è produttrice, in collaborazione con Spazio Franco Palermo, con bella drammaturgia di Francesco Randazzo e magistrali interpretazione e regia ascritte ad Alessandra Fazzino (nella foto di Rosaria Palermo).

“Crisòtemi – Hikikomori ad Argo”: se il ritiro dell’eroina si fa silente opposizione

La genesi della “ mise en scène” è da riportare allo script di F. Randazzo, incentrato proprio su Crisòtemi, figura ai margini del mito, assolutamente secondaria nella saga degli Atridi: la sua presenza è solo passata in rassegna di sfuggita, come personaggio non rilevante nella corposa narrazione, schiacciata fra i fratelli Ifigenia, l’eroina – martire e Elettra ed Oreste, solerti e attivi nella vendetta contro la madre Clitemnestra, rea dell’uccisione del condottiero Agamennone al suo rientro in patria.

La minore, dunque, scompare dal racconto dell’epopea familiare proprio per la sua non adesione alla storia di violenza e vendetta plurime che hanno macchiato la sua gente, per quel suo non volere prendere posizione in quel crogiolo di misfatti concatenati.

La drammaturgia è pregna di poesia e, in uno, minimalista e come rarefatta, e ci restituisce una protagonista solinga, in costante rifiuto della realtà e in monologante dialogo con i propri fantasmi. La donna-fanciulla può, a buon titolo, mettersi a raffronto con una moderna Hikikomori, della quale veste tra l’altro i panni, una tuta fluid gender, che nel ristretto mondo amniotico costituito dalla sua cameretta, conversa con sé stessa, rivelando le proprie tempeste interiori.

È assai fragile Crisòtemi, ma al contempo assai determinata nel prendere la posizione di “ non allineata” e, in ogni caso, residua in lei uno sprazzo di luce, laddove persegue ancora il desiderio che le cose possono mutare, ritenendo deputate al cambiamento, alla evoluzione, in particolare le nuove generazioni. E udendo la rievocazione di quelle sue mostruose parentele e dei legami orrendi di famiglia, è naturale per noi comprendere perché ne abbia preso le distanze, rinchiudendosi nel suo bozzolo,nella sua tana di cristallo.

Attraverso un moderno flusso di coscienza, che si interseca con una più tradizionale forma di teatro di narrazione delle voci esistenziali dei personaggi coinvolti, resi a mezzo un attento studio anche sulle movenze corporee,una perfetta forma di “scrittura fisica”,si districa la convincente piece, che ha l’indubbio merito di aver messo il focus su una figura fin qui coperta dalla coltre spessa dell’oblio, e che diviene giustamente rilevante per aver opposto diniego di conformarsi alle leggi ferree del sangue, che la faida familiare è andata invece perpetuando. E allora, avvalendosi di diversificazione di costumi,a cura di Bianca Desini e Alessandra Fazzino, in un gioco perfettamente messo a punto di vestizione funambolica, che è agita per sottrazione, via via, svestendosi degli abiti che già indossa, ella impersona ora Oreste, una sorta di teppistello calabrese, bramoso di lavare l’onta materna con l’ausilio di Elettra, la splendente, aggressiva custode della casa paterna, assai ostile verso la fragilità della sorella. Infine, ecco la figura iconica della vittima sacrificale, Ifigenia, interpretata assumendo su di sé gli abiti del rituale, ricchi e sontuosi… per quella cerimonia di morte.

La debolezza di Crisòtemi. antesignana Hikikomori “ante-litteram”, si fa forza, laddove la sua invisibilità è portatrice di un nuovo modo di essere umana, che si oppone alla legge non scritta di seguire l’onda, adeguandosi al conformante vivere della massa e reagendo come ci si aspetta, per portare avanti, di contro, la speranza di agire secondo coscienza, il che può pur includere il non agire, (che è comunque un comportamento in opposizione), perché tanti Hikikomori dell’anima sarebbero in condizione di produrre mutamenti rilevanti, rendendo l’esistenza complessiva più umana.

In conclusione, una valente auto- direzione, quella di Alessandra Fazzino, che ci restituisce una bella e autorevole dimensione “altra”, resa altrettanto magistralmente nella qualità attoriale, seguendo il perturbante canovaccio autoriale incentrato su colei di cui non si parla.

Le elaborazioni musicali, ab initio e nel finale consistenti in disturbanti rumori di fondo, a sottolineare il dissidio interiore della protagonista, sono poi presenti a ben scandire con consone tonalità i momenti di ripiegamento in sé quasi crepuscolari, e altri in cui la ribellione si fa urlo.

La scenografia, ancora, riferibile anch’essa a B. Desini e A.Fazzino, con quell’accecante non colore, ove il bianco assoluto riveste ogni anfratto dell’ambientazione, dalle sedie ad una sorta di poltrona ricoperta di una stola, a celare le vesti di rappresentazione del personaggio di Ifigenia. Il biancore diviene l’unica possibile dimensione coloristica per rendere il vuoto, il farsi rarefazione, l’annullarsi…lo scomparire al mondo per non essere complici di un universo aberrante.

Di certo, gli epocali accadimenti del post- Covid, combinandosi con quelli bellici assai tragici, hanno accentuato quei sentimenti di precarietà e isolamento che ci stanno sovrastando in questo presente intriso di svilente disumanità e spirale di violenza, generando un ritiro per non accettazione degli schemi imperanti.

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