Si tratta di una vecchia inchiesta tirata fuori oggi dal quotidiano -La Repubblica- scatenando un vespaio di polemiche
Una giornata campale fra i corridoi di Palazzo di Giustizia e gli uffici del Rettorato che si trovano proprio di fronte.
A movimentarla l’articolo apparso sulle pagine siciliane del quotidiano “La Repubblica- a firma dell’inviato Franco Viviano.
L’articolo, che ha anche un richiamo in prima pagina, riporta l’inchiesta giudiziaria che vede indagata per concorso in corruzione la dottoressa Carmela “Melitta- Grasso, moglie del Rettore dell’Università di Messina Franco Tomasello. Non è un inedito, anzi circa un anno fa alcuni organi di stampa locali ne parlarono ampiamente. La dottoressa Grasso è indagata nell’inchiesta sull’appalto relativo ai servizi di vigilanza al Policlinico di Messina.
Si tratta di un fascicolo aperto dai sostituti del pool pubblica amministrazione della Procura Antonino Nastasi ed Adriana Sciglio e che vede indagate altre sei persone. Anzi dovrebbero essere imminenti anche gli avvisi di conclusione delle indagini o eventualmente le richieste di archiviazione. Ma sia Nastasi che Sciglio oggi hanno preferito non commentare la vicenda.
Il quotidiano “La Repubblica- oggi ha ripercorso la vicenda, con alcune inesattezze, che hanno scatenato l’ira del Rettore Tomasello che già in prima mattinata convoca una conferenza stampa per puntualizzare alcuni aspetti. preannunciando querele contro lo stesso quotidiano ed altri organi di stampa che negli ultimi mesi hanno riferito notizie “inesatte-.
“La Repubblica- riporta che, secondo l’accusa dei pm, la Grasso avrebbe intascato tangenti per migliaia di euro per agevolare l’assegnazione di un appalto a ditte a lei vicino.
Appalti che improvvisamente, con l’arrivo del nuovo commissario straordinario Giuseppe Pecoraro, sono stati notevolmente ridimensionati.
Il servizio di vigilanza del Policlinico per anni è stato gestito dalla società “Il Detective-. Un appalto milionario – scrive il quotidiano- che con l’arrivo di Pecoraro sarebbe stato ridotto a 300.000 euro ed è stato affidato ad un’altra azienda di vigilanza. Una differenza che ha attirato l’attenzione dei magistrati che stanno indagando per stabilire che fine abbiano fatto tutti quei soldi.
Tutto era nato a seguito delle denunce delle figlie dei titolari dell’ agenzia di vigilanza “Il Detective-. Dopo aver perso l’appalto ed aver rischiato la chiusura dell’azienda Daniela e Cristina Corio denunciarono affari poco chiari che avrebbero favorito altre imprese.
